Riccardo Calimani
Storia degli ebrei italiani nel XIX e nel XX secolo – vol. 3
Mondadori
Quella degli ebrei italiani è una storia lunga 22 secoli, complessa e ancora poco conosciuta. Ed è anche la storia di una minoranza che, nonostante persecuzioni e discriminazioni, ha saputo conservare le proprie tradizioni e radicarsi nella cultura dell'Italia. A questa vera e propria epopea, Riccardo Calimani, ingegnere e filosofo, storico e scrittore, dal 2008 presidente della Fondazione Museo dell'Ebraismo Italiano e della Shoah (Meis) di Ferrara, ha dedicato tre corposi volumi, l'ultimo dei quali - Storia degli ebrei italiani nel XIX e XX secolo (Mondadori, 852 pagine, 35 euro) - è uscito in questi giorni, alla vigilia della sesta edizione della Festa del Libro ebraico che si svolge a nella città estense fino a martedì.
Più di 800 paline per raccontare due secoli soltanto... «Ho dedicato molto spazio a questo periodo perché più vicino a noi. Ho avuto la fortuna di poter fare una sintesi di numerossimi studi precedenti. Io nano sulla testa di un gigante: ho avuto a disposizione molto materiale di più autori, ho potuto confrontare diverse tesi, e alla fine il disegno è venuto più complesso e completo grazie ai contributi di tutti».
Colpisce la quantità e la qualità di italiani ebrei che hanno contribuito alla nascita dello stato unitario, alla cultura e all'economia ma anche all'affermazione del fascismo. Perché? «Purtroppo gli ebrei italiani si sono rivelati in molti casi più italiani degli italiani, nelle virtù ma anche nei vizi. E uno dei vizi italiani ed ebraici, nei decenni passati, è stato l'opportunismo».
Ieri lei ha inaugurato a Ferrara la Festa del Libro ebraico in Italia. Ebraismo, Libro, letteratura: un rapporto inscindibile. «L'ebraismo è frutto della cultura del Libro, cioè delle Bibbia, e quindi per il mondo ebraico narrare, conoscere e studiare sono verbi adoperati sempre con attenzione, efficacia e grande continuità nei secoli. Del resto, la cultura del Libro è nata prima dell'arte della stampa».
Qual è il significato di questa festa nel contesto attuale? «La minoranza ebraica in Italia è esigua ma come tutte le minoranze è sovraesposta. Ecco, i libri sono strumenti essenziali per riflettere, capire, conoscere e creare i fondamenti di un'umanità più matura e capace di aiutare gli altri in difficoltà. Auspico che dalla Festa esca un messaggio a favore di tutti i popoli indistintamente, sperando che si possano superare difficoltà e conflitti creati talvolta artificiosamente dai governi».
Si riferisce anche ad Israele? «In Medio Oriente ci sono guerre a prescindere da Israele, spesso usato come comodo capro espiatorio. E' necessario distinguere tra Stato di Israele, governo di Israele e popolo di Israele. Personalmente sono a favore dello Stato di Israele e di uno stato palestinese pacifico e vicino, non certo guidato da Hamas. Un governo può essere giudicato male o bene; quanto ai popoli, tutti sono innocenti e vogliono la pace: ogni padre vuole proteggere i propri figli».
La preoccupa questo ritorno di antisemitismo in Europa? «Certo. Ma l'antisemitismo non è una pianta metafisica, è nato in Europa alla fine del 1800 ma prima c'erano forme diverse e cangianti di anti-giudaismo. L'odio contro gli ebrei va inquadrato nell'ambito dell'odio verso il diverso e di vicende politico-culturali molto complesse».
E in Italia? «Oggi internet fa conoscere di più i sentimenti peggiori delle persone e quindi è molto difficile giudicare da una minoranza rancorosa quello che pensa la maggiorana silente. Credo che il nome Italia, che in ebraico vuol dire 'isola della rugiada divina', sia di buon asupicio. Naturalmente non dimentico i veleni che nel corso dei secoli sia una sconsiderata politica della Chiesa sia una recente, tragica e grottesca discriminazione cosiddetta razziale sono stati versati sul terreno».
Tra i protagonisti della Festa di Ferrara c'e il rabbino Giuseppe Laras, uomo del dialogo... «Certo e non è un caso. Il dialogo è essenziale per capire e superare i pregiudizi. Il Meis nasce, e spero possa svilupparsi, proprio per rendere forte il dialogo con tutte le aree culturali del Paese».
