Cari amici,
vi avevo promesso di parlarvi del modo e delle ragioni per cui una parte dell'ebraismo della Diaspora, in particolare in America, ha rinunciato a resistere all'accordo con cui Obama ha deciso di promuovere un regime oppressivo all'interno, violento e espansionista all'esterno, antisemita, antiamericano, terrorista come quello degli ayatollah in Iran a potenza regionale egemone sul territorio più delicato del mondo, il Medio Oriente, in spregio e a rischio di tutti gli alleati storici degli Stati Uniti nella regione e in particolare a Israele, che è anche la sola democrazia della regione. Ma il tema resterà di grande attualità nelle prossime tre settimane, fin quando il Congresso americano non voterà sull'accordo, e quindi ne riparleremo.
Oggi è urgente parlare delle dimissioni di Abbas, di cui i giornali (e quindi anche IC: http://www.informazionecorretta.com/main.php?mediaId=4&sez=120&id=59317) hanno dato notizia ieri, senza approfondire la notizia. Eppure queste dimissioni potrebbero (sottolineato: potrebbero) costituire una svolta strategica nel conflitto fra arabi e Israele. La prima cosa da sottolineare è che queste dimensioni sono per il momento parziali: Abbas era e resta il presidente dell'Autorità Palestinese (AP, che ora le fonti palestiniste, e di conseguenza i giornali italiani, tendono a chiamare “Stato di Palestina"). Eletto più di dieci anni fa per una carica che per legge dura quattro anni, con un Parlamento altrettanto scaduto e mai convocato e un governo nominato personalmente da lui, senza aver ricevuto la fiducia, dunque in una situazione di completa illegalità, Abbas non si è dimesso da questa carica. L'Autorità Palestinese è però il frutto di un accordo (quello di Oslo) fra Israele e l'Organizzazione per la Liberazione della Palestina (Olp). La sua legittimità (soprattutto agli occhi degli arabi) deriva dunque da questa delega. L'Olp è un'organizzazione politica di tipo stalinista, non tiene elezioni, è retta da un Comitato Esecutivo, di cui Abbas era presidente. Da questa carica si è dimesso. La fazione principale dell'Olp è Fatah, un “partito armato”, senza nessuna democrazia interna, che ancora svolge attività terroristica, il più importante della galassia palestinista insieme a Hamas. Anche di questo Abbas è il presidente e, per quel che si è capito, di qui non si è dimesso.
Gemelli del terrore.
Hamas: rifiutato
Fatah: approvato
La prima considerazione è che non si capisce granché di queste dimissioni. Se fosse una questione di salute (Abbas ha ottant'anni e non sembra sia in gran forma), avrebbe dato le dimissioni da tutte e tre le posizioni. Invece no. Anche se di fatto comanda su uno spazio piccolo come l'Umbria ed è continuamente insidiato dalle congiure di Hamas, il regime dell'AP è particolarmente opaco, è scosso spesso da lotte intestine, per esempio negli ultimi anni sono caduti in disgrazia l'ex uomo forte di Gaza, Dahlan, l'ex segretario dell'Olp, Rabbo, e l'ex primo ministro dell'AP Fayyad. Bisogna dunque leggere quel che traspare come si faceva una volta con l'Urss con quell'arte che era detta “cremlinologia”.
L'articolo di “Repubblica” che avete letto ieri su IC spiegava le dimissioni con scandali di corruzione, che certamente è dominante nel regime di AP, definito spesso “cleptocrazia”, dominio dei ladri. Ma di solito sui soldi ci si mette d'accordo, dato che si possono sempre dividere. Qualcuno in Israele (http://www.israelnationalnews.com/News/News.aspx/199780#.Vdm-hvntmko) ha notato che la fonte che ha dato la notizia dice che con Abbas si è dimessa “la maggioranza” dei 18 membri del comitato esecutivo dell'Olp: la maggioranza e non tutti. C'è dunque una divisione, uno scontro politico in corso. Prima di dimettersi Abbas ha anche fatto designare Erekat (il buffonesco e bugiardo “negoziatore capo” dell'AP di cui vi ho parlato spesso) come segretario generale del comitato esecutivo dell'Olp, al posto di Rabbo. E' su questa designazione, che è stata letta da molti come l'indicazione di un'eredità (Abbas stesso era segretario generale sotto la presidenza di Arafat) che è avvenuta la divisione? Resta il fatto che Abbas ha provocato in questa maniera la convocazione del comitato centrale sell'Olp, che non si riuniva da vent'anni, a quanto pare, e che ha la possibilità di sostituire tutti i membri del comitato esecutivo; e le sue dimissioni non diventeranno esecutive se non dopo la riunione del comitato centrale. Il che significa che potrebbero essere anche ritirate. Forse Abbas vuole eliminare l'opposizione che ne limita il potere.
"Elezioni" dell'Anp?
Ma se fosse, come qualcuno dice, la procedura per cedere il potere a un erede, magari illudendosi di farne il burattinaio, questo spiegherebbe perché Abbas si sia dimesso dalla carica dell'Olp e non da quella dell'AP: perché la legittimazione di un presidente dell'AP implicherebbe la convocazione di elezioni generali, che Abbas ha il fondato timore di perdere di fronte a un candidato di Hamas; mentre il fondamento democratico dell'Olp non va al di là dei settecentoventi membri del comitato centrale, buona parte dei quali controllati da Fatah, che Abbas ancora presiede.
Insomma siamo probabilmente in una fase di ricambio, non si sa se anche di successione: nei regimi totalitari i dittatori sanno bene che se cedono il potere molto probabilmente mettono a rischio la vita propria e dei propri parenti, oltre che naturalmente il bottino di anni di ruberie. Come questo ricambio potrà influenzare il cosiddetto processo di pace, è difficile dire. Abbas si era ritagliato un ruolo di “poliziotto buono” sul teatro internazionale, da cui il suo regime dipende diplomaticamente e finanziariamente, affidando il ruolo di poliziotti cattivi a molti personaggi del suo entourage, che non gli davano ombra e potevano diffondere il suo appoggio al terrorismo senza coinvolgerlo. E' una posizione che Abbas ha ricopiato da Arafat, intensificando ancora il suo carattere apparentemente mansueto e gentile (tanto che io mi sono permesso di soprannominarlo “coniglio mannaro”, rubando questo soprannome a Forlani). Adesso potrebbe andare al potere uno dei suoi “poliziotti cattivi” come Erekat; non è detto che lo stile di governo cambi, ma non è detto neanche il contrario. E' possibile che un nuovo presidente ritenga utile legittimarsi agli occhi della sua base con un'ondata terroristica (altra cosa che Arafat fece), piuttosto che vivere nell'ambiguità degli ultimi anni, visto che l'appoggio americano ed europeo non riesce a convincere Israele a suicidarsi per fare piacere ai “palestinesi”. Già siamo di fronte all'intensificazione del “terrorismo a bassa intensità” che Abbas ha scelto negli ultimi anni. E certamente incombono anche sul piccolo dominio dell'AP gli integralisti islamici, Hamas e la Jihad e anche lo Stato Islamico; ma d'altro canto l'AP non vive senza i soldi americani ed europei e senza la militare difesa che Israele ne fa, in nome del male minore, nei confronti dei complotti di Hamas. Insomma si apre una fase nuova, da guardare con attenzione e da cercare di decodificare giorno per giorno.
Ugo Volli