Angelo Pezzana
Un arabo-israeliano deposita il proprio voto alle elezioni dello scorso marzo: in Israele ogni cittadino ha pari diritti
Il ‘fattaccio’ risale ai primi di ottobre, ma riprenderlo è doveroso, anche perché non ha destato le reazioni che avrebbe meritato. Abu Mazen, durante il suo intervento all’Assemblea Generale dell’Onu, ha ufficialmente dichiarato che gli Accordi di pace di Oslo, firmati da Israele e Olp nel 1993, che avrebbero dovuto porre fine al conflitto, non erano più validi per l’Autorità palestinese da lui presieduta. Ne attribuiva la responsabilità, naturalmente, al governo israeliano, puntando il dito contro Netanyahu, passando sopra al fatto che dagli anni ’90 ad oggi nello Stato ebraico si sono alternati governi di diverso colore politico, e il no dell’Olp è sempre stato lo stesso: troppo poco, non ci basta, anche quando si trattava di avere il 97% di Giudea e Samaria e Gerusalemme est come capitale del futuro stato palestinese. Non e poi no, con regolari e frequenti attentati terroristi e due intifade. Era la tattica di Arafat, continuata dall’Anp e fatta propria – incrementandola- da Hamas a Gaza.
Dal loro punto di vista non è che avessero torto, se uno vuole impadronirsi dello stato di un altro popolo, rendendosi conto di avere un enorme e progressivo sostegno dai paesi democratici occidentali, perché dovrebbe accettare un compromesso quando il colpo grosso può andare a buon fine ? Ma c’è un ma, che avrebbe dovuto aprire gli occhi ai governi e alle istituzioni internazionali di quei paesi, che fino ad oggi hanno sempre affermato che era Israele a non volersi sedere al tavolo delle trattative, che i palestinesi non aspettavano altro che fare la pace. Le parole di Abu Mzen avrebbero dovuto far arrossire chi ha sempre sostenuto questa tesi, ma come, ma allora le accuse contro Israele erano menzogne, per trent’anni abbiamo accusato Israele di non volere la pace, e adesso Abu Mazen viene a dirci che gli Accordi di Oslo sono carta straccia !
E’ vero che l’Olp non li ha mai rispettati, al contrario di Israele, ma questo passava in secondo piano, anzi, scompariva del tutto dalle analisi degli ‘esperti’, Israele è forte e potente e i palestinesi sono poveri e deboli, con quale coraggio li possiamo anche solo rimproverare ? Usa, Russia e Europa dovevano svolgere il ruolo di garanti dell’attuazione degli accordi, ma come se ne sono disinteressati per trent’anni, sono rimasti in silenzio anche adesso di fronte alla scelta di Abu Mazen, che avrebbe meritato una risposta che invece gli è poi venuta il giorno successivo soltanto con l’intervento di Netanyahu dallo stesso podio. Siamo alle solite, è mai possibile che Israele debba sempre trovarsi isolata in tutti gli organismi internazionali a ricordare chi è l’aggressore e chi si difende ?
La domanda è ovvia, ma va fatta, perché solo se riusciremo a far ragionare i critici di Israele- non gli odiatori professionali, per i quali non c’è speranza- ma la gente comune, intossicata da una disinformazione costante, potremo allora spiegare la crescita, altrettanto costante, delle varie forme di anti-semitismo che caratterizzano le società democratiche. Se Israele è il cattivo, questa è l’immagine sempre più diffusa dai media, allora lo sono anche gli ebrei nel loro insieme. Invece di indignarsi per la minaccia rappresentata dal fondamentalismo islamico, per le stragi e i crimini che avvengono in tutto il resto del Medio Oriente,che colpisce le minoranze cristiane e non gli ebrei solo perché questi ultimi sono stati cacciati a suo tempo, le democrazie sembrano interessate unicamente a giudicare l’unico paese nel quale i diritti umani e civili sono garantiti per tutti. Invece di citarlo a esempio per essere riuscito a creare una vera democrazia circondata da un mare di dittature, i loro governi sono soddisfatti soltanto quando possono delegittimarne l’esistenza ricorrendo a ogni tipo di accuse. Perché ?
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