Cari amici,
permettetemi di prolungare un po' il mio ragionamento su Heidegger e il nazismo. Al di là degli interessi di bottega dei molti che hanno costruito la carriera sul ruolo di interpreti del vate germanico, c'è un problema più generale.
Ed è la volontà molto diffusa di dissolvere il nazismo in una categoria - questa sì “metafisica”, cioè estranea al nostro mondo storico e concreto - di “male assoluto”. “Assoluto”, dal latino ab-solutus, vuol dire etimologicamente “sciolto via”, “svincolato” e non a caso ha esattamente la stessa origine di “assolto” .
Un male assoluto è un male svincolato, senza condizionamenti o autori materiali, insomma un male mezzo assolto.
Martin Heidegger Hannah Arendt
Cerco di spiegarmi. Senza dubbio ricordate Hannah Arendt, saggista ebrea tedesca fuggita in America, contraria alla costituzione dello stato di Israele e per questo e altri ottimi motivi, membro del Pantheon delle sinistre politically correct, tanto da finire protagonista di un film (http://www.mymovies.it/film/2012/hannaharendt/ ) di quella regista Von Trotta che ha più volte espresso comprensione per il terrorismo (incluso quello anche antisemita della bande Baader Meinhof ( https://it.wikipedia.org/wiki/Anni_di_piombo_(film_1981) ).
Più che per i suoi contributi alla storia del pensiero antico, Arendt è famosa per la polemica contro il processo Eichmann, per la sua sostanziale assoluzione del carnefice nazista e la messa sotto accusa delle organizzazioni ebraiche di emergenza che si erano costituite nei ghetti e nei campi per volontà dei nazisti.
Se non ci fossero state loro, sostenne Arendt senza alcuna base storica, i nazisti non avrebbero potuto portare a termine la Shoah. Come se gli Einsatzgruppen che agirono al seguito delle truppe tedesche prima dell'organizzazione industriale del sistema dei ghetti e dei campi di sterminio, a partire dal '39, non avessero sterminato un milione e mezzo di persone appena rastrellate, senza provare neppure a organizzarne il lavoro e dunque una provvisoria sopravvivenza (https://it.wikipedia.org/wiki/Einsatzgruppen ).
Ma torniamo a Eichmann, che per la Arendt era una sorta di marionetta, non responsabile di scelte autonome, solo obbediente agli ordini, “incapace di pensare”, espressione della “banalità del male” che si produce industrialmente da solo. E' un'immagina totalmente falsa, che non corrisponde affatto alla biografia di Eichmann. Costui era un brillante ufficiale, un abilissimo organizzatore, ricco di iniziativa e di furbizia, come mostra la biografia che gli ha dedicato Bettina-Stangneth (http://www.amazon.com/Eichmann-Before-Jerusalem-Unexamined-Murderer/dp/0307959678 ).
Semplicemente la Arendt, pessima giornalista e storica oltre che persona moralmente mediocre, cadde in pieno nella messinscena del nazista che, come tutti i criminali del mondo, faceva lo scemo, cercava di convincere il tribunale che non aveva mai fatto niente e se c'era dormiva, o magari solo obbediva.
Non gli credette la corte, non l'opinione pubblica, non la storia (se oggi si ricorda la Shoah e si tengono giornate della Memoria in Europa è merito di quel processo). La scrittrice che si piccava di essere una politologa non avendo mai fatto politica né indovinato una previsione, sì.
Anzi, riuscì a far passare la “banalità del male” come un criterio generale di interpretazione del nazismo, una specie di negazionismo soft.
Perché ne parlo oggi? Perché Arendt non assolse solo Eichmann “perché non pensava”, ma anche Heidegger “perché pensava”. L'uno eseguiva ottusamente gli ordini, come tutti i nazisti, naturalmente; l'altro non si sporcava con la realtà, solamente “pensava” e dunque non era colpevole.