Cristiano Bendin - La Nazione
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Storia degli ebrei italiani dal XVI al XVIII sec. Vol. 2
Mondadori euro 28
Se l’argomento non avesse lo spessore storico che ha, protagonisti di grande rilievo, eventi non di rado tragici, questo imponente volume di Riccardo Calimani si potrebbe leggere come un romanzo d’avventure. L’eminente storico dell’ebraismo che è Calimani, manda in libreria il secondo volume della sua Storia degli ebrei italiani che copre i secoli dal XVI al XVIII. In termini di fatti accaduti si va dal 1492, anno in cui Isabella la cattolica espulse gli ebrei dalla Spagna, al 1815, anno in cui il Congresso di Vienna, chiuso il turbinoso quindicennio napoleonico, aprì la tetra fase della Restaurazione particolarmente dura in Italia. Ma, sempre valutando in base ai principali episodi, quelli narrati da Calimani sono anche i secoli della Riforma Luterana (1517) e, per l’Italia, della Controriforma sancita dal Concilio di Trento nonché gli anni in cui a Venezia viene aperto (per l’esattezza dovrei dire: chiuso) il primo ghetto della storia (1516), seguito pochi anni dopo dal ghetto romano (1555) fortemente voluto da papa Paolo IV. Sul finale del periodo compreso nel volume si aprono invece le speranze del XVIII secolo segnato dalla filosofia illuministica e dalla Rivoluzione francese (1789). La Restaurazione citata sopra tenterà di fermare la storia ma com’è noto si tratta di operazioni impossibili. Le vicende degli ebrei come l’autore le racconta sono in realtà anche la storia dell’Italia e degli italiani vista al rovescio. Se si leggono queste vicende tenendo presente la storia del nostro Paese, sembra di guardare la faccia inferiore di un tappeto di cui abbiamo sempre visto il lato superiore. I rapporti tra la Chiesa cattolica e gli ebrei italiani sono sempre stati duplici. Condanna dottrinale da una parte, rapporti d’interesse dall’altra. Non solo finanziari ma per esempio nell’assistenza sanitaria, essendo i medici ebrei molto rinomati. A papi durissimi, come il citato Paolo IV Carafa, se ne alternano altri assai più benevoli come Clemente VII De’ Medici (1523-1534). Di particolare interesse il capitolo sul Granducato di Toscana che fa un po’ storia a sé e dove, anche in presenza di episodi drammatici, prevalse un’atmosfera di particolare liberalità.
Corrado Augias - Il Venerdì di Reubblica
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Storia degli ebrei italiani dalle origini al XV sec. Vol. 1
Mondadori euro 28
Riccardo Calimani, eminente studioso dell'ebraismo, ci dà con questa Storia degli ebrei italiani la sua opera credo più impegnativa. Per darne una prima idea basta ricordare che le seicento e passa pagine del testo coprono il periodo dalle origini al XV secolo, un altro volume dunque seguirà con il seguito della storia. Un altro dato significativo, che stabilisce l'ampiezza dei riferimenti, sono le cinquanta pagine finali dedicate a una "bibliografia essenziale". Di un'opera del genere, ricca di nomi, fatti, dati incrociati ed eventi storici, si possono solo dare in questa scheda alcune linee di fondo.
Le comunità ebraiche italiane hanno avuto la caratteristica duplice di essere fortemente consapevoli della loro unicità ma al tempo stesso profondamente coinvolte nella storia di altre comunità e dell'intero paese, fin dai tempi più antichi. Anche la chiesa cattolica ha avuto nei loro confronti un atteggiamento duplice. Da una parte li ha perseguitati come "deicidi", dall'altra li ha blanditi per alcune funzioni dove apparivano quasi insostituibili. I banchieri ebrei hanno finanziato numerose guerre dei papi, i medici ebrei, famosi per la loro competenza, sono spesso stati scelti come consulenti di fiducia per le corti, compresa quella pontificia. Già Roma repubblicana saldò una libera alleanza con gli ebrei in seguito rovesciata nella guerra e nella dispersione della diaspora; prima con Tito (70 e.v.) distruttore del secondo Tempio, poi con Adriano (135 e.v.) che arrivò a radere al suolo Gerusalemme cambiandone perfino il nome (Aelia capitolina). Un vero punto di svolta è rappresentato dall'editto di Costantino (313) che proclamò il cristianesimo "religio licita" inaugurando una stagione, durata secoli, di incontro-scontro con la Chiesa. Un altro momento drammatico, qui narrato con grande efficacia, è quello che seguì alla cacciata degli ebrei dalla Spagna ad opera di Isabella la cattolica (1492) con il conseguente rimescolamento delle comunità ebraiche europee. Corre come un filone parallelo la storia delle discriminazioni, l'invenzione del ghetto che fu una prerogativa veneziana subito però imitata da Roma; l'imposizione già nel 1215 di un segno distintivo (la "rotella") che anticipava di secoli la stella gialla imposta nell'Europa dominata dal Terzo Reich.
Corrado Augias - Il Venerdì di Repubblica