(Traduzione di Angelo Pezzana)
Durante l’ultima campagna elettorale, una delle priorità che il nuovo governo avrebbe dovuto affrontare era ristabilire le relazioni fra Israele e Stati Uniti. Una richiesta, per come veniva formulata, sufficientemente ingannevole da giustificare il fatto che non era stata posta in modo dettagliato.
Il programma elettorale dell’ Unione Sionista, per esempio, sosteneva che occorreva “ liberare Israele dal suo isolamento internazionale, ristabilire le relazioni con Stati Uniti e Europa, e coinvolgere il mondo nella nostra guerra contro il terrorismo e le aggressioni”. Il programma cita tre differenti argomenti, ognuno dei quali merita un esame dettagliato. Ma è meglio lasciare per ora in disparte le relazioni con l’Europa e la guerra al terrorismo e occuparci del tema più rilevante: la ripresa delle relazioni di Israele con gli Stati Uniti.
Prima della sua ri-elezione, il Primo Ministro Benjamin Netanyahu era stato invitato, per la terza volta, a parlare davanti al Congresso Usa. Anche se non tutti i membri del Congresso erano presenti, la grande maggioranza dei congressisti gli ha dedicato 22 ‘standing ovations’. Per cui questo argomento non è in discussione. Non annulla però il fatto che l’invito a parlare davanti al Congresso sia stato fatto a Netanyahu in un modo offensivo per Obama. Il problema, quindi, non sta nelle relazioni di Israele con gli Stati Uniti, quanto piuttosto in quelle con il Presidente Obama. Per stabilire come le si possa migliorare, occorre esaminare la politica e il comportamento di Obama.
Dal discorso del Cairo " L'islam ha una orgogliosa tradizione di tolleranza"
Prima della ri-elezione di Obama nel novembre 2012, il suo rapporto con Israele era abbastanza equilibrato. La sua Amministrazione collaborava con Israele, anche se dopo un periodo iniziale piuttosto tiepido. L’appoggio si esprimeva con l’invio di materiale militare, collaborazione nella cyberwar e nel settore dell’intelligence. Una alleanza apprezzata dalla leadership israeliana. L’unico aspetto negativo della politica di Obama era la sua sottovalutazione della realtà del pericolo dell’estremismo islamico.
Obama venne in Israele in visita ufficiale nel marzo 2013. I sondaggi rilevarono che il 39% degli israeliani avevano cambiato in meglio la loro opinione su di lui, solo il 2% aveva detto di averla modificata in senso negativo. Una valutazione, quest'ultima, che oggi si rivela molto più diffua. A metà dello scorso dicembre 2014, un sondaggio chiese chi doveva essere ritenuto responsabile per il deterioramento delle relazioni fra Stati Uniti e Israele: il 39% rispose Obama, il 29% Netanyahu, il 25% entrambi.
Lo scorso febbraio, un sondaggio di Times of Israel ha rivelato che il 72% degli israeliani non ha fiducia nella capacità di Obama di prevenire l’Iran dal possedere l’arma nucleare; in gennaio erano il 64%. Solo il 33% esprimeva un giudizio favorevole su Obama, il 59% era contro.
Quando venne in visita, i suoi interventi erano ben studiati, pieni di retorica positiva. Oggi, invece,le illusioni su di lui sono sparite e la maggioranza degli israeliani non si fidano più di lui. Al di là di questi sentimenti popolari, altri elementi sono venuti alla luce. Negli ultimi anni, è aumentata l’enorme criminalità di una parte del mondo musulmano, culminata con la creazione del cosiddetto “Stato Islamico”, o Isis.
Obama, assurdamente, ha dichiarato che Isis “non è islamico, perché nessuna religione ammette l’uccisione di innocenti”. La disonestò fra i politici è un fenomeno comune. Per quanto riguarda i presidenti americani, basta pensare a Nixon e il Watergate, oppure George W.Bush quando attribuì all’esistenza in Iraq di armi di distruzione di massa quale ragione giustificative della guerra.
In entrambi i casi, la gente comune non ebbe accesso a nessuna reale documentazione.
Questo non è il caso di Obama con lo Stato Islamico. Ogni persona mediamente informata sa che lo Stato Islamico è un movimento estremista e criminale formato dalle varie correnti dell’islam che vi aderiscono. Se così non fosse, gli Stati Uniti non avrebbero giudicato necessario dichiarargli guerra.
Un altro fatto negativo che lo riguarda è la strage di Parigi messa in atto dagli islamici. Obama ha dichiarato “ E’ totalmente legittimo per il popolo americano essere profondamente coinvolto quando un branco di violenti, maledetti estremisti, decapitano la gente o sparano a caso in un supermercato a Parigi”.
Il killer che ha ucciso 4 ebrei nell’HiperKasher, non ha sparato “ a caso”, come Obama ha sdetto, ma ha scelto apposta l’HiperKasher come luogo dell’attentato perché era un negozio casher, frequentato da ebrei.
Le analisi distorte del presidente americano sono anche evidenti nel discorso all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite nel 2013. Obama ha dichiarato “ Entro breve tempo, lo sforzo diplomatico americano si focalizzaerà su due temi specifici: la ricerca dell’Iran di possedere l’arma nucleare e il conflitto arabo-israeliano”. Ma c’erano molti altri più importanti temi in Medio Oriente di quest’ultimo, che avrebbero dovuto attrarre l’attenzione americana, tra i quali le molte migliaia di vittime in Siria e Iraq, già più che evidente allora e ancor di più oggi.
Un esempio recente della sua continua manipolazione è quanto ha detto a Pasquq di quest’anno: “ A Pasqua, rifletto sul fatto che, in quanto cristiano, dovrei amare il prossimo. Vorrei anche dire che qualche volta , quando ascolto espressioni che non esprimono proprio amore da parte di cristiani, mi preoccupo. Ma di questo parlerò un’altra volta”.
Molti ricorderanno che Obama e sua moglie Michelle vennero uniti in matrimonio dal Reverendo Jeremiaj Wright, un pastore cristiano di Chicago. Obama e la sua famiglia sono membri di quella congregazione da venti anni. Nel 2008, lo stesso pastore, incitava – fra l’altro- gli afro-americani a non cantare “Dio benedici l’America”, ma piuttosto “ Dio maledici l’America”, questo mentre gli Obama erano membri della sua chiesa.
E’ ormai fin troppo chiara la disparità tra quanto Obama dice e il contenuto della sua politica. Tutti coloro che richiedono il ripristino delle relazioni con gli Stati Uniti – che di fatto vuol dire con Obama - dovrebbero spiegare in che modo pensano di raggiungere questo obiettivo, con concessioni e appeasement ai palestinesi, con il conseguente pericolo per Ia sicurezza di Israele, un prezzo che pagheremo caro nel prossimo futuro.
Manfred Gerstenfeld è stato presidente per 12 anni del Consiglio di Amministrazione del Jerusalem Center for Public Affairs. Collabora con Informazione Corretta.