(Traduzione di Giorgio Berruto)
Il recente accordo sul programma nucleare di Teheran tra i Paesi 5+1 e l’Iran ha portato il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu ad affermare che un simile accordo può mettere in pericolo l’esistenza di Israele, una volta confermato. E’ improbabile trovare leader di altri Paesi che sostengano che esiste la possibilità che il proprio Paese non sopravviva. Per questo alcuni analisti dichiarano che Israele stia agendo in modo paranoico.
Questo timore, però, è lungi da essere una dichiarazione fantasiosa di Israele. I leader palestinesi e arabi hanno un infinito repertorio di annunci (e di promozione) del genocidio degli ebrei in Israele e, prima, nella Palestina sotto Mandato britannico. Per molti anni, il leader dei palestinesi cosiddetti “moderati” è stato il sindaco di Gerusalemme Ragheb bey al-Nashashibi. Dopo i pogrom del 1929, lo scrittore francese Albert Londres, non ebreo, chiese al sindaco come mai gli arabi avessero ucciso gli ebrei anziani e pii a Hebron e Safed, con cui mai avevano avuto motivo di disaccordo. Il sindaco rispose: “In un certo senso, qui ci si comporta come in guerra. Non si uccide chi si vuole. Si uccide chi si trova. La prossima volta saranno uccisi tutti, giovani e anziani”. In seguito, Londres parlò ancora con il sindaco, e lo mise alla prova affermando ironicamente: “Non potete uccidere tutti gli ebrei: sono 150.000”. Nashashibi rispose: “Oh no, basteranno due giorni”. Il Gran Muftì di Gerusalemme, Haj Amin al Husseini, aveva una linea dura: durante la Seconda guerra mondiale, vicino a Nablus, mise a punto progetti per un crematorio palestinese simile a quelli di Auschwitz per uccidere gli ebrei.
Queste parole e questi fatti riflettono una mentalità araba in cui le istanze genocide sono dominanti. Azzam Pasha, segretario della Lega Araba, durante la guerra arabo-israeliana del 1948 disse succintamente: “Questa sarà una guerra di sterminio e un massacro di così grande portata che se ne parlerà come delle stragi dei mongoli e dei crociati”.
Oggi i leader iraniani sono in prima fila tra quelli che proclamano una nuova Shoah. La prima Guida Suprema di Teheran, l’ayatollah Khomeini, disse di Israele: “Questo regime che occupa Quds [il nome arabo di Gerusalemme] deve essere eliminato dalle pagine della storia”. L’attuale Guida Suprema, l’ayatollah Khamenei, ha affermato che “Israele è un tumore, un cancro che deve essere sradicato dalla regione”. L’ex Presidente iraniano Mahmoud Ahmadinejad ha dichiarato, in un discorso del 2008: “In Medio Oriente, [i poteri globali] hanno creato un microbo nero e putrido chiamato ‘regime sionista’; in questo modo possono utilizzarlo per attaccare i popoli della regione e, usando questa scusa, vogliono far progredire le loro trame in Medio Oriente”.
Nel 2005 Ahmadinejad proclamò: “Assistiamo a una storica guerra tra il mondo dell’arroganza [l’Occidente] e il mondo islamico”; e aggiunse: “un mondo senza gli Stati Uniti e il sionismo è possibile”.
Nel 2002 il precedente Presidente iraniano, Akbar Hashemi Rafsanjani, affermò: “Se un giorno... il mondo dell’islam disporrà delle armi di cui attualmente Israele dispone [ovvero le armi nucleari], allora questa arroganza globale finirà. Perché lo sganciamento di una bomba atomica su Israele non lascerà nulla di vivo, mentre la stessa cosa scalfirebbe soltanto il mondo islamico”. Hamas ha accolto tutto questo odio e lo ha ulteriormente accresciuto, promuovendo nel proprio statuto la distruzione di tutti gli ebrei.
Nell’ottobre 2012 un video ha mostrato Mohamed Morsi, all’epoca Presidente in Egitto e membro della Fratellanza musulmana, mentre rispondeva “amen” a un imam che aveva appena elevato una preghiera genocida: “Oh Allah, distruggi gli ebrei e i loro sostenitori”.
Innumerevoli sono anche gli esempi di un simile odio di provenienza occidentale. Nel 2009, ad Amsterdam, si verificò un caso quando dimostranti anti-Israele gridarono: “Hamas, Hamas, ebrei nelle camere a gas!”. Due parlamentari olandesi, appartenenti al partito socialista, avevano partecipato alla manifestazione, ma dichiararono di non aver sentito gli slogan. Ammisero, però, di aver urlato “Intifada, Intifada, Palestina libera!”.
Per reazione a questa situazione – nulla più di una minuscola selezione delle minacce all’esistenza di Israele – non sorprende che molti israeliani abbiano sempre visto il futuro del proprio Paese come incerto. E questo è stato espresso esplicitamente da molti leader dello Stato ebraico. Nahum Goldmann, a lungo presidente del World Jewish Congress, racconta nella sua autobiografia di quando David Ben Gurion, il primo Primo Ministro di Israele, gli disse senza giri di parole nel 1955, prima del suo settantesimo compleanno: “Nahum, se mi chiedi se vivrò e sarò sepolto in uno stato ebraico, la risposta è: suppongo di sì. Quanto posso vivere ancora? Dieci o dodici anni – e allora ci sarà certamente uno stato ebraico. Se mi chiedi se Amos, mio figlio... riuscirà a morire e a essere sepolto in uno stato ebraico, ti dirò: c’è al massimo il 50% delle possibilità che questo avvenga”. Amos Ben Gurion è morto nel 2008 ed è stato sepolto in Israele.
L’ex Primo Ministro Yitzhak Rabin confidò all’ambasciatore israeliano Yehuda Avner, un fedele membro del suo staff, il motivo per cui era a favore degli accordi di Oslo. Gli disse che, senza un qualche tipo di pace, non c’era modo di essere certi che Israele continuasse a vivere. Rabin, inoltre, sottolineò come Israele fosse l’unico Paese di cui l’esistenza stessa era oggetto di pubblico dibattito.
Per molti anni l’attuale Primo Ministro, Benjamin Netanyahu, ha espresso preoccupazione a proposito della sopravvivenza di Israele. Già nel 2011 dichiarò: “L’Iran sta sviluppando armi nucleari e costituisce la minaccia più grande alla nostra esistenza dal tempo della Guerra di indipendenza. Le ali del terrore, dirette dall’Iran, ci avvolgono, circondandoci da nord e da sud”.
Le minacce all’esistenza di Israele sono parte integrante dell’ideologia di importanti settori dell’islam. Chi ignora simili minacce e chiama “paranoiche” le reazioni di Israele è indirettamente alleato e sostenitore di questi promotori del genocidio.
Manfred Gerstenfeld è stato presidente per 12 anni del Consiglio di Amministrazione del Jerusalem Center for Public Affairs. Collabora con Informazione Corretta.