Israele si protegge con Iron Dome, Hamas si nasconde sotto le carrozzine dei neonati
Il titolo del New York Times è lapidario nella sua linearità: “L’esercito israeliano uccide un teenager nel West Bank”. Una linearità ignobile, che descrive solo la parte che può servire a macchiare l’immagine di Israele. Ancora più pesante quello al commento di Gideon Levy su Haaretz: “Pena di morte per chi lancia pietre “. Come sempre la titolazione interpreta, falsificandola, la realtà.
Il fatto è avvenuto venerdì mattina, su una strada tra Gerusalemme e Ramallah, nei pressi del posto di blocco di Kalandiya. La Divisione militare Binyamin di Giudea e Samaria stava effettuando dei controlli, quando è stata attaccato da un gruppo di giovani arabi, cha colpiva l’auto del colonnello Israel Shomer, mandando in frantumi il vetro anteriore, con un fitto lancio di pietre. Senza un immediato intervento la vita dei soldati sarebbe stata in pericolo, anche perché l’attacco si rivelava organizzato nei minimi particolari, quindi non il risultato di una decisione presa all’improvviso. Che le pietre possano uccidere è dimostrato da una infinità di casi precedenti, le vittime, israeliane, non fanno nemmeno notizia sui nostri media. Se poi, nel bloccare gli assalitori, qualcuno di questi ultimi ci rimette la vita, quel tipo di morte verrà esibito a gloria della vittima, diventata immediatamente un martire, da commemorare con tutti gli onori e da ricordare come esempio.
Hamas spara missili dai parchi giochi
Che gli israeliani abbiano il diritto di difendersi, paradossalmente non viene riconosciuto, semmai succede il contrario, come dimostra la sentenza del Consiglio dei Diritti Umani dell’Onu di pochi giorni fa a Ginevra. Con la frase “misure sproporzionate” si nasconde la verità, Israele non attacca mai nessuno, non dichiara guerra, nemmeno ai terroristi, ma quando la misura è colma – come nel caso di Gaza della scorsa estate – si difende a attacca. Se poi le vittime sono “sproporzionatamente” più alte fra i suoi nemici, questo dipende da una loro precisa scelta, divenuta l’emblema della cosiddetta “guerra asimmetrica”.
Nel caso di Hamas, l’aver posizionato le rampe di lancio dei missili da lanciare contro i civili israeliani in luoghi affollati, scuole, ospedali, abitazioni in grandi condomini, ovunque il numero delle vittime civili possa essere alto. Se questa tecnica, tanto vile quanto cinica, venisse messa in risalto, l’opinione pubblica internazionale trarrebbe altre conclusioni. Ma questo non avviene, Gideon Levy, su Haaretz, scrive che in Israele esiste la pena di morte e il delitto commesso è il lancio di pietre. Nulla di più falso. E’ vero invece che alla Knesset è in discussione una legge che aumenta la pena massima a 20 anni – da 10 - la reclusione per chiunque attacchi con pietre chi è alla guida di un veicolo, civile o militare.
Angelo Pezzana