Due coalizioni sono in lotta per il controllo del Medio Oriente. L’America non aderisce a nessuna delle due.
I politologi usano il termine “coalizione” per descrivere una forma di alleanza fra entità indipendenti, che consente di lavorare insieme su un tema particolare per un determinato periodo, come ad esempio la formazione di un governo, oppure una guerra da combattere.
Resta inteso che i membri di una coalizione continuano ad avere proprie valutazioni, dissentire, rimanere separati mantenendo la propria indipendenza, anche se operano insieme per un certo periodo di tempo, avendo in comune un obiettivo. I
n una coalizione ci sono diversi livelli di alleanze. Da un lato esistono coalizioni forti, consolidate, e dall’altra quelle fragili. In alcune il legame tra i membri è più forte di quanto lo sia con altri organismi, mentre ce ne sono altre in cui alcuni dei membri hanno legami più stretti tra loro che con altri. Ci sono anche coalizioni che includono componenti diametralmente opposte oppure ostili l’una alle altre, ma che accettano su un obiettivo preciso di unire le forze.
Una coalizione di solito ha un leader, una figura carismatica, qualcuno in grado di stringere con ogni membro accordi reciprocamente vantaggiosi e di appianare divergenze o interessi contrapposti, al fine di creare una coalizione ampia e unitaria.
E’ per questo che spesso i membri della coalizione litigano tra loro, anche se operano insieme.
Il mondo arabo è un laboratorio in cui vengono analizzati tutti i tipi esistenti di coalizione e dove le cavie sono i cittadini. Le coalizioni in Medio Oriente sono formate da entità locali, esterne e lontane: quelle locali sono i Paesi e le Organizzazioni della regione, quelle esterne sono quelle non arabe, ovvero Turchia, Iran e Israele, mentre quelle lontane sono Stati Uniti, Russia ed Europa (attualmente, l’Unione Europea, ma in passato erano singoli Paesi come la Gran Bretagna e la Francia).
Il Medio Oriente,oggi, è un da campo di battaglia per una guerra tra due coalizioni che comprendono queste entità: locali, esterne e lontane.
La coalizione sunnita è segretamente guidata dall’Arabia Saudita, il Paese che si considera leader dell’Islam sunnita. Membri con vari gradi di fedeltà sono Turchia, Qatar, Emirati Arabi, Kuwait, Giordania e Stato Islamico che si sta estendendo in Nigeria (Boko Haram), in Sinai, Libia e Tunisia.
Giordania e Stato Islamico sono ai ferri corti tra loro da quando lo Stato Islamico aveva bruciato vivo un pilota giordano e aveva minacciato di invadere la Giordania, ma lo scontro è attualmente a fuoco lento.
La coalizione avversaria è guidata dalla Russia, i cui membri onorari sono il regime di Assad, Iran, Iraq sciita e Hezbollah, la cui comune missione è combattere la coalizione sunnita.
La Russia si è mossa non per aiutare gli sciiti (è difficile che un cittadino russo qualsiasi, interrogato a caso per le strade di Mosca, conosca il conflitto tra sciiti e sunniti), ma per motivi strategici. La Russia vede Assad come un punto d’appoggio locale sulle rive del Mar Mediterraneo, e la base per raggiungere le aspirazioni della Russia in Medio Oriente, tra cui il controllo di un porto e del territorio circostante.
Alla Russia si sono aggregati Iraq e Iran, le organizzazioni Hezbollah del Libano e al Hashd al Shabi dell’Iraq, entrambe rappresentanti di gruppi sciiti che vedono nella Russia il potere forte e deciso di quell’area, libero da obblighi politici e morali e con la volontà di utilizzare il suo solido potere al fine di raggiungere obiettivi comuni.
Gli ayatollah iraniani e la milizia libanese di Nasrallah non condividono i sogni megalomani di Putin, avendo il proprio sogno iraniano-islamista-sciita. Per il momento chiedono solo un passaggio sulla schiena dell’orso russo perché, pur perseguendo i propri interessi, sta facendo per loro conto il lavoro sporco contro la coalizione sunnita saudita e lo Stato Islamico.
Per decenni l’Occidente, guidato dagli Stati Uniti d’America, era parso rappresentare l’ordine naturale: stava dalla parte dei sauditi e degli Emirati, che fedelmente lo rifornivano per i suoi bisogni energetici. Fin dal 1950, l’America è stata la potenza che, attraverso la NATO, ha impedito all’URSS di conquistare gli Stati del Golfo e la Persia dello Scià.
Il quadro è diventato più chiaro dopo che l’Unione Sovietica, a tutti gli effetti, ha annesso la Siria e l’Iraq sotto un regime socialista Baath, come è avvenuto poi con Libia, Yemen meridionale, e organizzazioni quali l’OLP, il Fronte Popolare e il Fronte Democratico per la Liberazione della Palestina.
L’Occidente ha abbandonato il campo mediorientale e non fa parte di alcuna coalizione. La NATO, dopo il fallimento in Libia e gli USA, dopo le sconfitte subite in Afghanistan e Iraq, hanno deciso di non rientrare nuovamente nel caos del Medio Oriente: non seguono la Russia, almeno non dopo che ha reso palese il tradimento dell’Occidente in Ucraina, ma non possono neppure sostenere la coalizione che comprende lo Stato Islamico.
