Mai perdere l'occasione di perdere un'occasione
Cartoline da Eurabia, di Ugo Volli
Cari amici,
è improbabile che ve ne siate accorti, perché i giornali italiani non ne hanno scritto, ma nei giorni scorsi è passato un momento importante per i rapporti fra Israele e Autorità Palestinese, diciamo pure un'occasione di verità.
E' passato, perché è stato un momento, magari una possibilità di pace, che poi si è rivelata solo un test, una prova che è fallita e su cui vale la pena di riflettere.
Vale la pena di partire da una premessa. Netanyahu nell'ultimo periodo ha diffuso pensieri sulla possibilità di concludere la pace con l'Autorità Palestinese che sono stati giudicati dalla stampa contraddittori o addirittura scandalosi.
Nel 2009 Netanyahu aveva fatto un discorso all'Università di Bar Ilan dove per la prima volta diceva di accettare la possibilità di una soluzione a due stati del conflitto fra Israele e Autorità Palestinese, poi nel 2013 nella stessa università aveva detto che questa soluzione gli sembrava difficile, visto il rifiuto di Abbas di riconoscere Israele come Stato ebraico (http://www.jpost.com/Diplomacy-and-Politics/Netanyahu-puts-a-damper-on-Israeli-Palestinian-peace-process-at-2013-Bar-Ilan-speech-328052 ; qui c'è il testo completo per chi fosse interessato: http://www.timesofisrael.com/full-text-of-netanyahus-speech-at-bar-ilan/ ).
Durante la recente campagna elettorale aveva detto che non credeva che la soluzione a due stati si potesse realizzare durante il suo mandato di primo ministro. Per essere precisi le sue parole furono queste “chiunque vuole stabilire uno stato palestinese, chiunque ora vuole evacuare territori, sta semplicemente dando una base d'attacco all'Islam radicale contro Israele. Questa è la realtà che si è creata negli ultimi anni” (http://edition.cnn.com/2015/03/16/middleeast/israel-netanyahu-palestinian-state/ ).
Nei giorni immediatamente successivi, in seguito alla campagna di stampa contro di lui in Israele e negli Stati Uniti, Netanyahu provò a spiegare meglio. Vale la pena di approfondire quel che ha detto, perché c'è stata una gran campagna contro di lui su questo punto. Ecco il riassunto delle sue precisazioni fatto da un sito web decisamente critico, come Ynet: "Quello che ho detto è che, nelle attuali circostanze [la soluzione a due stati] è irrealizzabile: avevo indicato molto chiaramente quali sono le mie condizioni: erano per una soluzione a due stati nel mio intervento del 2009 all'università Bar-Ilan. E io non sono cambiato, non ho ritrattato quel discorso, affatto. "Ho detto che l'attuazione di tale visione non è rilevante in questo momento", ha detto Netanyahu, citando "la decisione della leadership dell'Autorità palestinese lo scorso anno a stringere un patto con Hamas" e recenti cambiamenti nel Medio Oriente - vale a dire la Siria, guerra civile e ISIS, ma anche il controllo iraniano su Gaza. [...] "Io non voglio una soluzione dello stato unico. Ma certamente non voglio una soluzione stato zero, una soluzione senza Stato, dove l'esistenza stessa di Israele sarebbe compromessa. [...]
Netanyahu poi fatto riferimento al disimpegno israeliano del 2005 dalla Striscia di Gaza, dicendo: "Noi l'abbiamo abbandonata e non abbiamo avuto la pace. Se oggi ce ne andiamo, entreranno gli islamisti, sostenuti dall'Iran, come è successo a Gaza, come è accaduto in Libano, come sta accadendo in altre parti del Medio Oriente. Sono sostenuti dall' Iran o sono da al Qaeda o, magari, dall'ISIS." "(http://www.ynetnews.com/articles/0,7340,L-4639207,00.html )
Vinte le elezioni e formato il governo, Netanyahu ha detto che accettava l'idea generale dell'iniziativa araba di pace (cioè i due stati, ma con le condizioni di sempre, il disarmo del nuovo stato, il riconoscimento di Israele come stato della nazione ebraica, la permanenza dkell'esercito israeliano nelle posizioni necessarie per evitare la prevalenza dei terroristi: http://www.timesofisrael.com/netanyahu-endorses-general-idea-behind-arab-peace-initiative/ ).
Si può dire, come alcuni hanno sostenuto, che abbia mentito, cambiato idea, zigzagato? Francamente non credo. Netanyahu è disposto a concedere a uno stato palestinese più di quel che io ritengo prudente dare (sono piuttosto d'accordo con le idee di Bennett http://www.washingtonpost.com/opinions/israels-naftali-bennett-i-dont-believe-in-giving-up-our-land/2015/05/29/0817d096-04f7-11e5-bc72-f3e16bf50bb6_story.html o della Glick http://www.jpost.com/Opinion/Columnists/Column-one-The-Israeli-solution-342440 ) .
Ma certamente vi è coerenza nella sua analisi e nella sua proposta continuamente ribadita. Netanyahu è disposto a fare una pace che possa tenere, non a fingere di farla concedendo vantaggi decisivi al progetto arabo di distruggere Israele (http://fr.timesofisrael.com/netanyahu-insiste-sur-des-conditions-a-un-etat-palestinien/ ).
E qui arriviamo all'episodio che volevo farvi conoscere.
