Francia: l’elefante nella stanza 03/07/2015
Commento di Zvi Mazel
Autore: Zvi Mazel/Michelle Mazel
Francia: l’elefante nella stanza
Commento di Zvi Mazel

(Traduzione di Angelo Pezzana)

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Manifestazione antisemita e anti-israeliana in Francia

Dal massacro di Charlie Hebdo e al supermercato Hyper Casher, la Francia ha raggiunto all’inizio di quest’anno il livello più alto del terrorismo islamico. Eppure è stranamente riluttante ad affrontare un fenomeno che minaccia l’intera Europa. Nel passato il terrorismo islamico ha soprattutto colpito gli ebrei, anche se non in maniera esclusiva.

Mohammed Merah ha ucciso due soldati francesi e ferito un terzo prima di uccidere i bambini ebrei e i loro insegnanti. I servizi di sicurezza stanno lavorando incessantemente per prevenire altri attacchi, ma con scarso successo. Solo di recente sono riusciti a far fallire attentati su vasta scala contro le chiese finora poco controllate. Le organizzazioni estremiste che operano all’interno di grandi comunità musulmane - si trovano oggi un po’ ovunque, visto che la popolazione islamica conta circa sei milioni di persone- stanno dando ai servizi di sicurezza il loro bel da fare.

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Da notare come il governo francese ha scelto un approccio al problema alquanto tortuoso, attraverso il dialogo con la minoranza musulmana, o più precisamente con i suoi leader religiosi. Il primo incontro è avvenuto il 14 giugno, sotto gli auspici del Primo Ministro Manuel Valls e del suo Ministro degli Interni Bernard Cazeneuve, con 150 dignitari musulmani, guidati da Dalil Boubaker, attuale presidente del ‘Consiglio francese della fede islamica’ , creato nel 2003 su proposta dell’allora presidente Sarkozy. Fallì però miseramente il raggiungimento del suo scopo, promuovere il dialogo con i non musulmani e come affrontare il terrorismo islamico, perdendo così gran parte del proprio prestigio. Durante numerosi incontri, ai dignitari venne chiesto di presentare le loro richieste: maggior protezione alle moschee, una risposta governativa a quello che definivano islamofobia, la costruzione di più moschee – si disse 500 – e poi altri temi, come la promozione del cibo Halal, imponendo su quel cibo una tassa speciale per finanziare edifici religiosi per i bisogni della comunità.

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La quenelle, gesto antisemita che emula il saluto nazista. E' stato introdotto dal comico Dieudonné M'Bala M'Bala

Su questo punto il ministro dell’interno obiettò che essendo la Francia un paese laico non poteva dare una risposta positiva, ma che avrebbe valutato che cosa poteva essere fatto per la costruzione di moschee ed assicurare una maggiore sicurezza anche alle strutture comunitarie. Uno dei partecipanti propose la trasformazione delle chiese non più in funzione in moschee; ne sortì una dura opposizione, tanto che la richiesta venne ritirata. Venne citato il vescovo della città di Evry, che aveva dichiarato di aver visto una chiesa divenuta prima una moschea poi un ristorante.

Questa disponibilità a rinunciare tradizioni secolari non aveva suscitato particolare clamore. Alcuni temi delicati, quali il problema dell’islam in Francia, il terrorismo islamico, l’estremizzazione della gioventù musulmana e il fatto che centinaia di loro si siano uniti allo Stato Islamico, non vennero discussi, come dissero gli organizzatori “ per non insultare la comunità islamica”. Peggio ancora, non venne nominato l’antisemitismo, uno dei maggiori problemi dell’Europa di oggi. Il crescente aumento degli “incidenti” nella Francia del 21° secolo ha spinto sempre più gli ebrei ad abbandonare il paese dove avevano vissuto per generazioni. La Francia si rifiuta risolutamente di riconoscere l’antisemitismo musulmano, così come avviene con l’antisemitismo cristiano. Anche se i primi ebrei, che arrivarono con gli eserciti di Roma, si stabilirono in Francia all’inizio del Medio Evo…

Pochi giorni dopo la conclusione degli incontri, che verranno ripresi nel 2016, un certo Yassin Salhi ha dato un suo contributo al dialogo. Dopo aver decapitato il proprio datore di lavoro, ne ha esposto la testa tagliata fra due bandiere raffiguranti la Shahada, sul cancello della fabbrica che solo per poco non è riuscito a far esplodere. Aveva spedito con un whatsapp una sua foto accanto alla testa a un “amico” in Siria.

Da notare che il Presidente Hollande, incontrando i media dopo la macabra scoperta, si è ben guardato dall’usare le parole Islam, terrorismo islamico, persino di dire che c’era una iscrizione in arabo sulle bandiere. È toccato al suo carismatico Premier Manuel Valls dichiarare coraggiosamente a Radio Europa1 che la Francia era sotto attacco strategico, che avrebbe dovuto essere affrontato, perché, disse “ siamo entrati in una guerra di civiltà “. Venne immediatamente e pesantemente criticato da molti membri del suo stesso partito e messo alla gogna dai media. Valls, sulla scia degli attacchi di gennaio, aveva già affermato “ siamo in guerra contro il terrorismo e l’islam radicale” e aveva stanziato 100 milioni di euro nella guerra al terrorismo. Sfortunatamente ben poco è stato fatto, aldilà di impostare quel progetto di dialogo che abbiamo ricordato prima.

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François Hollande

La sinistra francese continua a insistere che è la comunità musulmana ad essere la prima vittima del terrore. E il governo si rifiuta tuttora de vedere che al centro del problema c’è l’islam radicale e la simpatia che suscita non solo fra la popolazione musulmana ma anche nell’estrema sinistra. Non solo sui media, ma anche negli ambienti intellettuali si sostiene che soltanto una piccola minoranza di estremisti è responsabile per gli atti terroristici, che, affermano,è invece “ contro i valori dell’islam”. Nello stesso tempo, sull’altra sponda del Mediterraneo, le più alte autorità religiose islamiche sanno molto bene che l’islam, come viene insegnato nelle scuole e università in tutto il mondo islamico e specialmente a Al Azhar e nelle maggiori università dell’Arabia Saudita, è al centro del problema e stanno prendendo i dovuti provvedimenti.

La Sharia e le sue radici, il Corano, la Sunna e le tradizioni fondate sul modo di vivere dei discepoli del Profeta e dei suoi guerrieri, sono il vero fondamento delle guerre all’Occidente, come lo sono le vere basi delle azioni criminali dell’auto proclamotosi Stato Islamico. C’è un grande lavoro spirituale fra gli intellettuali dell’islam, disperatamente alla ricerca di una via per eliminare i testi più estremisti in una tradizione che è rimasta immutata per secoli. Ad oggi, un solo uomo sta facendo qualcosa per cambiarla. Il Presidente egiziano Sisi ha lanciato una totale revisione dei libri scolastici per eliminare tutti i richiami al Jihad e all’estremismo. Un passo su cui la Francia, il cui motto è “ Libertà, eguaglianza, fraternità”, farebbe bene a riflettere, se non emulare.

Zvi Mazel è stato ambasciatore in Egitto, Romania e Svezia. Fa parte del Jerusalem Center fo Public Affairs. I suoi editoriali escono sul Jerusalem Post. Collabora con Informazione Corretta


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