Il pogrom mediatico organizzato dalla ditta Tamimi
Cartoline da Eurabia, di Ugo Volli
Ecco il link al blog di Danielle Guez per vedere tutte le immagini 'reali' della vicenda:http://danilette.over-blog.com/2015/08/le-soldat-israelien-et-l-enfant-ce-que-vous-avez-vu-et-ce-qu-on-ne-vous-a-pas-montre.html
Cari amici,
dato che ha suscitato molta emozione, e anche un sacco di insulti beceri e sgrammaticati sul mio account twitter da parte dei tifosi della “Palestina” (in particolare amano citare Donatella Di Cesare, che sentono evidentemente vicina: “Sia ben chiaro, per me quelli di Informazione corretta sono squadristi, sascti, xenofobi, misogeni”, scritto proprio così: “misogeni”) permettetemi di fare qualche riflessione sulla storia delle “eroiche donne” di Nabi Saleh che avrebbero impedito a un cattivo soldato israeliano di “rapire” un “bambino” del villaggio. Ve ne ha parlato benissimo ieri su IC ieri Deborah Fait (http://www.informazionecorretta.com/main.php?mediaId=115&sez=120&id=59385 ): condivido interamente quel che ha scritto.
Si è trattato di una rappresentazione della premiata ditta Tamimi, una famiglia che ha fatto della propaganda antisraeliana la sua occupazione principale, con tanto di pagina facebook con 6000 like (https://www.facebook.com/Tamimipresspage ), di tour promozionali in America del capofamiglia (il prossimo inizia, guardate un po', fra una settimana, come si legge qui: http://bassemtamimi2015speakingtour.weebly.com /, sponsorizzato da Amnesty International, dal solito gruppetto di ebrei odiatori del loro popolo e bidiessisti, https://jewishvoiceforpeace.org /, e da qualche associazione cristiana antisemita), di un blog tecnicamente molto ricco in inglese (https://nabisalehsolidarity.wordpress.com /) e di uno più duro in arabo (http://tamimipress.ahladalil.com /), di un canale youtube, eccetera.
Tutto il conglomerato si chiama Tamimi Press, ha sede a Ramallah, non nel villaggio cui dice di appartenere. Naturalmente opera in coordinamento con le Ong antisraeliane finanziate dall'Unione Europea, con qualche gruppo ultrasinistro israeliano e con alcuni corrispondenti internazionali che devono produrre la loro dose internazionale di calunnie contro Israele - pardon, notizie - per le loro testate e sono ben lieti di riceverle belle e pronte dalle imprese di Pallywood, di cui la Tamimi Spa è la più premiata, addirittura da Erdogan.
Essi proseguono così con altri mezzi il cammino terrorista che portò una loro parente (Ahlam Tamimi ) a essere l'organizzatrice dell'attentato alla Pizzeria Sbarro a Gerusalemme del 9 agosto 2001, che uccise 15 innocenti e ne ferì 150. Condannata all'ergastolo, Ahlam Tamimi fu liberata nello scambio concesso a Hamas per la libertà di Gilad Shalit e si dichiarò subito non pentita e pronta a rifare lo stesso crimine (http://www.palwatch.org/pages/news_archive.aspx?doc_id=5904 ).
i ragazzi provocano i soldati israeliani, le cineprese sono pronte a riprendere
Per rimettere la faccenda sui piedi, bisogna dire che in realtà non è accaduta nessuna “violenza” nei confronti dei palestinesi. Uno dei soldati in servizio di ordine pubblico dopo violenti incidenti si è lanciato all'inseguimento di uno dei giovani che tiravano pietre. Non sappiamo se gli fosse stato ordinato né cosa fosse accaduto prima, perché questa essenziale premessa è stata tagliata dal film della premiata ditta Tamimi. Era una provocazione, il soldato è caduto in una trappola. Ha fermato il giovane dimostrante, di cui naturalmente non poteva conoscere esattamente l'età, catturandolo senza usare armi o manganelli, semplicemente trattenendolo e mettendosi a cavalcioni del suo corpo quand'era a terra. Si è trovato poi circondato da una masnada: delle donne che sono saltate addosso a lui, degli uomini sullo sfondo che controllavano la situazione, un gruppo di operatori (non giornalisti, membri della premiata ditta) con la macchina da presa elettronica fornita dalle Ong antisioniste.