Pressato da Obama e dagli europei perché Israele prendesse un'iniziativa per far ripartire la pace, la settimana scorsa Netanyahu ha fatto una proposta. Ha cioè detto, in sostanza: benissimo, riprendiamo le trattative. E dato che non siamo d'accordo su molte cose, iniziamo a parlare su temi che si possono affrontare con successo. Per esempio, proviamo a delimitare i grandi blocchi di insediamenti che Israele, per consenso comune, dovrebbe mantenere anche dopo l'eventuale conclusione di una spartizione territoriale. Ci vive più di mezzo milione di persone, ci sono insediamenti che datano dagli anni Venti (come in Gush Etzion), tutti hanno più di quarant'anni, ci sono famiglie che ci abitano da tre generazioni, molti sono semplicemente quartieri di Gerusalemme. Non è concepibile una pace che faccia pulizia etnica di questa popolazione, non sarebbe una pace ma una catastrofe paragonabile a una durissima sconfitta militare.
Quando gli americani parlano dei cosiddetti confini del '67 con scambi territoriali minori, alludono a queste località, che comunque occupano non di più del 2 per cento dei territori di Giudea e Samaria. Sarebbe dunque perfettamente ragionevole delimitare questi “blocchi maggiori”, dentro a cui le costruzioni non dovrebbero più essere oggetto di polemica. Questo svelenirebbe l'atmosfera e darebbe anche un notevole vantaggio negoziale all'Autorità Palestinese, dandole il modo di rivendicare il resto.
Saremmo cioè nella linea delle proposte fatte da Ehud Barak fra il 1999 e il 2000 e poi da Olmert nel 2008. Una soluzione, lo ripeto, che io trovo imprudente e piuttosto pericolosa, ma che dovrebbe essere apprezzata dai sostenitori della pace, delle trattative, delle soluzioni pacifiche. E' quel che Netanyahu ha proposto la settimana scorsa (http://www.telegraph.co.uk/news/worldnews/middleeast/israel/11631162/Benjamin-Netanyahu-calls-for-West-Bank-settlement-talks-with-Palestinians.html ).
Un'apertura, quantomeno un test importante sulla volontà di accordo dell'ANP. Una grande notizia, da parte di un governo che tutti i media dicono “nemico della pace, estremista” e quant'altro. Bene, la proposta non è stata praticamente raccolta dai giornali europei ecc. ed è stata seccamente respinta dai palestinisti ( http://www.jewishpress.com/news/breaking-news/plo-blows-up-netanyahus-peace-process-renewal/2015/05/27/ ). Come non ricevuta (http://arabpress.eu/palestinesi-rifiutano-notizia-proposta-negoziazione-confini-con-israele/64824/# ).
E Abbas ha subito ripreso a dire che “ l'espansione degli insediamenti ” (un'espansione fattualmente inesistente, ma questo non lo dice nessuno) bloccherebbe le possibilità della pace (http://www.timesofisrael.com/abbas-israel-settlement-expansion-blocks-any-peace-deal/ ).
L'Autorità Palestinese ha dichiarato di essere disposta a fare ripartire le trattative solo se preliminarmente Israele accetterà i “confini del '67”, il blocco delle costruzioni negli insediamenti, la liberazione dei terroristi e il principio del “ritorno” dei “rifugiati”.
Si è mai visto qualcuno che ponga come condizione di una trattativa i suoi obiettivi massimi, inaccettabili all'altra parte? E' semplicemente un modo di dire no. Che Abbas abbia rifiutato, ancora una volta, la possibilità di iniziare un percorso vero di trattativa, dal mio punto di vista è un bene. Il vantaggio che gli concedeva Netanyahu era veramente eccessivo. Ma sarebbe un bene vero se questo rifiuto non solo annullasse, come ha fatto, questa partita; ma se fosse anche minimamente preso in considerazione dai media e dai politici internazionali.
Perché dimostra in maniera evidente che quel che vuole l'Autorità Palestinese (quella buona, “moderata” non i duri di Hamas) non è affatto un percorso di pace normale, in cui si arriva a compromessi; ma una resa senza condizioni, che porterebbe inevitabilmente al collasso di Israele e che quindi nessuno potrebbe accettare, nemmeno la sinistra. Il punto è che i palestinisti non hanno nessun interesse a una qualunque soluzione che non sia la distruzione pura e semplice di Israele: sia perché, come vi raccontavo ieri ( http://www.informazionecorretta.com/main.php?mediaId=115&sez=120&id=58374 ) si sono arrampicati troppo in alto nell'albero dell'estremismo per poterne scendere facilmente; sia perché da una conclusione, anche molto favorevole per loro, della vertenza avrebbero tutto da perdere, non potendo godere più delle rendite della religione palestinista e degli aiuti economici che alimentano la cleptocrazia dell'ANP. Per cui intimano a Israele la resa senza condizioni, come se lo avessero sconfitto in una guerra e di fronte al rifiuto un po' meravigliato degli israeliani, fanno le vittime.
E poi c'è magari qualche politico sopraffino, come Mogherini e Kerry, i quali dichiarano che “tutti vedono come lo status quo in Israele non sia sostenibile”. Il povero Kerry è caduto dalla bicicletta e si è rotto il femore, avrà bisogno di stampelle (http://www.lastampa.it/2015/05/31/esteri/francia-incidente-in-bici-per-kerry-VqqMbRe3k3VPidUoqgCiAO/pagina.html ), ma anche degli occhiali nuovi gli sarebbero certamente utili. Quanto a Mogherini, per rispetto alla sua età e al suo aspetto gentile, non posso che consigliarle delle lenti a contatto. Perché la verità da vedere è che anche i palestinisti, non solo gli israeliani, vogliono lo status quo (cioè i finanziamenti internazionali e il terrorismo a rate) e fanno il possibile, strillando e strepitando, per mantenerlo.
Ugo Volli