Pensateci
Cartoline da Eurabia, di Ugo Volli
Cari amici,
la campagna di terrorismo a bassa intensità, incoraggiata dall'Autorità Palestinese da un anno circa, prosegue e si intensifica. A bassa intensità è un'espressione imprecisa. Gli attacchi sono ormai decine al giorno, una molotov là, un pietrone sul vetro di una macchina là, un lancio di fionda su, un accoltellamento giù, un investimento di pedoni a destra, scontri con la polizia a sinistra. Ogni tanto ci scappa il morto, i ferimenti sono quotidiani.
L'impressione è che il livello politico-militare che controlla questa attività - nessuno ormai più osa parlare di pazzi isolati - abbia deciso di evitare le stragi di qualche anno fa, probabilmente nella consapevolezza del danno di immagine che producono, e abbia optato per una guerra di attrito. Di fatto però l'effetto deterrente di questo stillicidio nei confronti della popolazione israeliana è scarso e il governo Netanyahu è forse un po' meno timido dei precedenti nel reprimere i disordini. Il senso di questi torbidi è però doppio: da un lato si tratta di far del male agli ebrei, possibilmente di ucciderli, di destabilizzare il loro stato, di minare la loro giurisdizione su Gerusalemme e sulle parti di Giudea e Samaria dove sono insediati. Dall'altro si cerca di usare l'inevitabile autodifesa delle forze dell'ordine per demonizzare e delegittimare Israele.
Questi disordini sono seguiti da una torma di fotografi e cineoperatori armati di macchine da presa portatili. Spesso sono estremisti di sinistra europei (talvolta anche israeliani), mantenuti con i soldi delle organizzazioni non governative pagate dall'Unione Europea e da vari fondi americani, che pagano anche per le apparecchiature. E' degno di nota che fra i finanziatori e gli esecutori di questi reportages figura un certo numero di organizzazioni antisioniste di origine ebraica, come quelle che fanno riferimento a Soros, o gli amici di JStreet.
si noti la dimensione della pietra
L'attività di questi fabbricanti di immagini non può certo essere definita giornalistica, perché nella quasi totalità dei casi il loro scopo non è documentare onestamente (anche se magari non “oggettivamente”, dato che ciò spesso è impossibile) i fatti, ma produrre materiali per la propaganda antisraeliana, che sono diffusi da una rete palestinista ben organizzata e molto graditi dai media.
Il caso recente molto chiacchierato del soldato israeliano incaricato di arrestare un ragazzo che tirava sassi, assalito violentemente da una folla prevalentemente femminile, capace di mantenere la calma e di non usare le armi anche sotto quella pressione, ma accusato dalla stampa internazionale di disumanità per il modo in cui bloccava una persona arrestata, è del tutto chiaro.
Quando sono uscite le foto in controcampo con la folla dei fotografi e dei militanti palestinisti che circondava il soldato e anche le sequenze filmate complete, con la marcia dei palestinisti contro il villaggio ebraico e i lanci di sassi contro i militari, si è capito quanto tendenziose e infedeli fossero le immagini diffuse dai media.
Un aspetto interessante della situazione è che di questo terrorismo strisciante si parla piuttosto poco, il che è male, perché si ignora la trama violenta della militanza palestinista; ma anche dall'altro lato è un bene, perché chi ha interesse a drammattizzare la situazione sono i palestinisti e non Israele e anzi questi attacchi sono compiuti con il preciso scopo di ottenere l'attenzione del pubblico in un momento in cui la loro “lotta” ottiene meno attenzione del solito, dato che nelle vicinanze, in Siria, in Sinai ecc. c'è una guerra vera con un vero dramma e vere vittime. La controprova di questo carattere secondario e poco cruento del conflitto (che deriva dall'attenta gestione dell'esercito israeliano, ben deciso a non esercitare più della violenza strettamente necessaria a mantenere l'ordine) sta nel numero decisamente scarso degli arabi di Giudea e Samaria fra le folle degli immigranti illegali in Europa. Una volta la parola magica per l'accoglienza era “palestinese”, oggi è invece giustamente “siriano”. Dunque che il terrorismo d'attrito non faccia notizia è una buona cosa che potrebbe anche contribuire ad arrestarlo.
