Israele ha un partner 07/12/2015
Analisi di Mordechai Kedar
Autore: Mordechai Kedar
Israele ha un partner
Analisi di Mordechai Kedar


(Traduzione dall’ebraico di Rochel Sylvetsky, versione italiana di Yehudit Weisz)


La pianura costiera è il cuore demografico ed economico di Israele. E' sovrastato dalle regioni collinari di Giudea e Samaria, i cosiddetti territori contesi

Nella riunione della settimana scorsa, il governo israeliano ha discusso sui possibili scenari che si presenteranno quando avverrà il collasso dell’Autorità Palestinese. Questo farebbe retrocedere la popolazione ebraica e quella araba di Giudea e Samaria al punto in cui erano prima della firma degli Accordi di Oslo, e lascerebbe a Israele la responsabilità di trovare un modo per trattare con la popolazione araba della regione. Tutto questo naturalmente tenendo conto che a Gaza oggi c’è un governo stabile e legittimo, quello di Hamas, con cui Israele è disposto a convivere a tempo indeterminato.

La domanda importante è: cosa farà Israele con Giudea e Samaria, dato che il mondo richiede la soluzione dei due Stati? Israele ha un partner con cui trattare? La prima volta in cui Israele aveva accettato di istituire un organismo arabo palestinese ufficiale risale agli accordi di Camp David, raggiunti tra Israele ed Egitto nel 1978. In quegli accordi - all’epoca era Primo Ministro Menachem Begin - si era convenuto di istituire un’autorità autonoma per gli arabi palestinesi in Giudea , Samaria e Gaza, controllata da “una forza di polizia.” Questo accordo era stato respinto dall’OLP, che l’aveva interpretato come “ una concessione da parte araba di legittimare l’entità sionista e un’abrogazione da parte degli egiziani del diritto del popolo palestinese di prendere decisioni indipendenti.”

L’OLP non aveva accettato l’autonomia e pretendeva uno Stato Palestinese sulle rovine dello Stato di Israele. Secondo l’Organizzazione non c'era modo di riconoscere Israele come Stato legittimo, anche se si fosse trattato di un solo millimetro quadrato di “Palestina”. Gli accordi di Camp David hanno portato la pace tra Egitto e Israele, ma nessun passo avanti sulla questione palestinese. Fin dal 1980 Israele aveva cercato un organismo palestinese riconosciuto e accettato, che avesse la responsabilità di far rispettare la legge e l’ordine in Giudea, Samaria e Gaza. Nei primi anni del 1980, Ariel Sharon aveva dato vita a una entità araba, dotandola di mitragliette Uzi e autorità, la chiamò “L'Associazione dei Villaggi” sperando così che avrebbero fatto rispettare la legge e l’ordine nei territori da loro controllati.

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Il logo dell'OLP. C sono dubbi in merito ai loro scopi?

L’esperimento fallì, soprattutto perché Sharon non faceva affidamento sui capi dei clan locali (hamulot), la tradizionale leadership nelle città di Giudea e Samaria, perchè secondo lui esercitavano troppo potere. Quelli che conoscevano bene la situazione lo avevano avvisato di non dare armi a questi clan, ma Sharon, che non accettava consigli, non li ascoltò. Un altro tentativo di individuare una leadership arabo palestinese avvenne verso la fine della prima intifada, iniziata alla fine del 1987 , che aveva portato Hamas al centro della scena, e subito dopo il Jihad islamico. Nel 1992, l’allora Primo Ministro Yitzchak Rabin cercò di affrontare il terrore seminato da queste organizzazioni, esiliando i loro leader nel Sud del Libano. Ma la Corte Suprema di Israele l’aveva obbligato a concedergli il permesso di tornare; questo fallimento spinse il governo a individuare un’altra organizzazione che avrebbe avuto il compito e la responsabilità di trattare con Hamas e il Jihad islamico “senza tribunali (interferenza di Israele) e l’Organizzazione B’Tselem (diritti umani)”, così decise allora Rabin. Diversi mesi prima, a seguito della Conferenza di Madrid nell’ottobre del 1991, erano stati avviati contatti segreti tra diversi rappresentanti d’Israele e dell’OLP a Oslo, in Norvegia. Quei contatti si erano poi conclusi con la firma degli accordi di Oslo sul prato della Casa Bianca nel settembre del 1993.

