Quanto più metafisico l'antisemitismo, tanto più genocida la filosofia
Cartoline da Eurabia, di Ugo Volli
Cari amici,
vale la pena di approfittare della calma dell'estate, ignorando polemiche strumentali e sparate isteriche, per capire l'importanza culturale e politica delle recenti rivelazioni che confermano il nazismo di Heidegger.
Partiamo dai dati di fatto. Che Heidegger si fosse iscritto al partito nazista nel 1933, che esplicitamente da nazista abbia tenuto per un anno il rettorato dell'università di Friburgo col programma esplicito di adeguarne la vita al culto di Hitler e al Fuehrerprinzip, è ben noto da sempre.
E' noto anche che Heidegger entrò in disgrazia per il suo estremismo (agli occhi del regime!), più o meno in contemporanea all'eliminazione fisica dei “duri e puri” della milizia di partito SA, cui è stato spesso accostato.
Che però non fu disturbato né rimosso dall'insegnamento, e che mantenne la tessera nazista fino alla fine. Che anche dopo la caduta del nazismo si rifutò di condannarlo, rendendo pubbliche anzi alcune dichiarazioni così incredibilmente offensive nei confronti delle vittime della Shoà (paragonata alla meccanizzazione dell'agricoltura!) da togliere ogni dubbio.
Via via che i testi dei suoi seminari venivano pubblicati, si chiariva la profonda sintonia delle sue tesi filosofiche con quelle politiche naziste. Il suo torbido “gergo dell'autenticità”, come l'ha chiamato Adorno), era puntualmente corrispondente alle tesi naziste, salvo il fatto che parole semplici e terribilmente chiare come “razza”, “soluzione finale” ecc. erano occultate dietro espressioni complesse.
Dopo molto sospetti in questo senso l'ha mostrato con chiarezza qualche anno un libro di Emmanuel Faye intitolato “Heidegger, l'introduzione del nazismo nella filosofia” (http://www.lasinodoroedizioni.it/libri/18/heidegger-l-introduzione-del-nazismo-nella-filosofia ) che vi consiglio caldamente.
Trovate qui le contrapposte letture di Vattimo e Ferraris: http://www.filosofia.it/argomenti/e-faye-heidegger-e-il-nazismo-in-filosofia . Queste spiegazioni sono state furiosamente contestate o tortuosamente messe fuori campo dal folto gruppo di filosofi che in Italia come in Germania in Francia e altrove, hanno costruito la loro carriera sul commento e l'esaltazione delle opere di Heidegger e dei suoi allievi.
L'aspetto più bizzarro di questa faccenda è che il pensiero di Heidegger, furiosamente intollerante della vita civile di una democrazia liberale e violentemente orientata a un passato mitico dove regnava l'autorità dell'Essere, ha fatto proseliti soprattutto a sinistra, è sembrata a molti una buona base mitica per rifiutare il successo della civiltà occidentale. Dato che più che discussioni razionali essa sviluppa un'ermeneutica fideista, non bisognerebbe parlare tanto di una scuola filosofica quanto di una sorta di gruppo religioso, dove il dubbio non ha proprio spazio.
Sembrava che almeno nel mondo ristretto della filosofia “continentale” (come si è definita per contrapposizione agli “analitici” inglesi e americani), gli heideggeriani fossero riusciti a scomunicare e a rimuovere le accuse di nazismo non solo alla biografia ma al pensiero di Heidegger, quando il loro maestro li ha grandemente delusi. Per disposizioni esplicita di Heidegger, alla fine della ponderosa opera omnia si sono pubblicati i testi contenuti in alcuni quaderni di appunti riservati (chiamati “quaderni neri” per via della loro copertina). In questi quaderni sono contenute non solo esplicite e chiarissime espressioni di antisemitismo, ma anche una serie di altre note che mostrano l'orientamento politico di Heidegger continuamente e violentemente schierato secondo l'ideologia del nazismo, tanto violentemente anzi da criticarne i compromessi con la modernità. Nei quaderni neri è facile leggere il “dizionario” dei significati politici di quel gergo con cui Heidegger rendeva oscuri i suoi opensieri negli interventi (Qui trovate tutte le reazioni: https://orsigiacomo.wordpress.com/2015/01/18/152/ ).
