La fine di un’era 17/07/2015
Analisi di Mordechai Kedar
Autore: Mordechai Kedar
La fine di un’era
Analisi di Mordechai Kedar

(Traduzione dall’ebraico di Rochel Sylvetsky, versione italiana di Yehudit Weisz)

Potete leggere qui l'articolo in inglese.

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Come limitare l'Iran nucleare. Obama: "Questo dovrebbe bastare!"

Niente più “Liberté, egalité e fraternità”: sono ora sostituiti dal riconoscimento del regime più buio che l'uomo conosca. Negli ultimi 226 anni, il 14 luglio è ricordato come “La presa della Bastiglia”, il giorno in cui la famigerata prigione parigina cadde nelle mani dei rivoluzionari che si erano ribellati contro il re Luigi XVI, durante la Rivoluzione francese del 1789.

La presa della Bastiglia simboleggia la caduta della monarchia francese e del suo dispotismo e l’istituzione della Repubblica, la nazione del popolo, sulle basi di libertà, uguaglianza e fraternità. La Rivoluzione francese è diventata un modello per molti altri popoli che hanno preso il proprio destino nelle loro mani, ed è quindi giusto considerare il 14 luglio 1789 come il giorno che ha inaugurato l’era della democrazia, il potere di persone coraggiose che hanno sconfitto il dispotismo, distrutto una dittatura e fondato la struttura democratica di una società civile, con libertà e indipendenza per tutti. 226 anni più tardi, in quello stesso giorno, il 14 luglio 2015, i rappresentanti di diverse democrazie - tra cui la Francia - insieme con i rappresentanti di Paesi meno democratici come Russia e Cina, hanno firmato un accordo in cui il mondo democratico si è arreso alla dispotica dittatura dell’Iran.

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Israele e Iran

Autorizzando il suo programma destinato a ottenere un’egemonia regionale, forse anche sovranazionale, ignorando il ruolo distruttivo che il Paese degli ayatollah svolge in Paesi come Yemen, Siria, Iraq e Libano. Ma quel che è peggio, anche moralmente, è lo scenario siriano: l’Iran sostiene pubblicamente Assad, con il comandante della forza iraniana Quds, responsabile della battaglia per salvare il regime e al comando di tutte le forze che lottano per sostenerlo troviamo Hezbollah , i resti dell’esercito siriano e i “volontari” afgani costretti dall’Iran a venire in Siria. Tutto il mondo è a conoscenza degli omicidi di massa dei cittadini siriani da parte dell’Iran, li vede in televisione, ma tace. L’accordo firmato a Vienna non menziona neppure la tragedia siriana di cui l’Iran è il responsabile.

L'Iran ha distrutto l’unica nazione araba pseudo-democratica del Medio Oriente, il Libano, armando la milizia sciita Hezbollah, sconvolgendo così il delicato equilibrio etnico nel paese, trasformandolo in uno Stato governato da un solo uomo, Hassan Nasrallah, che non ha esitato ad avviare un’operazione militare nel 2006, causando migliaia di morti e il crollo delle infrastrutture del paese. L’Occidente, bastione della democrazia, non ha chiesto all’Iran di cessare la distruzione del Libano. L’Iran sta cercando di trasformare lo Yemen in un altro Stato satellite al fine di controllare lo Stretto di Bab el-Mandeb e minacciare l’Arabia Saudita da sud. I sauditi hanno creato una coalizione di stati arabi per proteggersi, per cui lo Yemen è diventato un campo di battaglia che ha visto migliaia di morti. L’accordo siglato con l’Iran non contiene alcuna richiesta di rispettare lo Yemen e il suo fragile sistema politico.

L’Iran non nasconde la volontà di distruggere Israele, il che significa che l’accordo di Vienna non è altro che una pugnalata alla schiena del popolo ebraico, con le potenze occidentali nella parte di coloro che tengono il coltello. E’ interessante che la Germania, tra tutte le nazioni, sia un partecipante attivo e centrale nel permettere all’Iran di finire il lavoro che Hitler non riuscì a completare. Il regime iraniano governa il proprio paese con pugno di ferro, camere di tortura e gru nelle strade sulle quali impiccano chi viene ritenuto criminale. Un regime che flagella in pubblico le donne se solo osano indossare indumenti che non si adeguano totalmente ai dettami degli Ayatollah. L’accordo siglato con l’Iran non richiede che siano rispettati i diritti umani, la libertà politica o i diritti delle minoranze e delle donne. L’accordo legittima invece l’attuale regime, così simile a quello di Luigi XVI, accogliendolo nella famiglia delle nazioni del XXI secolo.

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Nel giorno della Presa della Bastiglia di quest'anno, il 14 luglio 2015, Francia (sì, la Francia!), Gran Bretagna, Germania e Stati Uniti d’America hanno tradito i valori della democrazia, della libertà e del governo del popolo, concedendo a uno dei più bui, più violenti e anti-democratici regimi al mondo, la licenza di continuare a sviluppare il programma nucleare che gli permetterà di sottomettere gli stati vicini e finanziare il terrorismo in ogni angolo del mondo, come sta già facendo dal 1979 dichiarando di voler “esportare la rivoluzione”. Il tempo che ha avuto inizio con la presa della Bastiglia di Parigi sta arrivando a una triste fine: 226 anni dopo che la bandiera della libertà era stata issata bene in alto, l’Occidente democratico si è piegato all’intransigenza dittatoriale islamica dell’Iran.

