Un esempio di propaganda palestinese, come al solito "moderata"
Gerusalemme - Accoltellamenti, bus assaliti, assassini non più isolati che agiscono in coppia, non importa quale strada prenderà la violenza palestinista di questi giorni, essa rappresenta una società solo apparentemente integrata. Non più soltanto nei territori contesi, ma in tutta Israele e, significativamente Gerusalemme est quale luogo di provenienza degli assassini, sono un segnale al governo che lo status quo non è più una condizione accettabile. Di giorno la vita continua come sempre, le strade sono affollate, i bar all’aperto, di giorno, sono pieni di gente, se non ci fossero i giornali, radio e tv accese 24 ore su 24, un visitatore qualunque non si accorgerebbe di nulla. Ma la vita degli israeliani ha subito nuovamente in questi giorni il peso dell’insicurezza, ti guardi intorno quando cammini, ti volti indietro per assicurati che non ci sia qualcuno dall’aria sospetta, l’atmosfera è pesante, anche se è vero che gli israeliani sanno come comportarsi, mandando in fumo l’ennesimo tentativo di chi vorrebbe portargli via la vita insieme alla terra.
Un'altra vignetta che incita a ripetere la strage alla sinagoga di Gerusalemme avvenuta un anno fa
La soluzione non è vicina, l’equivoca posizione dell’Autorità palestinese, con Abu Mazen che incita alla rivolta, per poi fare marcia indietro quando si accorge che le truppe che hanno risposto al suo appello sono quattro gatti, anche se riescono a far scorrere il sangue delle vittime. E’ comunque una carta che gioca con l’aiuto dei media occidentali cui non par vero poter sottolineare la giovane età degli assassini. Nelle vignette dei quotidiani arabi gli odiatori di Israele disegnano un truce soldato con la stella di Davide sull’elmetto che sta sparando a un ragazzino palestinese inginocchiato a terra, mentre si fotografa con il proprio cellulare.
Abu Mazen
La verità è l’opposto, il giovane criminale aveva appena accoltellato qualcuno in attesa di proseguire la mattanza, il soldato ha soltanto compiuto il proprio dovere. Ma questo stravolgimento della verità affascina chi odia Israele, poco importa se il disegno si basa su una menzogna, lo scopo è raggiunto. Come se questo non bastasse, ieri Abu Mazen ha dichiarato che Israele è responsabile di “esecuzioni sul campo, omicidi a sangue freddo”, definendo gli attacchi “autodifesa”. Ha anche annunciato un ricorso al Tribunale Criminale Internazionale, rifiutandosi di condannare gli atti di terrorismo, accusando Israele di mettere a rischio la sicurezza dell’intera regione.
Intanto l’ Istituto “Israel Democracy” dell’Università di Tel Aviv ha reso noto il sondaggio mensile per conoscere l’opinione degli israeliani sull’ipotesi “Due Stati”. Il 51% degli arabi intervistati ha risposto che il progetto è defunto, stessa l’opinione degli ebrei con il 46,1%. E’ ancora un’ipotesi valida per il 35,1% degli arabi e per il 50% degli ebrei. L’indagine è stata condotta nei giorni tra il 6 e l’8 ottobre, ci sono buoni motivi per ritenere che dopo le violenze dell’ultima settimana i prossimi risultati saranno alquanto diversi.
Come hanno informato i media italiani ? Quelli più consapevoli del proprio ruolo non sono caduti nell’abituale cassa di risonanza dall’Anp, come testimoniano le pagine di IC di questi giorni. Ma sono ancora troppe le testate che disinformano i lettori riproponendo la propaganda palestinista; non faccio l’elenco dei giornalisti, straconosciuti da chi ci legge. L’occasione è troppo ghiotta, l’età degli assalitori è un fattore emotivo eccezionale, al punto da far trascurare il fatto che anche alcune vittime sono coetanee dei loro assassini. Prevale la retorica di sempre, malgrado la narrativa palestinista continui a fondarsi sulla falsificazione della Storia. Il Monte Moriah è il luogo dove Re Salomone costruì il Tempio 1.600 anni prima che i conquistatori musulmani costruissero la moschea Al Aqsa, avvenuta nel 691 dopo Cristo, 30 anni dopo la morte di Maometto. Una verità riconosciuta da sempre in tutto il mondo civilizzato, ma rifiutata da un islam che ne reclama la proprietà, negando persino la presenza ebraica a Gerusalemme stanziata da millenni negli stessi luoghi di oggi. Se non fosse tragico sarebbe soltanto ridicolo, Gerusalemme, rivendicata quale città santa dell’islam, non è mai citata, nemmeno una volta nel Corano !
La pace è un valore inestimabile, ma arrivarci, per una democrazia come Israele, comporta enormi difficoltà. Da politico, come poteva apparire all’inizio, negli anni ’60, ai tempi di Arafat, il conflitto si è trasformato in religioso. Come può uno Stato moderno confrontarsi con una entità dove la religione è un unicum con lo stato, dove Allah, Maometto, il Corano sono costantemente invocati prima di ogni strage, Allah uAkbar è infatti il grido che precede il crimine. Islam vuol dire sottomissione. Sarà bene ricordarlo prima di pretendere da Israele un comportamento come se avesse di fronte una società civile invece di quella barbara con la quale purtroppo deve confrontarsi.
Angelo Pezzana