Il vero miracolo di Hannukà
Cartoline da Eurabia, di Ugo Volli
Bibi Netanyahu accende il primo lume di Hannukà
Cari amici,
questa sera inizia per gli ebrei di tutto il mondo la festa di Hannukà, una delle più popolari e condivise in famiglia. E' una festa della luce, come ce ne sono in molte tradizioni religiose intorno al tempo del solstizio d'inverno, quando il sole sembra perdere potenza e la luce è rara e preziosa.
Il rito di Hannukà consiste nell'accendere per otto sere consecutive un numero crescente di lumi (originalmente a olio, oggi frequentemente candele): un lume questa sera (più un secondo “di servizio”), due domani, tre dopodomani e così via fino a domenica.
L'occasione per questo rituale delle luci è il racconto di un miracolo che sarebbe accaduto circa ventidue secoli fa (Hannukà è la festa ebraica più “recente”): Il Tempio di Gerusalemme, sconsacrato dagli occupanti di cultura greca che prevalsero in Terra di Israele dopo le conquiste di Alessandro Magno, fu liberato e re-inaugurato (Hannukà vuol dire per l'appunto “inaugurazione”). Ma per il funzionamento del Tempio era necessario fare ardere il “lume perenne” davanti allo spazio dell'altare; l'olio purissimo necessario mancava, salvo un'ampolla che invece di consumarsi rapidamente com'era normale, durò per tutto il tempo necessario a prepararne di nuovo, per l'appunto una settimana.
In realtà, dietro a questo miracolo liturgico, se ne profila uno ben più consistente di natura bellica, che è ricordato nelle formule aggiunte alla preghiera quotidiana, anche se non compare nel rituale delle luci. Hannukà è una delle molte feste ebraiche che riguardano la libertà e l'identità del popolo ebraico, che sono l'ovvia premessa della sua pratica religiosa. “I pochi sconfissero i molti, i deboli prevalsero sui forti”: questo è il miracolo nazionale, che naturalmente non è contrapposto alla dimensione del sacro, ma in tutta la tradizione ebraica la integra e la sostiene.
Gli eventi ricordati da questa festa costituiscono una rivolta vittoriosa contro l'egemonia politica e soprattutto culturale del mondo greco, la realizzazione degli ultimi tre secoli di autonomia statuale del popolo ebraico: una lotta che pose le premesse per lo straordinario sviluppo culturale ebraico nell'epoca successiva, quella dei maestri della Mishnà da cui viene l'ebraismo dell'esilio; e anche del cristianesimo, che nasce come una setta ebraica che si distacca progressivamente dalle sue origini farisee.
Senza la vittoria dei Maccabei su “greci” (in realtà egiziani e siriaci grecizzati) e sui loro collaboratori nel popolo ebraico, non vi sarebbe stata quell'alternativa ad Atene che Gerusalemme iniziò a diventare (o almeno a essere percepita) proprio a partire da quel tempo.
Come è avvenuto più di una volta per il popolo ebraico, la sopravvivenza politico-culturale di questa piccola nazione ha avuto conseguenze enormi per l'intera umanità. Hannukà è un modello di resistenza culturale e militare che nella tradizione ebraica si sovrappone alla liberazione dall'Egitto (la festa di Pesach), al genocidio sventato che è ricordato nella festa di Purim, alla distruzione di Gerusalemme lamentata nel digiuno del 9 del mese di Av, ad altri ricordi e celebrazioni, secondo lo stesso schema teologico-politico: Israele ha innanzitutto il compito di vivere, di insediarsi sulla propria terra, di mantenere una concordia interna sufficiente a espellere e distruggere le spinte all'autodistruzione (cioè all'assimilazione, alla resa, all'assumere le ragioni e perfino i costumi dei propri nemici). A questa condizione può svilupparsi, approfondirsi, coltivare quel rapporto col sacro che è contenuto nella sua identità.
Ai lettori che condividono questa esigenza auguro una festa di Hannukà non solo felice e piena di allegria, ma anche ricca della consapevolezza che la sfida rappresentata dalle luci che accendiamo non è finita ma si ripresenta oggi sotto forme nuove e forse altrettanto impegnative. Perché il vero miracolo di Hannukà non sta forse nel fatto che il lume del tempio sia durato pr otto giorni, ma che questa festa si rinnovi da ventidue secoli, nonostante gli antisemitismi, i tentativi di genocidi, l'odio che si rinnova.
Hannukà sameach ! Felice Hannukà !
Ugo Volli