L’Arabia Saudita, il più grande sostenitore dello Stato Islamico, è lasciata sola come sostenitrice principale e fornitrice di finanziamenti economici della coalizione sunnita. Il problema interno che condividono i membri dell’alleanza saudita, turca e dello Stato Islamico, è che l’ISIS rompe le uova nel paniere massacrando in Francia, Stati Uniti, Nigeria e in altri Paesi ancora, preoccupando profondamente europei e americani.
La vittoria di Marine Le Pen nelle elezioni amministrative francesi, e le osservazioni di Donald Trump circa il blocco dell’immigrazione di musulmani negli Stati Uniti, sono la dimostrazione della grande paura che attanaglia l’Occidente quando si tratta di Islam in generale, sunnita o sciita che sia.
L’Occidente si tiene fuori dal conflitto in Medio Oriente per motivi psicologici e pratici, di fatto non ha alcuna soluzione da suggerire alle parti in guerra. Il risultato è che è in corso una guerra sbilanciata, tra una coalizione sciita da un lato, con un forte, globale, risoluto e determinato sostegno, libero da vincoli morali e legali ( leggi: Russia ) e, dall’altro, ci sono i sunniti, che non hanno una forza a livello globale disposta ad unirsi con loro.
Nel lungo periodo, gli sciiti potrebbero vincere, tanto più che l’intervento crescente della Russia rende la battaglia molto irregolare. Putin non ha alcun problema a distruggere città, radere al suolo paesi e villaggi, uccidendo masse enormi di esseri umani.
Il mondo tace. Il Consiglio per i Diritti Umani delle Nazioni Unite è occupato con Israele e non può essere disturbato … per verificare le attività della Russia.
L’Occidente ha abbandonato l’Arabia Saudita e i suoi amici, al punto che ha firmato un accordo con l’Iran, permettendogli di ottenere il nucleare, pur sapendo che il primo destinatario di quel potere sarà l’Arabia Saudita.
Se Israele è un’altra vittima dell’Iran, l'Europa non piangerà molto, a patto che i miliardi di petro-dollari dell’Iran continuino a far girare i motori dell’industria e dell’economia europea. L’Occidente, inoltre, non uscirà dalla strada che ha scelto per aiutare un altro membro della NATO, la Turchia, se quel Paese venisse attaccato dalla Russia, che è a capo della coalizione avversaria.
Lo si può considerare un tradimento? Israele, come parte della geografia locale, non può permettersi il lusso di restare fuori dal parco giochi mediorientale.
Netanyahu si è reso conto che la Russia è la potenza mondiale disposta a versare sangue e fornire finanziamenti nella regione, e sta facendo tutto il possibile per raggiungere intese con quella potenza.
Erdogan è isolato, avendo totalmente distrutto le relazioni con la Russia.
La strana situazione che si è creata dal posizionarsi di Israele con la Russia, pone lo Stato ebraico in una coalizione che ha come soci Iran e Hezbollah, venuti in aiuto di Assad insieme alla Russia.
Questo significa che potrà essere raggiunto un modus vivendi tra gli ayatollah e Israele? Non necessariamente, perché, come detto prima, esistono alleanze i cui membri continuano a combattersi tra loro, nonostante il rapporto che ciascuno mantiene con il pilastro principale della coalizione, in questo caso la Russia.
La cecità dell’Occidente ha permesso che il Medio Oriente diventasse un monopolio russo, anche se 25 anni fa, quando l’Unione Sovietica crollò, tutti gli esperti erano sicuri che il mondo controllato dalle forze opposte all' URSS si fosse trasformato in un mondo guidato solamente dagli Stati Uniti.
Nel Medio Oriente di oggi, quella situazione si è invertita, e il monopolio è ora solo quello guidato dalla Russia.
Israele deve relazionarsi con questo cambiamento, soprattutto ora che l’Occidente ha rinunciato al proprio potere e l’Arabia Saudita è rimasta a combattere contro la Russia senza il sostegno di alcun potere forte. Dal momento che si è scoperto che il terrorista di San Bernardino era diventato un islamista radicale mentre era in Arabia Saudita, le possibilità che gli Stati Uniti vengano in aiuto di quel Paese nella sua lotta con la Russia, sono molto aleatorie.
Trump dice ad alta voce quella che è la sensazione di molti americani dietro la maschera della correttezza politica: non vogliono alcun musulmano, che sia siriano, saudita o iraniano. Gli Stati Uniti hanno raggiunto l’indipendenza energetica, ciò che soprattutto interessa a molti americani, quindi la Russia è più che benvenuta in Medio Oriente.
E se Israele scompare, un altro problema sarà risolto, un problema di cui molti americani sono cordialmente stanchi di sentir parlare.
Mordechai Kedar è lettore di arabo e islam all' Università di Bar Ilan a Tel Aviv. Nella stessa università è direttore del Centro Sudi (in formazione) su Medio Oriente e Islam. E' studioso di ideologia, politica e movimenti islamici dei paesi arabi, Siria in particolare, e analista dei media arabi.
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