Gentilissima Redazione,
non ho ben capito la Vostra risposta alla lettera pubblicata oggi sotto il titolo “L’ipocrisia del Vaticano”. Essa sembra condividere il pensiero, espresso in termini piuttosto oscuri dal lettore, che la Santa Sede (o la Chiesa in generale: il riferimento ai “santi padri” non è chiarissimo) debba aspettarsi ritorsioni dallo Stato di Israele in seguito alla stipulazione di un accordo con lo Stato di Palestina. Ciò che mi lascia perplessa è il Vostro riferimento alla sentenza della Corte Suprema israeliana su Cremisan: citarla a tale proposito suggerisce l’idea di una sentenza politica, il che minerebbe l’indipendenza ed autorevolezza della Corte. Spero di aver capito male, ma non sarebbe meglio spendere due parole in più o, se preferite, in meno piuttosto suscitare dubbi che farebbero, senza dubbio alcuno, la gioia di chi detesta Israele? Ho letto la traduzione in inglese della sentenza, pronunciata all’inizio di questa settimana, sul sito della Società St. Yves - Centro Cattolico per i Diritti dell’Uomo e – posto che sia accurata – mi sembra che la Corte si limiti a non impedire l’inizio dei lavori di costruzione del muro (“wall”) per il fatto che il tracciato da ultimo presentato si conforma alla precedente sentenza della stessa Corte, che imponeva di non separare i due conventi salesiani fra loro e da Beit Jala (la cui popolazione è, almeno in parte, cristiana), e che lo Stato ha assicurato che i proprietari palestinesi dei terreni agricoli interessati dai lavori manterranno l’accesso agli stessi (anche se immagino che ne perderanno una parte, visto che su di essi sorgeranno la barriera e la relativa fascia di rispetto). Se ho ben interpretato la sentenza stessa (l’ultima), le terre dei due conventi dovrebbero restare dal lato palestinese al pari degli edifici: se ciò include anche i terreni agricoli, in particolare quelli, famosi per i vigneti, del monastero maschile, allora le proprietà ecclesiastiche non sarebbero minimamente toccate. Vi risulta diversamente? Con i più cordiali saluti,
Annalisa Ferramosca
Ha perfettamente ragione: la sentenza non è "politica", e generare confusione su questo punto può solo portare - surrettiziamente - a minare la credibilità della separazione dei poteri in Israele.
Come vede, lasciamo volentieri la parola ai nostri più affezionati lettori, inclusa naturalmente lei stessa. Questo significa che le opinioni possono divergere, pur nell'interesse comune per la difesa di Israele dai suoi detrattori.
IC redazione