Sharia e poligamia in Gran Bretagna: come contrastarle? 05/07/2015
Autore:

Gentilissima Redazione, ho letto con molto interesse l’articolo sulla diffusione dei matrimoni celebrati nel Regno Unito con il solo rito musulmano e sul connesso rischio di poligamia. Mi chiedo che cosa si possa fare al riguardo, al di là del non riconoscere effetto legale a tali matrimoni (ai fini di un ricongiungimento familiare, dell’acquisizione della cittadinanza, della pensione di reversibilità) e tutelare le spose (e gli eventuali sposi) minorenni. In società democratiche come le nostre, in cui nessuna norma vieta la convivenza more uxorio o le relazioni sessuali fuori del matrimonio, in cui (ad esempio in Italia) non c’è più distinzione tra figli nati nel o fuori del matrimonio, in cui nulla impedisce di lasciare per testamento parte del proprio patrimonio ad una convivente od amante, in cui è impensabile stigmatizzare i ‘concubini’, che cosa si può fare per impedire che persone si sposino con il solo rito religioso? E come impedire i matrimoni plurimi privi di effetti civili? Se la seconda o terza o quarta moglie accettano di convivere (nella stessa o in case separate) e la prima non chiede il divorzio (non so se in qualche Paese europeo sia ancora contemplato un reato di adulterio, per il quale la moglie possa querelare il marito), che cosa può fare lo Stato? punire la sola poligamia (pure quando c’è un solo matrimonio con effetti civili) come condotta scandalosa, mentre resterebbero lecite tutte le altre convivenze e relazioni sessuali, anche simultanee, tra maggiorenni consenzienti? quanto reggerebbe una simile soluzione di fronte alle corti costituzionali? E se il matrimonio religioso è clandestinamente celebrato in casa della sposa, come accertarlo? Si tratta di un problema enorme, cui penso da anni senza trovare soluzioni efficaci e compatibili con i nostri ordinamenti. Spero che almeno ciò induca ad una politica più restrittiva in fatto di immigrazione, ma con riguardo a quanti sono già cittadini, magari per nascita, temo che si possa agire solo indirettamente, soprattutto vigilando sull’educazione dei bambini e ragazzi (sia scolastica che familiare) ed applicando senza timidezza le nostre norme nazionali in ogni campo, dalla repressione di ogni forma di violenza alla protezione delle donne contro ogni atto discriminatorio. Almeno questo, però, dovremmo farlo con assiduo impegno, per rispetto di noi stessi e del prossimo. Molto cordialmente,

Annalisa Ferramosca

Grazie per la lettera ricca di spunti. Certamente è vero che è più semplice stigmatizzare il problema rispetto all'elaborazione di contromisure per contrastarlo. Intensificare i controlli potrebbe essere un punto di partenza capace di portare risultati. Si potrebbe inoltre introdurre norme di espulsione severe per casi come questi. L'unica certezza è che si tratta di una questione drammaticamente urgente da affrontare, soprattutto per l'Europa-Eurabia.

IC redazione