Una intera comunità della diaspora europea, quella di Amsterdam, è sotto choc dopo che una coppia di anziani, sopravvissuti alla Shoah, è stata vittima in casa propria lo scorso 4 agosto di un pestaggio organizzato da un gruppo di antisemiti al grido di “sporchi ebrei” poi degenerata in devastazione e rapina. La coppia, sposata da 56 anni e fino alla scorsa settimana completamente indipendente nonostante l’età avanzata - 86 anni la signora, 87 il signore - è adesso confinata su una sedia a rotelle in un centro di riabilitazione.
Diana si confronta con il dolore di infinite escoriazioni, mentre il marito Shmuel ha perso la vista e ha numerose fratture. E mentre il governo olandese si è affrettato a rilasciare una dichiarazione formale in cui si precisa come ogni volta da copione che “nessun atto di antisemitismo sarà tollerato nella nostra società”, è tempo di fare alcune riflessioni. Innanzitutto, quale credibilità può mai vantare una classe dirigente europea che si propone in queste ore di approntare un programma di accoglienza per decine di migliaia di iracheni e di siriani in fuga da una guerra quando non riesce nemmeno a difendere i suoi stessi cittadini?
Tralasciando le responsabilità che l’Europa stessa ha avuto col suo stare alla finestra senza muovere un dito nei riguardi della degenerazione del conflitto interarabo siro-iracheno, qui in Israele siamo davvero in molti a non capire e a non spiegarci come i leader europei - che negli ultimi anni hanno lasciato ad esempio che i loro cittadini ebrei fossero lasciati indifesi davanti all’antisemitismo militante e i Rom in balia di autentici pogrom - si comporteranno nei confronti di questo massiccio fenomeno migratorio che per la sua natura rischia di compromettere non solo la sicurezza di una frazione minima della società, ma di tutti i cittadini europei nel loro complesso. Stiamo parlando infatti di decine di migliaia di esseri umani, molti dei quali coinvolti a livello ideologico o peggio ancora tribale con alcune delle fazioni dell’attuale guerra assieme religiosa e civile, e in gran parte sensibili se non dichiaratamente compiacenti nei confronti dell’islam più reazionario ed oltranzista.
L'amara realtà è che invece di aver voluto affrontare il problema alla radice, cercando di intervenire a tempo debito nella stabilizzazione del conflitto interarabo e nella lotta alle fazioni islamofasciste, l’Europa - nel senso della sua classe dirigente - si è relazionata nei confronti dell’estremismo islamico esattamente come si è sempre relazionata nei confronti delle componenti più reazionarie, deteriori e razziste della sua stessa società: lavandosene le mani con vuoti proclami a crimini ormai fatti. I governi europei hanno rifiutato di tenere una posizione condivisa sui fanatismi e hanno abbandonato di volta in volta al loro destino le vittime designate dalle fazioni estremiste: ebrei, curdi, yazidi, cristiani aramei, copti, drusi siriani, rom, omosessuali e molti altri ancora.
E hanno fatto anche di peggio, demonizzando e armando le mani degli aguzzini e del terrorismo internazionale nei confronti di chiunque ha tentato di resistere agli estremisti: lo fanno quotidianamente con Israele, che tuttavia sa come difendersi, e lo fanno con tutti gli altri che ne hanno l’ardire, ad esempio i curdi, lasciati morire nel fuoco incrociato di Pasdaran iraniani, Stato Islamico e Turchia di Erdogan. Provano pietà, tra i tanti, solo per gli ebrei indifesi - come ultimi ma non primi gli innocui coniugi ottuagenari di Amsterdam - per le famiglie rom bruciate nei camper, per gli omosessuali morti suicidi, per le donne yazide vedute schive al mercato, e per i bambini curdi morti nel loro tentativo di fuga dall’inferno islamista. Versano lacrime ipocrite di coccodrillo quando a finire sotto i bulldozer dell'Isis sono le rovine della meravigliosa Palmira, e girano con altrettanta nonchalance la testa dall’altra parte mentre Kobane viene rasa al suolo con la compiacenza turca dalle orde del Califfato. Poi, in preda al senso di colpa e vittime del loro stesso immobilismo e della propria noncuranza, questi stessi leader incapaci di tenere a bada persino gli estremisti e gli intolleranti di casa propria, aprono le porte dello spazio europa a migliaia di disperati entro cui si infiltrano e sguazzano tra le centinaia e le migliaia di possibili terroristi: 80.000 di questi nella sola Germania.
Senza alcuna politica dell’accoglienza, senza alcun progetto di assorbimento, senza pensare in alcun modo a come tenere lontani questi profughi dalle sirene della radicalizzazione e dagli imam oltranzisti che operano ormai in ogni periferia europea. E così, invece di mettere un argine al conflitto, rischiano soltanto di espanderlo allo spazio Europa portandosi la serpe al seno. Rischiando così di trasformare in meno di vent'anni lo spazio Europa in un grande, caotico Libano.
Dario Sanchez