Come avrete forse notato è circa un mese che non sono usciti miei articoli per Informazione Corretta. Ho impiegato questo tempo per riflettere, collezionare dati e fonti, leggere e soprattutto ascoltare. In particolare, attendevo gli esiti della battaglia di Palmira e i risultati delle elezioni in Spagna e Polonia. Perché vedete, noi sionisti abbiamo un grande difetto: siamo degli inguaribili malati di romanticismo. E l’amore che proviamo per l’Europa - per la sue culture, per la sua storia, per le sue città millenarie, per i suoi paesaggi solenni a tratti ridenti e a tratti austeri - è secondo solo all’amore che proviamo per Israele.
Amos Oz ha descritto meravigliosamente questo sentimento, questa malinconica nostalgia dal sapore agrodolce, nel suo romanzo autobiografico, “Una storia di amore e di tenebra”. Tuttavia, è bene dirlo, più passa il tempo, e più noi sionisti - o per lo meno i più impegnati nel confronto quotidiano con la realtà - ci rendiamo conto di quanto la nostalgia che proviamo è rivolta più a una certa idea di Europa che c'è ogni giorno di meno che a ciò che rappresenta oggi l'Europa. Ci stiamo preparando, di giorno in giorno, ad affrontare un lutto imminente e due funerali: quello dell’Europa dei Lumi e quello del nostro romanticismo.
Sono i fatti a imporci di essere realisti, di prendere atto che l’Europa di oggi è quella di Salvini e Le Pen, di Charlie Hebdo, del voto polacco e spagnolo, della guerra civile in Ucraina, delle belve naziste di Cracovia gemellate ai nazisti della Lazio che in occasione del derby devastano Roma, degli inglesi che hanno paura che l’Isis possa usare bombe chimiche nel metrò, degli ebrei sprangati e uccisi in Francia e minacciati ovunque, del Papa che mette le ali ai maiali chiamando “Angelo della Pace” un terrorista che difende i pluriassassini.
Non possiamo e non vogliamo provare nostalgia per questa Europa antisemita e vigliacca. L’Europa che non perde mai una sola occasione per boicottare Israele, ma che a fronte della distruzione imminente - questione di ore, al massimo di giorni - del tesoro archeologico di Palmira da parte degli islamofascisti “si riunirà a Bruxelles il 2 giugno”, l’Europa che dice di avere un ruolo chiave nella lotta allo Stato Islamico ma che non riesce a tenere a bada nemmeno un’orda di skinhead nazisti in trasferta da Cracovia a Roma, e prima di loro i vandali olandesi, e nel mezzo i violenti anti-expo.
Non possiamo e non vogliamo perché siamo impegnati tutti i giorni a difendere una democrazia matura, una economia di successo in continua crescita e sviluppo, un sistema d’istruzione capace di creare e valorizzare le competenze, una sanità che ci è invidiata in tutto il mondo, e con loro e per loro migliaia di famiglie e di ragazzi che solo perché ebrei tornano a fuggire da questa Europa e che non hanno altra terra se non questa in cui trovare rifugio. In una sola parola, Israele: un Paese incredibilmente europeo, o meglio costruito e "modellato" sulla base di una certa idea di Europa che oggi come abbiamo detto c’è sempre meno e presto forse non ci sarà più. E tutto questo nonostante ad un passo dalle nostre frontiere infuri la barbarie e la guerra.
Al contrario del nostro eurocentrismo, che è piccolo piccolo, ci accorgiamo sempre di più qui in Israele di quanto il mondo sia grande, molto più grande della vecchia Europa. E di quanto siamo indispensabili, nel resto del mondo, a nuove potenze come India e Cina e con loro a tutte le altre economie emergenti in Africa e Asia. E di quanto possiamo dare e ricevere da questi scambi di tecnologie, beni ed idee, per la costruzione di un futuro migliore per tutta quella parte di umanità che accetterà questa sfida.
C’è un futuro, oltre l’Europa. Un futuro che l’Europa avrebbe potuto condividere con noi, se solo fosse meno vigliacca e meno antisemita. E mentre l’Europa muore, una certa idea di Europa continuerà ad aver casa e a vivere qui, in Israele.
Dario Sanchez