Maurizio Ferraris, uno dei più importanti filosofi italiani contemporanei ed esperto riconosciuto di Heidegger pur essendosi distanziato nettamente parecchi anni fa dalla setta dei suoi ammiratori, ha spiegato in un convegno cui ho partecipato (non ne ho trovato una versione scritta e quindi non posso citarlo letteralmente) che c'è una sola spiegazione per la scelta mantenuta ferma da Heidegger nei suoi ultimi anni, cioè ben dentro l'affermazione di un sistema di governo democratico in Germania Federale, di far pubblicare questi appunti riservati, ma per ultimi, cioè dopo una quarantina d'anni o più, come è accaduto: la convinzione che Heidegger condivideva con Hitler, che la vittoria della democrazia fosse solo un fragile incidente di percorso e che presto la Germania sarebbe tornata al nazismo e avrebbe riconosciuto la sua profetica fedeltà.
Hannah Arendt testimoniò in favore di Heidegger, salvandolo dal processo di Norimberga
Non so se sia vero, ma certamente questi testi costituiscono l'ultimo suggello che Heidegger volle dare alla sua opera, la sua stessa definitiva autointerpretazione. Che, lo ripeto, è nazista e antisemita al di là di quelunque ragionevole dubbio. C'è un argomento che molti cercano di usare per squalificare anche questa testimonianza ed è il fatto che il nazismo di Heidegger sarebbe un fatto privato, un'incidente biografico, qualcosa di inessenziale, come il nazismo del grande fisico Werner Heisenberg, ributtante sul piano umano ma ininfluente sul suo contributo scientifico; o se si vuole restare in filosofia, come l'antisemitismo ossessivo di Gottlob Frege, che non falsifica i suoi importanti risultati in logica e filosofia della matematica.
Ma proprio questo è il punto. E' ovvio che è agevole separare le opinioni politiche da contesti come la logica e la fisica, i cui risultati sono dimostrati secondo procedimenti rigorosi e controllabili. La filosofia ha spesso aspirato a questo statuto (basta pensare a Spinoza, Cartesio, Kant, Husserl che hanno costruito delle strutture argomentative serrate per le loro tesi). Ma certo questo non vale per Heidegger che sempre più nel corso della sua carriera ha assunto un tono oracolare, rinunciando completamente alla dimostrazione dei suoi assunti o appoggiandosi a testi poetici o addirittura a vaghe etimologie, spesso filologicamente errate.
Dunque, in definitiva, era la sua intuizione il solo criterio di verità per concetti nient'affatto banali come “l'essere-per-la-morte”, l'uomo “pastore dell'essere”, la verità come “radura”, la “differenza ontologica” fra l'Essere e gli enti.
Donatella Di Cesare Gianni Vattimo, diffusori in Italia del pensiero di M.Heidegger
Se questa intuizione lo porta poi anche all'antisemitismo, com'è possibile separare le due cose? Se questo antisemitismo è poi “metafisico”, come ha sostenuto una esponente autorevole della scuola misterica heideggeriana, le cose sono ancora più chiare. Perché “metafisico” non vuol dire certo che non è empirico, cioè che non si è espresso nella realtà dei fenomeni: tutta la biografia di Heidegger è lì a dimostrarlo. Ma significa invece che la sua metafisica (o la sua “decostruzione della metafisica”), insomma tutta la sua filosofia sono di fondo antisemite. Soprattutto se in questo pensiero vi è la coerenza interiore, la profondità di progetto che i suoi seguaci le attribuiscono.
E dato che Heidegger non aveva la pretesa di pronunciare delle verità astratte senza conseguenze, ma di essere maestro ed educatore della sua nazione per l'azione, questo vuol dire che lo stesso filosofo rivendicava un senso pratico del suo antisemitismo - quale potesse essere fra il '38 e il '45 -le date di queste annotazioni - tale senso pratico, non è difficile immaginare.
Insomma, quanto più intimamente necessaria e lucida la filosofia, quanto più metafisico l'antisemitismo, tanto più vicino il genocidio al cuore e soprattutto alla mente di Heidegger
Ugo Volli