A destra: Nathan Graf e la scena dell'attentato antisemita
Cari amici,
le stragi di Parigi sono molto più gravi, è ovvio. Ma occuparcene, trarne le conseguenze politiche, indignarsene non ci deve indurre a trascurare i sintomi più vicini a noi, gli eventi meno tragici che ci toccano quasi di persona. Sto parlando di quel che è accaduto a Milano, del ferimento di un giovane ebreo di nome Nathan Graff avvenuto un giorno prima degli attentati di Parigi. Ne avete sentito parlare tutti, ma poi la notizia è stata soffocata dall'eco dei crimini terroristici di Parigi. Eppure merita qualche riflessione.
La prima è che il pericolo non è astratto, lontano. Anche in Italia vi sono criminali disposti a spargere sangue per odio antisemita e guerra all'Occidente. Poco prima ancora del caso di Milano c'erano stati gli assedi di una dozzina di terroristi che avevano la loro base principale a Merano. Non passa quasi settimana senza che ci siano notizie di espulsioni di integralisti islamici dal nostro paese. L'impressione è che le nostre forze dell'ordine e i servizi lavorino bene, molto meglio di quelli francesi che sono così incapaci di far fronte al terrorismo da far sorgere più di un interrogativo rispetto al loro schieramento: combattono il terrorismo o lo promuovono? Che diversi dei protagonisti degli attacchi degli ultimi anni fossero ben conosciuti ai servizi francesi, magari reclutati come informatori, a partire da quel Merah che fece la strage dei bambini ebrei a Tolosa, è ben noto. Sarebbe opportuno che qualcuno, innanzitutto lo stesso Hollande, spiegasse questa circostanza.
In Italia, almeno da quando non sono più al potere complici dichiarati del terrorismo (mi riferisco al lodo Moro, a Craxi a Sigonella, all' ”ambiguità” dell'azione politica di personaggi come Andreotti, alla bara portata da Luciano Lama davanti al tempio ebraico di Roma poco tempo prima dell'attentato mortale dell'82), queste cose sono assai più difficili. Resta il fatto che gli ebrei, cittadini italiani come tutti gli altri pagano uno scotto pesantissimo alla loro sicurezza: tutti i loro momenti di vita organizzata, i luoghi di culto, le scuole, le case di riposo, i centri comunitari, sono costantemente sotto la vigilanza di militari armati. E bisogna dire per fortuna, perché se no gli attacchi sarebbero sicuri, con buona pace di coloro che tracciano astruse distinzioni fra antisemitismo, antisionismo, “legittima critica” dei governi israeliani.
La seconda riflessione è che il modo stesso in cui è stata data la notizia e le reazioni pubbliche mostrano che c'è un fondo di antisemitismo ben presente nella nostra società. Quasi tutti i giornali hanno sottolineato che la vittima era un ebreo “ortodosso” (per fortuna questa volta ci è stata rispettata la parola farsesca “ultraortodosso”). Che vuol dire? Molto probabilmente volevano dire che era una persona riconoscibile come ebreo. Quindi un po' sospetto o comunque uno per cui si applica almeno un po' il proverbio “chi è causa del suo mal pianga se stesso”. Per la stessa ragione si sottolinea che “le indagini sui moventi sono ancora aperte” e che la Procura ha rubricato l'inchiesta per tentato omicidio senza contestare l'aggravante della motivazione razzista del crimine. L'atteggiamento degli inquirenti è perfettamente ragionevole e vale per tutti i delitti: non conoscendo la vittima e il contesto, è ovvio che gli investigatori debbano cercare in tutte le direzioni sempre. E così fanno.
Ma perché sottolinearlo questa volta? E' chiaro, perché si tratta di un “ebreo ortodosso” e quindi che non si sia scritta l'ipotesi di reato razzista insinua un dubbio. Qualche giornalista ha anche attribuito a un pubblico ufficiale il concetto che il mestiere della vittima dovesse insinuare qualche dubbio in più. Ora si dà il caso che Graff non facesse il buttafuori di una discoteca o il contrabbandista, ma si occupasse della certificazione dei cibi secondo le norme religiose: un mestiere tranquillo e poco avventuroso, come tutta la sua vita, a quanto dicono conoscenti e vicini di casa. Ma c'è un pregiudizio - lo ripeto, non delle forze dell'ordine ma dei giornalisti che si sono occupati del caso. Ci dev'essere qualcosa di losco negli ebrei, se si attirano tanto odio. E' una delle clausole con cui l'antisemitismo si giustifica ai suoi stessi occhi da sempre, da quando è iniziata la grande sagra dell'odio contro gli ebrei, nei primi secoli della Chiesa e anche prima. E' un “ebreo ortodosso”, qualcuno che non si comporta come gli altri; se gli fanno del male, se cercano di ammazzarlo, avranno le loro ragioni.
Ugo Volli