Contrordine compagni, il consiglio non si fa più. Ma non parlatene, per favore 13/09/2015
Autore: Ugo Volli

Contrordine compagni, il consiglio non si fa più. Ma non parlatene, per favore
Cartoline da Eurabia, di Ugo Volli

 

Cari amici,

una delle cose che meraviglia di più nei “propalestinesi” è la loro indifferenza nei confronti dei “palestinesi” reali, in particolare della loro vita politica.
Tutto sommato la “Palestina” dovrebbe essere un'entità politica, non teologica o musicale; dunque chi la appoggia in maniera più o meno estrema all'esterno, dovrebbe interessarsi di come funziona all'interno, di quali sono le sue correnti politiche, la sua vita istituzionale.
E invece no. Vi faccio qualche esempio.
Da tempo è in atto una lotta politica al vertice dell'Autorità Palestinese (Anp).
Da un lato c'è il presidente Abbas, dall'altro c'è l'ex responsabile della sicurezza di Arafat e capo di Fatah a Gaza,Mohamed Dahlan, da cui fu costretto a fuggire in seguito al colpo di stato di Hamas a Gaza nel 2007.
Dahlan si rifugiò a Ramallah, ma entrò in urto con Abbas che lo accusò di aver ucciso Arafat lo fece condannare in contumacia per altre accuse. Nel frattempo Dahlan si era rifugiato a Dubai e faceva lucrosi commerci con il Montenegro. Dahlan è però fra i candidati forti alla successione di Abbas. Nella lotta sono stati eliminati, almeno dalla scena politica altri due pezzi grossi dell'Anp: Yasser Abed Rabbo, che era il segretario generale dell'Organizzazione per la Liberazione della Palestina (OLP) e l'ex primo ministro Salam Fayyad, accusati in perfetto stile sovietico di costituire un gruppo antipartito.

Qualcuno dei loquaci propal che passano il tempo a diffamare Israele vi ha parlato di questo? I giornali che si occupano diffusamente del problema se in Israele bisogna giocare a calcio nella giornata festiva del sabato e ci moraleggiano sopra, vi hanno mai informato di questi fatti? O magari anche della sorte del “governo di unità nazionale” che Abbas ha costruito nel giugno 2014 con Hamas, facendolo dirigere da un incolore burocrate universitario, Rami Hamdallah (fu la causa prossima della chiusura del negoziato con Israele e indirettamente la ragione degli attacchi di Hamas che provocarono l'operazione di Gaza)?

Il governo di Hamdallah si è dimesso nel giugno scorso (http://www.internazionale.it/notizie/2015/06/17/palestina-dimissioni-governo ),
e la “Palestina” che tutti vogliono riconoscere e di cui l'Onu sventola felice la bandiera, è ufficialmente senza governo.
Lo sapevate? Ve ne ha parlato qualcuno? Ma c'è di più. La “Palestina” è anche senza presidente. Non solo perché Abbas è stato eletto nel 2005 e il suo mandato è scaduto nel gennaio 2009, dunque è scaduto da sei anni e mezzo (come del resto il parlamento). Ma anche perché come vi ho raccontato una decina di giorni fa (http://www.informazionecorretta.com/main.php?mediaId=&sez=280&id=59334 ), Abbas si è dimesso il 22 agosto dalla carica centrale fra le tre che occupa (presidente dell'Anp, presidente dell'OLP, capo di Fatah), facendo capire che questo era l'inizio del suo ritiro dalla vita politica, il che è ragionevole per un ottantenne in cattiva salute.

Molti (fra cui io stesso) non ci avevano creduto, pensando a una manovra politica per escludere i membri del “gruppo antipartito” dal comitato esecutivo dell'OLP, che è il solo organo politico funzionante che può teoricamente discutere le scelte di Abbas. E' chiaro che l'Autorità Palestinese, il suo governo, il suo parlamento, il suo presidente sono schermi fasulli per dare alla “rivoluzione palestinese” l'aspetto di uno stato, la legittimità internazionale che ne consegue, insomma la buca delle lettere per le trattative, i finanziamenti, i riconoscimenti politici di stati e organizzazioni. Ma il potere, cioè il comando vero sulle bande terroristiche che purtroppo Rabin a Oslo ha riconosciuto come “uniche rappresentanti del popolo palestinese (un errore storico tremendo, che Israele continua a pagare) è l'Organizzazione per la Liberazione della Palestina. E' dal suo vertice che Abbas si è dimesso, assicurando che avrebbe convocato il suo pletorico Consiglio Nazionale di settecento e passa componenti (non eletto, badate, con regolari elezioni popolari, ma nominato dalle varie organizzazioni terroristiche), per designare il suo successore e il comitato esecutivo di 15 membri, la vera sede del potere.