Gli accordi si basavano sull’illusione che l’OLP avesse già deposto le armi, si fosse trasformata in un movimento pacifico, che avesse rinunciato ai propri piani per eliminare Israele, e che il Patto avrebbe cambiato la stessa OLP, spingendola a riconoscere Israele e accettare la responsabilità di creare qualcosa che è meno di uno stato sul territorio, ma che Israele avrebbe comunque ceduto al controllo dell’Olp. Tutti sanno come la storia è andata a finire, ma i segnali c’erano fin dall'inizio. Era il caso classico del “non c’è peggior cieco di chi non vuol vedere.” Gli accordi di Oslo hanno creato l’Autorità Palestinese, un’entità che prontamente ha annullato la sua prima missione, quella di combattere il terrorismo. Mentre invece ha proseguito nella sua istigazione anti-israeliana sui media, nella sfera pubblica e nel sistema scolastico (il cui bilancio era costituito da aiuti internazionali). Da allora, l’OLP continua la battaglia contro Israele sulla scena mondiale e preme a favore del BDS.

L’istituzione dell’Autorità Palestinese ha permesso a terroristi armati di fucili Kalashnikov di prendere in consegna il Consiglio Legislativo nelle elezioni del gennaio 2006 e il controllo di Gaza nel giugno 2007. Tutti i sondaggi effettuati finora prevedono una vittoria netta di Hamas nelle prossime elezioni dell’Autorità Palestinese, sempre che abbiano luogo, inclusa la conquista la posizione di Presidente, così invece di attuare una democrazia, Giudea e Samaria diventeranno uno Stato terrorista. Da qui, la constatazione che “non esiste un partner palestinese”, dal momento che è diventato chiaro a tutti che l’OLP non ha alcun desiderio di essere uno Stato pacifico a fianco di Israele. In realtà, spera di stabilire uno Stato di terrore sulle rovine di Israele e gli ultimi venti anni sono bastati per convincere la maggior parte degli israeliani della inutilità di cercare di cambiare la situazione. Gran parte della sinistra ha capito che gli accordi di Oslo sono stati un errore fatale, ma non ha messo a punto un’alternativa alla soluzione dei due Stati, continua a vedere gli arabi palestinesi come una “nazione” che ha il diritto di auto-governarsi.

La verità sul mondo arabo è diventata evidente nel corso degli ultimi anni. Lo stato arabo moderno è un triste fallimento, non essendo riuscito a convincere i propri cittadini che ci potrebbe essere una scelta migliore di quella di aggrapparsi alla tradizionale lealtà delle tribù e dei gruppi etnici (arabi, curdi, ecc), dei gruppi religiosi (musulmani, cristiani, alawiti, drusi, ecc) e dei gruppi in guerra all’interno della stessa religione (sciiti, sunniti, etc.). Il nazionalismo offerto dallo Stato moderno non è riuscito a creare una base per una coscienza nazionale siriana, irachena, libica, o sudanese e la prova di ciò si manifesta di fronte ai nostri occhi, lo testimoniano le terribili guerre civili che mostrano dove sta la vera lealtà in ogni settore della popolazione. Non esiste neppure una “nazione palestinese” . I residenti arabi della terra di Israele ad ovest del Giordano, sono in realtà, un insieme di tribù e di clan con una leadership tribale accettata e vincolata alle tradizioni sociali. Vivono in zone delimitate e godono di una vita attiva nelle loro comunità. L’Autorità Palestinese, la creazione dell’OLP, proprio come la Siria, l’Iraq, la Libia e il Sudan, non è riuscita a trovare la giusta strada nei cuori degli arabi palestinesi.

