L'islam e il suicidio dell'Europa
Cari amici,
quel che più indigna e ferisce in questa ondata terroristica non è tanto il razzismo omicida degli arabi, che dopotutto da cent'anni in buona parte considerano una virtù scannare gli ebrei, senza riguardo alla loro identità, alla posizione politica, al sesso, all'età. Le cronache dei pogrom degli anni Venti e Trenta del Novecento in Israele e ancora prima, molto prima, in tutto il mondo arabo, parlano di vecchi studiosi di Torah sgozzati sui libri, di donne incinte sventrate, di una ferocia indiscriminata e generale, che non ha mai smesso nel terrorismo antisraeliano. Il paralitico Klinghoffer ammazzato sulla nave dirottata dal commando dell'OLP (e il suo assassino vergognosamente liberato da Craxi), il bambino di due anni ammazzato alla sinagoga di Roma (e la sorveglianza di polizia misteriosamente assente per l'occasione, e la bara scaricata da una manifestazione sindacale qualche tempo prima nello stesso posto) ci hanno abituato a prendere atto che non c'è differenza fra organizzazioni palestiniste e naziste.
Ma il silenzio dell'Europa, non solo dei politici e dei governi e dei giornali e delle chiese, ma delle gente, della brava gente così impegnata nell'accoglienza e nella solidarietà: questo ci ferisce e ci addolora, ci costringe a interrogarci di nuovo sul nostro posto nel mondo. Immaginate che in Lombardia o in Sicilia o in Catalogna - questa è la dimensione di Israele - da quindici giorni ogni giorno ci siano dei criminali che con un pretesto qualunque diano la caccia a donne, bambini, poliziotti, famiglie per ammazzarli; immaginate che entrino nella stazione di Brescia o di Catania per sparare indiscriminatamente sulla folla e accoltellare chi capita a tiro; immaginate che inseguano con un'accetta i passanti per Corso Venezia a Milano o sulle Ramblas... Ci sarebbe una sollevazione, prima di tutto morale, una grande indignazione, solidarietà. Ancor più che per il caso Charlie, perché riguarda gente qualsiasi, la cui sola colpa è - sì diciamola la parola maledetta - di appartenere alla razza ebraica.
Ma questo non accade. Certamente perché l'odio sotterraneo per - insisto sulla parola - per la razza ebraica è ancora ben presente in Europa, anche se rimossa e coperta con mille untuose cerimonie e compassione per i morti del passato. Per antisemitismo.
Ma non basta, c'è qualcosa di più. Israele ha una colpa, imperdonabile agli occhi degli europei e degli americani benpensanti. Cerca di difendersi. Gli israeliani non accettano passivamente di farsi ammazzare. Resistono, rispondono agli assalti, spesso abbattono gli aggressori. Solo alcuni pazzi furiosi, odiatori di sé ogni oltre limite, chiedono scusa ai loro assassini (se volete capire il grado di questa follia leggete questo articolo http://www.haaretz.com/opinion/.premium-1.680876 di tal Roger Alpher, editorialista del giornale arabo in lingua ebraica Haaretz, di cui vale la pena di ricordare che, quando l'anno scorso annunciò - falsamente, a quel che pare - che intendeva andarsene da Israele, ricevette questa lapidaria risposta «I topi lasciano anche le navi che non affondano», vergato da Yehuda Bauer, affermato storico di Gerusalemme: http://www.wallstreetitalia.com/article/1728342/mondo/israele-giornalista-haaretz-qui-mi-sento-soffocato-me-ne-vado.aspx).
Il fatto è che gli europei credono che gli israeliani dovrebbero pensarla come Alpher, voler chiedere scusa cioè agli arabi che cercano di sgozzarli. E molti si comportano più o meno nella stessa maniera. Vi faccio solo due esempi.
Angela Merkel
Il primo è illustre, non vi parlo di Obama, che sarebbe perfettamente in questa linea ma riguarda la regina d'Europa, Frau Angela Merkel. che dopo aver spiegato nei mesi scorsi che la Germania è pronta ad assorbire 800 mila, un milione di migranti illegali l'anno - provocando con questo un'ondata migratoria maggiore, perché in questo caso, come in molti altri, la domanda segue l'offerta e non viceversa, è andata nei giorni scorsi in Turchia, nel momento più buio e furioso del regime autoritario di Erdogan, alleato con l'Isis, repressore di ogni dissenso, censore dei media (http://www.lastampa.it/2015/10/19/esteri/nuova-stretta-di-erdogan-alla-vigilia-del-voto-chiusi-sette-canali-televisivi-ostili-al-premier-u2NMA0lXh6s9HGCgncjlgJ/pagina.html), stragista di curdi, per dichiarare che appoggia l'ingresso della Turchia in Europa (http://www.rainews.it/dl/rainews/articoli/Merkel-pronti-ad-accelerare-il-processo-di-adesione-della-Turchia-a-Ue-befdb4ed-e897-466e-a4da-5606292b2129.html). Offrendo in questa maniera uno straordinario assist al dittatore, che è sotto elezioni e di nuovo le sta perdendo. Dando una mano così alle sue ambiguità con l'Isis e alle sue violenze contro i curdi. E promettendo un nuovo stravolgimento filoislamico del traballante carrozzone europeo. Se non è appoggiare i propri nemici questo...
Eva Brunne
Poi vi devo raccontare un caso ancora più evidente, conclamato. E accaduto in Svezia, paese che con la Francia in questo momento è l'esempio più evidente del suicidio in corso dell'Europa. Il nuovo vescovo di Stoccolma secondo la maggioritaria Chiesa di Svezia, che poi è una vescova che fa di nome Eva Brunne, ha deciso che per non mettere in imbarazzo gli immigrati, bisogna togliere le croci dalla chiesa (http://www.ilgiornale.it/news/mondo/i-musulmani-preghino-chiesa-i-cristiani-tolgano-i-crocifissi-1179317.html, per un'analisi più approfondita https://www.youtube.com/watch?v=jkfRkR1Pqag). Ora, essendo ebreo io non sono particolarmente attaccato al crocefisso, non lo ritengo un simbolo generico di valori civili come hanno decretato un po' ipocritamente alcuni giudici in Italia per giustificarne l'uso nei luoghi pubblici, ma un ovvio simbolo religioso che merita rispetto in quanto tale, ma io certo non mi sognerei di pregare davanti ad esso. E però fra persone civili il solo modo di rispettarsi è che ognuno sia lealmente quel che è, che non nasconda sé e i suoi valori.
L'Europa non lo fa più, probabilmente perché ai suoi valori non crede più e nella sua disperazione suicida pensa che solo quelli altrui siano validi, per cui bisogna non solo accogliere gli altri, ma subordinarsi ad essi, rinunciare a sé e alla propria identità. Ed è proprio quello che Israele (inteso come paese e inteso come popolo ebraico) non fa e non ha mai fatto, almeno la sua parte che sopravvive da tremilacinquecento anni a esili, persecuzioni, tentativi di genocidio, maltrattamenti e diffamazioni. Anche per questo gli europei non si commuovono a vedere un piccolo popolo che ancora lotta circondato da nemici venti volte più numerosi di lui, da cui non vuole farsi assorbire né annullare. Perché l'Europa - o almeno la sua parte ufficiale e chi la sostiene - oggi vuole esattamente questo, farsi assorbire, disprezzare, schiavizzare, dimenticarsi di essere mai esistita come complesso di libere nazioni.
Ugo Volli