Aveva un'arma automatica sul fianco, avrebbe potuto usarla per colpre i suoi attaccanti, ha invece obbedito alle nuove regole di ingaggio dell'esercito appena entrate in vigore, estremamente restrittive (http://www.jns.org/news-briefs/2015/8/12/idf-issues-new-rules-of-engagement-in-judea-and-samaria ) e già molto criticate (http://www.jpost.com/Arab-Israeli-Conflict/Israel-tightens-rules-of-engagement-for-combat-troops-in-West-Bank-411868 ), anche a costo di lasciare andare il manifestante e di rischiare la vita.
Insomma, in un contesto (Siria, Irak, Sinai, Libia) in cui i morti sono migliaia al giorno, la stampa internazionale e le televisioni di mezzo mondo si sono accanite su un arresto movimentato, ma condotto con totale correttezza. Certamente Israele ha pagato un prezzo per il soldato caduto in questo agguato - e ci è caduto per le regole di ingaggio sbagliate, come ormai molti hanno denunciato anche nel governo (http://www.israelnationalnews.com/News/News.aspx/200082 ), perché la credibilità della dissuasione dell'intervento militare contro il terrorismo di attrito è stata messa seriamente a rischio (http://www.israelnationalnews.com/News/News.aspx/200078 ). Ma ci è caduto anche probabilmente per degli errori tattici sul campo, una sottovalutazione della pericolosità della ditta Tamimi.
E c'è l'errore strategico di sottovalutare e probabilmente di non voler dar peso alla violenza quotidiana che esercitano i palestinisti con l'appoggio determinante degli ultrasinistri israeliani ed europei e la copertura di Unione Europea e amministrazione Obama. Pensate che mediamente negli ultimi mesi ci sono stati dieci attacchi al giorno solo nella zona della città vecchia di Gerusalemme (http://www.israelnationalnews.com/News/News.aspx/199939 ), per non parlare del resto. Solo mentre scrivevo, mi sono arrivate le notizie di un tentativo di
investimento in macchina a Hebron contro quattro militari (http://www.israelnationalnews.com/News/News.aspx/200071 ) e di un attacco con armi da fuoco contro un automobilista a Kedumim (http://www.jewishpress.com/news/breaking-news/terror-attack-near-kedumim/2015/08/30 /). L'esercito avrebbe potuto fare di più e meglio per evitare questa difficile situazione (http://www.israelnationalnews.com/News/News.aspx/200087 ).
Ma bisogna dire che molti spettatori arabi di Al Jazeera sono rimasti colpiti dall'autocontrollo e dalla volontà di non nuocere dimostrata dai soldati e l'hanno messo in contrasto con l'atteggiamento delle forze armate nei loro paesi: http://www.jewishpress.com/news/breaking-news/aljazeera-arab-readers-shocked-by-restraint-kindness-of-idf-soldiers-in-nabi-salah/2015/08/30 /.
Quel che è inammissibile è il modo in cui la stampa (non solo i filopalestinisti fanatici, è caduta nella trappola di Pallywood. Vale infine la pena di insistere sul giudizio che abbiamo dato dal primo momento su questa storia. E' stata una messa in scena. Non un falso vero e proprio, come si era sospettato per una serie di stranezze nell'abbigliamento del soldato (la calzamaglia sul volto, l'assenza di mostrine, l'accento arabeggiante) ma una messa in scena, una sceneggiata napoletana, come qualcuno ha suggerito, quello che tecnicamente si chiama un “fattoide”. Un evento cioè artificiale, non genuino, una costruzione e una recita, interpretata dalla famiglia Tamimi al gran completo, che ha intrappolato il soldato. Se volete un paragone televisivo, una via di mezzo fra “C'è posta per te” e scherzi a parte. Solo che qui nessuno scherzava. A parte alcune lodevoli eccezioni, che in questa storia non c'entrano, l'informazione su Israele è guerra proseguita con altri mezzi. O se volete, pogrom mediatico.
Ugo Volli