Diverse ragioni stanno dietro la sottomissione dell’Occidente all’Iran:

- Lo strenuo desiderio di Obama di essere ricordato nei libri di storia come la persona che ha fatto almeno una cosa positiva per il raggiungimento della pace nel mondo, dopo aver ricevuto il Premio Nobel per la Pace.

- La spinta dei Paesi europei ad aprire il mercato iraniano alla stagnante industria europea, che spera così di ricevere centinaia di miliardi, scongelati dalla UE.

- Una convinzione delirante: che sia possibile supervisionare i piani iraniani per acquisire armi nucleari, quando secondo i termini del contratto, nessuno ha il diritto di entrare nei siti sospetti senza il permesso del governo iraniano.

- La speranza che in altri 15 anni - una volta che il periodo di sorveglianza è finito - l’Iran si sarà trasformato in una nazione amante della pace.

La risposta del mondo arabo
Durante le ore successive alla firma dell’accordo, i governanti del mondo arabo sono rimasti in silenzio, soprattutto se messi a confronto con i giudizi provenienti da Israele. Ci sono diverse ragioni: Nel mondo arabo, gli uomini sono tenuti a mantenere la calma, non importa quale sia la calamità che li colpisce, perché le emozioni, le reazioni rumorose, sono considerate un atteggiamento femminile. I governanti arabi cercano di esibire un contegno serio e pratico, come un imperativo culturale e come parte di un rigoroso codice di comportamento. I sauditi, poi, portano tutto questo agli estremi. I governanti dei paesi arabi si rendono conto che la situazione è ormai un dato di fatto e stanno cercando di trarne vantaggio: hanno inviato telegrammi di congratulazioni al Presidente dell’Iran, non per mostrare il loro sostegno all’accordo, ma perchè il loro nome non appaia sulla lista di quelli… che non hanno mandato telegrammi di felicitazioni.

L’Arabia Saudita ha avvertito che sta per iniziare una corsa agli armamenti nucleari, e questo, dopo che i sauditi avevano finanziato il programma nucleare del Pakistan, il che fa capire che quando arriverà il giorno, l’Arabia Saudita otterrà tutto ciò di cui ha bisogno da quel paese. I Paesi arabi, in particolare l’Arabia Saudita e gli Emirati Arabi Uniti, aumenteranno l’aiuto logistico e finanziario già fornito ai ribelli siriani, forse addirittura all’ ISIS, in modo da contenere il tentacolo libanese-siriano della piovra iraniana. Anche la Turchia, uno stato sunnita, giocherà un ruolo negli sforzi anti-iraniani, aumentando il suo aiuto alle organizzazioni che combattono Assad. L’Arabia Saudita e gli Emirati Arabi Uniti aumenteranno gli aiuti che stanno fornendo ai sunniti iracheni, permettendo loro di espandere le attività violente contro l’attuale regime sciita in Iraq, burattino dell’Iran.


Sunniti e sciiti nel mondo islamico (in verde scuro i Paesi a più alta percentuale sciita)

L’Arabia Saudita e gli Emirati Arabi Uniti aumenteranno con ogni probabilità la quantità di petrolio che esportano su un mercato petrolifero già saturo, in modo da diminuire l’introito che l’Iran otterrà per il greggio che l’accordo di Vienna gli permetterà di vendere. L’abbassamento del prezzo del petrolio renderà gli investimenti nello sviluppo di nuovi giacimenti petroliferi in Iran non finanziariamente vantaggiosi, in modo che i sauditi e gli Emirati Arabi Uniti riusciranno a congelare alcuni degli investimenti stranieri in Iran. L’Arabia Saudita e gli Emirati aumenteranno con ogni probabilità gli aiuti che già stanno dando ai gruppi ribelli in Iran, come i baluci e i curdi, entrambi sunniti, nella speranza che i loro sforzi daranno frutti e - inshallah – venga rovesciato l’attuale regime. L’Arabia Saudita e gli Emirati Arabi Uniti aumenteranno il livello dei loro finanziamenti alle organizzazioni guidate da Mojahedin-e-Khalq che si oppongono al regime iraniano, in modo che possano rafforzare i loro sforzi per individuare i luoghi segreti in cui l'Iran sta sviluppando armi nucleari.

Queste organizzazioni in passato avevano già rivelato installazioni segrete, quelle che gli iraniani “dimenticarono” di riferire all’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica, nonostante avessero firmato l’accordo sulla non proliferazione nucleare. Con ogni probabilità l’Arabia Saudita aumenterà il proprio controllo sulla minoranza sciita del regno, per sottrarla all’ influenzata dell’Iran. Questo potrebbe aumentare le tensioni tra sauditi e iraniani che vengono in pellegrinaggio alla Mecca. In passato ci sono stati scontri sanguinosi fra pellegrini iraniani e regime saudita. Tuttavia non si è ancora verificata la cosa più importante: John Kerry e Juad Zarif devono ancora ricevere il loro Premio Nobel. Non importa se il mondo sprofonderà in una pericolosa e drammatica “Era Iraniana” che cancellerà tutti i risultati conseguiti dopo il 14 Luglio 1789.

Mordechai Kedar è lettore di arabo e islam all' Università di Bar Ilan a Tel Aviv. Nella stessa università è direttore del Centro Sudi (in formazione) su Medio Oriente e Islam. E' studioso di ideologia, politica e movimenti islamici dei paesi arabi, Siria in particolare, e analista dei media arabi.
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