Aggiungete che l'unico che non poteva proprio obbedire agli ordini, perché solo li dava, e non poteva neanche permettersi di stare a contemplare la “storia dell'Essere” nella sua baita in montagna (ma ne aveva una anche lui, più bella della Hütte di Heidegger, il “nido dell'Aquila” sui monti della Baviera) era Hitler.
M Heidegger D.Di Cesare G.Vattimo
Il quale però si sa “era pazzo”. Il risultato di questo modo di pensare è che né gli esecutori, né gli ideologhi, né il Füher e i grandi capi sono colpevoli: chi pensa troppo, chi troppo poco, chi delira. In questa maniera il male è davvero assoluto, non è colpa di nessuno. Come dicono gli estremisti di sinistra, “liberi tutti!”. Il genocidio non è una colpa, è una strana fatalità. Anzi la colpa è degli ebrei, che si sono “autoannientati” (così sostiene Heidegger nei "quaderni neri", volgendo al riflessivo la parola tecnica tedesca per la Shoah, “vernichtern” e questo vi dà la misura, anche se non capite nulla di filosofia, della miscela di faccia tosta, cialtroneria e complicità che caratterizza questo losco figuro).
Ma la stessa idea è, secondo me, nient'affatto per caso, alla base della posizione ributtante di Arendt che incolpa i dirigenti ebraici dei ghetti, quasi tutti (auto)annientati anche loro come gli altri. E se ci pensate bene, questo è anche il senso della parola “Olocausto”, che è la denominazione greca di un sacrificio di espiazione. Per questo il mondo ebraico l'ha per lo più rifiutata e sostituita con “Shoah”, che significa disastro, distruzione.
Perché questa ostinata volontà di togliere concretezza (nomi, facce, persone) al “male assoluto” del nazismo? Perché la lotta per sottrarre all'etichetta di nazista i personaggi che se ne adornarono con consapevole fierezza? Perché la volontà di assolvere gli Heidegger, gli Eichmann, ma anche Céline, Ezra Pound, il Muftì di Gerusalemme, giù giù fino ai complici della provincia italiana, che certo non mancarono? Perché il tentativo sistematico di riabilitare complici e diffusori dell'antisemitismo, anche da parte delle chiese che li canonizzano, ne fanno delle figure esemplari, senza timore di negare l'evidenza?
La ragione fondamentale mi sembra semplice: c'è bisogno di negare che qualunque personaggio sia stato nazista e antisemita per nascondere il fatto che praticamete tutta l'Europa (tutta la Germania, tutta la Francia, tutta la Lituania, TUTTA L'ITALIA) è stata complice della Shoah, nonostante alcune limitate e per questo ancor più eroiche eccezioni.
Ormai i libri di storia che mostrano questo fatto sono numerosi. Prendete in mano, se non l'avete fatto “I volonterosi carnefici di Hitler” di Goldhagen o “Di pura razza italiana” di Mario Avagliano e Marco Palmieri, per citare solo due di questi lavori e vedrete perché, non potendo negare la Shoah, bisogna dire che i nazisti non furono nazisti, anzi, che nessuno lo fu davvero.
In questa maniera l'Europa, sotto la valorosa guida di Obama, può riprendere la sua vecchia strada e continuare le imprese di Torquemada e di Eichmann, realizzare i pensieri antisemiti di Sant'Agostino e San Giovanni Crisostomo, Kant e Voltaire, Marx e... Heidegger. Con l'unico differenza di rivolgersi, per discriminarlo, maltrattarlo e alla fine (auto)annullarlo non all'ebreo del negozio accanto o del ghetto accanto, ma allo stato degli ebrei, Israele.
Con la perfetta buona coscienza che se Heidegger e Eichmann non sono considerati oggi, nonostante tutte le prove, davvero colpevoli, non lo saranno in futuro Obama, Khamenei e i loro servi.
Ugo Volli