Qualcuno vi ha raccontato queste cose? I filopalestinesi italiani si sono occupati di questa crisi politica? Qualcuno si preoccupa del fatto di riconoscere uno “stato” senza presidente, senza governo, senza parlamento, senza più nemmeno il comitato esecutivo della forza dominante? Nessuno.
Ma c'è ancora di più. Il Consiglio Nazionale Palestinese non si riunisce dal '95. Non ha mai formalmente approvato gli accordi di Oslo. Ha votato in una riunione l'INTENZIONE di modificare le clausole della “Carta nazionale palestinese” (la “costituzione” dell'OLP) del 1968 che chiedevano e chiedono la distruzione di Israele e l'espulsione di tutti gli ebrei (se siete interessati, la trovate qui: http://avalon.law.yale.edu/20th_century/plocov.asp , è una lettura istruttiva),
come richiesto negli accordi, ma NON L'HA MAI FATTO.
Anche di questo, naturalmente, nessuno parla.

Bene, l'ultima notizia taciuta è questa: contrordine compagni, la riunione del consiglio nazionale palestinese non ci sarà. Non ora, chissà in futuro, fra venti giorni, venti mesi o più probabilmente vent'anni (http://www.israelnationalnews.com/News/News.aspx/200501 ).
Perché? Mah, Abbas ha deciso così. Forse non era sicuro di avere la maggioranza. Fatto sta che oggi alla “Palestina” manca non solo la legittimazione elettorale (le ultime elezioni si sono svolte dieci anni fa), ma anche quella “rivoluzionaria”. Gli organi di governo e di partito sono scaduti o dimissionari.
Una situazione che fa sembrare modelli di democrazia non solo la Russia, ma anche l'Iraq, perfino la Siria, dove delle finzioni elettorali si sono comunque tenute.
Aggiungeteci che tutti i sondaggi da anni mostrano che eventuali elezioni palestinesi sarebbero vinte da Hamas, la cui posizione rispetto all'OLP è ambigua (e che per conto suo non tiene elezioni dove comanda, a Gaza, ma cerca di scalzare Abbas con vari tentativi di complotti militari e sollevazioni armate che non vanno a buon fine solo per la vigilanza di Israele).

Insomma per Abbas come per Hamas vale il detto attribuito a Erdogan:le elezioni sono come un taxi che si prende per arrivare a destinazione, poi si scende e si fa quel che si vuole (http://www.ilsole24ore.com/art/commenti-e-idee/2014-04-01/vince-erdogan-non-democrazia-063754.shtml ).
Di tutto questo ai palestinisti, dai militanti ai parlamenti europei ai ministeri degli esteri degli stati democratici non interessa niente.
Che la “Palestina” sia una struttura che non solo non ha un territorio definito, un'autonomia economica e un controllo del territorio, ma sul piano politico sia una caricatura di movimento stalinista privo di ogni struttura istituzionale, una accozzaglia di gruppi di predoni che si scontrano, armati di terrorismo e propaganda, senza alcun'etica pubblica, alcuna volontà di costituire davvero uno stato, non importa a nessuno. Non ci vengono date neppure le notizie che permetterebbero di rendersi conto di questo fatto.
Perché è chiaro, i “palestinesi” devono essere buoni selvaggi, puri e innocenti, indigeni colonizzati dai cattivi sionisti. Per questo è meglio ignorare non solo il terrorismo quotidiano di cui si dilettano, ma anche le loro lotte di potere.
Quanto più esotici e ignoti, quanto più travestiti nella retorica orientalista della “resistenza all'imperialismo”, tanto più facile sostenerli e giustificare così il proprio antisemitismo.

Ugo Volli

PS: Questa sera al tramonto inizia la celebrazione ebraica di Rosh Hashanah (capodanno), che ricorda la creazione dell'uomo al sesto giorno della creazione e dunque richiama l'origine comune e la comune umanità di tutti noi.
E' anche l'inizio dei dieci giorni “noraim” (terribili) in cui gli ebrei sono chiamati a riconciliarsi fra loro e con il divino, a esaminare la propria vita e a “far ritorno” all'etica e alla legge, chiedendo scusa per i loro errori e le loro offese.
Rosh Hashanah non è tanto una “festa”, quanto una prova di un nuovo inizio. Augurare “shanà tovà umetukà” (un anno dolce e buono, secondo la formula tradizionale) non vuol dire tanto sperare in una fortuna migliore, che sarebbe in fondo solo superstizione, ma suggerire di rimettere in sesto il nostro approccio al mondo, di provare a rispettare le nostre convinzioni e a osservare i nostri doveri, insomma di provare a diventare migliori o meno peggiori noi.
Faccio quest'augurio con profonda convinzione a tutti i miei lettori, in particolare agli ebrei che sono direttamente coinvolti nella celebrazione - e anche a me stesso