Belgio: i media francofoni contro Israele 07/08/2015
Manfred Gerstenfeld intervista Joël Kotek
Autore: Manfred Gerstenfeld
Belgio: i media francofoni contro Israele
Manfred Gerstenfeld intervista Joël Kotek

(Traduzione di Angelo Pezzana)

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Joël Kotek

Joel Kotek, insegna alla “Free University” di Bruxelles e a “ Sciences Po” di Parigi. Il “Coordination Committee of the Belgian Jewish Organizations (CCOJB)” ha di recente pubblicato la sua analisi su come Israele viene descritta sui media francofoni belgi. “ In Belgio l’ossessione anti-Israele ha origine in tre fattori, facilmente identificabili, come ho già avuto modo di spiegare anni fa. Il primo unisce l’anti-semitismo cristiano con la tradizione successiva che identifica lo “spirito ebraico” con il capitalismo. Un secondo fattore è la nevrotica memoria della Shoah associata con il senso di colpa. Particolarmente evidente nelle Fiandre, a causa dell’intensa collaborazione durante la 2° guerra mondiale con l’occupante nazista. Un terzo fattore è l’anti-semitismo dovuto all’immigrazione musulmana. Per ottenere i loro voti e quelli dei loro discendenti, i politici belgi promuovono iniziative anti-Israele”.

“L’anti-sionismo è diventato in Belgio una religione civile. I palestinesi hanno sempre ragione e gli israeliani sempre torto. Nei loro testi sacri si legge che tutto quello che succede in Medio Oriente è colpa di Israele”.

“L’anti-sionismo nella società belga è molto presente nei media. I corrispondenti da Israele dei giornali francofoni vengono pagati solo se i loro articoli vengono pubblicati. Perché dunque dovrebbero perdere tempo e fatica nel raccontare aspetti positivi di Israele – per esempio nel campo scientifico – sapendo che l’articolo gli sarà respinto dal giornale e non verrà quindi pagato?"

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Il Museo ebraico di Bruxelles, dove nel maggio 2014 un terrorista islamico uccise quattro persone

“Anche l’Operazione Scudo Protettivo del 2014 ha dimostrato il pregiudizio contro Israele. Il conflitto israelo-palestinese era presentato in molti servizi come una aggressione contro innocenti civili palestinesi – bambini, in particolare – da parte di soldati israeliani assetati di sangue".

“Fra i tanti esempi, il pregiudizio più rilevante è uscito il 4 agosto 2014 su RBTF, la televisione di stato belga in lingua francese. Iniziava col mostrare cadaveri di bambini palestinesi, poi, subito dopo, in stretta connessione, immagini che non c’entravano nulla di soldati israeliani che cantavano e ballavano".

“Una propaganda usata una volta nei vecchi film con immagini inventate per raccontare in varie sequenze cose mai avvenute. Veniva chiamato ‘effetto Kuleshov’, dal nome del regista russo-sovietico Lev Kuleshov, all’inizio del secolo XX".

“Invece, sugli omicidi di massa (veri) che avvenivano in altri paesi del Medio Oriente, l’approccio di quegli stessi media era ‘ragionevole’ e ‘responsabile’. Gli omicidi di musulmani da parte di altri musulmani erano ‘ripuliti’,’presentabili’. I media riportavano i bombardamenti o i combattimenti, ma raramente le vittime, che fossero miliziani o civili. Potremmo dire che la ‘barbarie musulmana rimaneva come sfocata’ ".

“ L’attenzione eccessiva dei media al conflitto israelo-palestinese è stata oggetto della ricerca del belga Marc Lits, esperto di comunicazione. Nel 20012 ha verificato che RTBF e un’altra stazione in francese RTL-TV1, avevano dedicato il 24% dei programmi di notizie al Medio Oriente, mentre nel resto del mondo raggiungeva a mala pena il 10%. Nella regione mediorientale, le notizie su Israele sono l’88%, molte volte il totale di tutti gli altri paesi del M.O. messi insieme. Israele da sola rappresenta più del 20% di tutti gli altri telegiornali".

“Se paragoniamo le vittime civili causate dall’esercito israeliano in difesa del proprio paese a quelle causate dalle guerre in Siria e Iraq, si scopre che in questi due paesi i morti sono stati cento volte di più. Durante la 2° guerra mondiale 22.000 civili francesi vennero uccisi nei bombardamenti alleati in Normandia prima dell’arrivo delle forze alleate. 30.000 nemici civili furono uccisi a Dresda dagli Alleati. Ecco fra i tanti esempi la prova del pregiudizio dei media quando si tratta dell’esercito di Israele. Ovviamente, ogni vittima civile è da deprecare, ma ogni guerra è sporca per definizione. In ‘Scudo Protettivo’ morirono circa 2000 persone, metà dei quali combattenti palestinesi".

“Un fattore determinante nel pregiudizio dei media è l’omissione delle caratteristiche fondamentali di Hamas, il movimento politico palestinese più diffuso, il cui statuto lo qualifica come genocida e islamo-fascista. I giornalisti che omettono questo fatto nei loro articoli manipolano l’informazione".

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Europa, una storia di ordinario antisemitismo

“Nel perdurare del pregiudizio ci sono anche importanti fattori sociologici e ideologici, che derivano dall’estrema sinistra come dall’estrema destra, e rivela le preoccupazioni della moderna società belga, inclusa una generale disillusione, l’impatto della globalizzazione e dell’anti-capitalismo e le conseguenze del fallimento della mancata integrazione nella cultura del paese delle minoranze. L’anti-sionismo serve così a una varietà di cause che attraversano la popolazione belga, a destra come a sinistra, fra laici e cattolici, fra valloni e fiamminghi”.

Secondo Kotek, il Belgio appartiene al gruppo più anti-Israele dei paesi europei, che include Norvegia, Svezia e Irlanda. I pregiudizi della stampa belga vanno al di là di quella di Francia, Italia o anche inglese. Nei resoconti del conflitto del 2014 a Gaza, la maggior parte dei giornalisti inglesi, francesi, italiani non erano pro-Israele. Eppure i loro articoli erano meno faziosi di quelli dei loro colleghi belgi.

“Pregiudizi e immagine negativa di Israele che i nostri media hanno costruito negli anni non sono soltanto un semplice contributo al clima avvelenato su Israele che esiste in Belgio. Non è esagerato affermare che i nostri media hanno facilitato la diffusione dell’anti-semitismo".

“Jean-Christophe Rufin, in un suo famoso saggio del 2004 sull’anti-semitismo, commissionato dal Ministro degli Interni francese, aveva già sviluppato questo concetto. Sugli atti antisemiti, Rufin aveva definito tre livelli di responsabilità: violenti, manipolatori ( ideologici, politici, terroristi), complici, che con opinioni o con il silenzio, legittimavano gli attacchi”.

Kotek conclude: “La mia tesi contiene una riflessione importante. Le conseguenze dello sviluppo nei media negli ultimi 30 anni del pregiudizio contro Israele è altrettanto importante. Se Israele, anche se lontanamente, dovesse assomigliare alla caricatura di come la dipingono i media, tutte le persone in buona fede, da Antwerp a Bruxelles, dovrebbero opporsi a questo nemico dell’umanità, e perché no imbracciando un Kalashnikov!”

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Manfred Gerstenfeld è stato presidente per 12 anni del Consiglio di Amministrazione del Jerusalem Center for Public Affairs. Collabora con Informazione Corretta. E' appena uscito il suo nuovo libro "The war of a million cuts" (in inglese). E' una analisi di come ebrei e Israele sono delegittimati e come farvi fronte.


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