Quando i palestinisti sono a corto di risorse propagandistiche ricorrono però a un mezzo sicurissimo per ottenere attenzione. E' il Monte del Tempio e la moschea di Al Aqsa costruita su di esso. Dopo aver liberato Gerusalemme nella guerra dei Sei Giorni Israele scelse di non appropriarsi del luogo più sacro dell'Ebraismo, che è sacro anche ai cristiani, nominato infinite volte nella Torah e citato anche nei Vangeli (ma mai nel Corano, conquistato dagli arabi ben dopo la morte di Maometto). Decise di lasciare che vi si svolgesse il culto islamico senza ostacoli, a parte l'ordine pubblico. Fece però rispettare l'impegno che la Giordania aveva preso con gli accordi armistiziali dopo la sua occupazione di Gerusalemme nel '49, e non aveva mia rispettato, di consentire l'accesso ai luoghi sacri a tutte le religioni. E in effetti con molti limiti, che si possono chiamare tranquillamente repressivi, ebrei e crstiani possono accedere al Monte del Tempio, ma solo per poche ore al giorno, non nei giorni festivi musulmani, dopo un'accurata ispezione per accertare che non abbiano libri di preghiere o simboli della loro fede, con la proibizione assoluta di raccogliersi in preghiera, anche se lo fanno nel silenzio più totale e senza simboli.
Ma è la semplice presenza di “infedeli” a provocare le ire dei musulmani: nessuno impedisce ai buddhisti o agli ebrei di entrare nel Santo Sepolcro, nessuno considera la presenza dei cristiani o dei confuciani al Kotel (il muro occidentale) un insulto. Diversi Papi si sono raccolti in preghiera in questo luogo così caro all'ebraismo e nessuno l'ha visto come un insulto, anzi. L'Islam è diverso, proprio non tollera gli altri: sentite per favore quel che ha detto Abbas in questo video l'altro giorno: "la spianata è nostra, il Santo Sepolcro è nostro, non lasceremo che loro lo profanino con i loro “sporchi piedi”.
Abu Mazen
Razzismo allo stato puro da parte del “moderato” cocco dell'Occidente, che dovremmo tutti riconoscere e con cui dovremmo fare la pace. Ci sono moltissimi filmati che mostrano come gli arabi locali intendano la sacralità della “Spianata delle Moschee”, per esempio giocandoci sistematicamente a pallone o usandola come teatro per sassaiole e lanci di bombe molotov. Si tratta di incidenti provocati, organizzati, previsti, che servono a ottenere un po' di audience per la commedia palestinista in crisi di incassi.
Un altro pezzo della campagna terrorista a bassa intensità, che è innanzitutto una campagna di marketing. Ma c'è una verità in essa. Quando la Giordania invase Gerusalemme nel '49, distrusse tutte le sinagoghe ed espulse tutti gli ebrei. Questo è quello che ancora vogliono i palestinisti: pulizia etnica e intolleranza religiosa. In contrasto nettissimo col fatto che Israele ha tenuto aperte e protette le sedi di tutte le religioni. La domanda da fare a tutti loro sostenitori è questa: davvero volete affidare a uno che parla dei visitatori a un luogo sacro nei termini di “sporchi piedi che profanano” la vita di Gerusalemme? Guardate le lezioni di tutto il Medio Oriente: in Iraq come in Siria, in Giordania come a Betlemme, prima si sono occupati del sabato e poi della domenica, prima hanno massacrato ed espulso gli ebrei e oggi massacrano e fanno fuggire i cristiani superstiti.
Pensateci...
Ugo Volli