L’unica cosa che unisce tutti è l’odio per Israele, per cui se venisse creato uno Stato nel territorio dell’Anp, con ogni probabilità si trasformerà in un’altra Gaza, se va bene, o in un’altra Libia e Siria nel peggiore dei casi. Israele e il resto del mondo non devono sostenere la creazione di un altro stato arabo fallimentare, basandosi sul concetto illusorio dell’esistenza di un popolo inesistente che presto porterà sofferenze indicibili ai propri cittadini e ai vicini. Qual è l’alternativa che la gente continua a cercare ma che sfugge? La soluzione alternativa esiste. In Medio Oriente la cosa giusta da fare è quella di definire gli Stati sulla base delle lealtà tribali. Questa è la base degli Stati del Golfo: Kuwait, Qatar, Abu Dhabi, Dubai, Ajman, Fujairah, Ras al-Khaimah, Sharqa e Umm al-Quwain. Questi sono tranquilli e stabili emirati, ognuno con una maggioranza di cittadini membri di una sola tribù. Una società omogenea crea stabilità, un quadro giuridico e un governo entrambi legittimi. I cittadini di un emirato non si combattono l’un l’altro perché appartengono alla stessa tribù, e possono trasformare il loro petrolio in prosperità. Anche Arabia Saudita e Oman sono paesi che hanno culture tribali che li mantengono stabili. Iraq, Libia, Siria, Yemen e Sudan, sono produttori di petrolio, ma la vita in quei paesi è breve e amara, a causa dei combattimenti senza fine tra gruppi rivali. Questi sono paesi fragili e illegittimi, creati dalle potenze coloniali inglesi, francesi e italiane, e sono tutti basati sul modello occidentale di nazione.

Questo è il modo in cui dobbiamo affrontare anche il problema degli arabi palestinesi: invece di creare un altro stato fallimentare sul modello occidentale, che non ha alcuna possibilità di successo in Medio Oriente, occorre creare sette emirati nelle città arabe di Giudea e Samaria, basati sulle estese potenti famiglie esistenti in ciascuna di queste città. Hevron può essere l’emirato delle tribù Jabri, Abu Sneineh, Qawasmi, Natsheh e Tamimi, Gerico della tribù Erekat, Ramallah della tribù Bara’iti, Schem delle tribù al Mazri, Tukan e Shachna e così via a Tulkarem, Kalkilya e Jenin. Chi non l’ha ancora capito, è invitato a guardare a Gaza, dove dal giugno 2007 (otto anni!) c’è uno Stato funzionante. Israele inoltre, deve mantenere il controllo nei villaggi e nelle aree circostanti di Giudea e Samaria, al fine di impedire la formazione di una contiguità terroristica che unisca le città-Emirati separate. Israele può quindi offrire la cittadinanza agli abitanti di questi villaggi che costituiscono solo il 10% degli arabi in Giudea e Samaria. L’altro 90% può rimanere nelle loro Città-Stato gestite in modo indipendente.

Queste sono i parametri di massima di un programma basato sul “partner” da trovare in ogni città-emirato, secondo la naturale, tradizionale leadership del grande clan, che si trova in ogni città. Israele deve negoziare con ogni emirato e raggiungere un accordo con ciascuno di essi sulle questioni di energia elettrica, acqua, rifiuti, strade, industria, agricoltura, traffico, sicurezza, l’utilizzo dei porti e dello spazio aereo, e sulle linee di confine di ciascuno. Se gli Emirati vogliono formare una federazione, così sia. Ciò non rappresenta un problema, purché i loro territori non possano essere contigui. L’OLP, l’organizzazione che gestisce l’Autorità Palestinese, non ha mai accettato l’esistenza dello Stato di Israele come Stato ebraico, e non é quindi un partner per la pace. Israele, però, ha un partner in ogni città di Giudea e Samaria; può quindi portare al collasso l’OLP e l’Anp , le due entità che impediscono un accordo di pace duraturo con i residenti di Giudea e Samaria, che saranno poi in grado di istituire emirati fiorenti sulle orme di Dubai, se non addirittura meglio. L’OLP, Hamas e il Jihad islamico vogliono solo guerre, morte e distruzione, mentre la pace tra Israele e gli Emirati porterà alla crescita e alla prosperità.

Mordechai Kedar è lettore di arabo e islam all' Università di Bar Ilan a Tel Aviv. Nella stessa università è direttore del Centro Sudi (in formazione) su Medio Oriente e Islam. E' studioso di ideologia, politica e movimenti islamici dei paesi arabi, Siria in particolare, e analista dei media arabi.
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