I piani di Obama 31/03/2015
Cartoline da Eurabia, di Ugo Volli
Autore: Ugo Volli
 I piani di Obama
Cartoline da Eurabia, di Ugo Volli

A destra: Barack Obama guida il "treno della pace in Medio Oriente": "Tutti in carrozza!"
"Avrà miglior fortuna degli altri?"

Cari amici,

credo di non essere tendenzioso se vi dico che Obama aveva due obiettivi principali di politica internazionale sei anni e mezzo fa, quando vinse la presidenza. Il primo e in apparenza più semplice era “reset” (come si espresse Hillary Clinton con una metafora tratta dal mondo dei computer) i rapporti con la Russia, diventata di nuovo aggressiva con Putin. Il secondo era reimpostare i rapporti con l'Islam, obiettivo di cui faceva parte la fine della presenza americana nelle guerre del Medio Oriente, la soluzione del conflitto arabo-israeliano, il favorire l'islamismo moderato che secondo lui poteva godere dell'appoggio della maggioranza della popolazione.


Barack Obama: un disastro la sua politica estera

Per ottenere questi obiettivi per nulla modesti c'era anche un'idea strategica: rovesciare le alleanze, mettersi d'accordo con i nemici, scaricando gli amici storici come quelli che chiedevano l'aiuto dell'Occidente per ottenere libertà. Così, per il primo obiettivo furono sacrificati Georgia e Ucraina orientale e i prossimi potrebbero essere i paesi baltici; per il secondo non furono difesi gli studenti iraniani del movimento verde, gli oppositori laici di Assad, per non parlare dei dittatori filo-occidentali o neutralizzati che reggevano Egitto, Tunisia, Yemen, Libia. E furono progressivamente antagonizzati alleati storici come Israele, Egitto, Arabia.

Ha funzionato questa strategia? Certamente non per pacificare gli avversari con cui Obama voleva allearsi. Quanto sia rabbonito Putin bisogna chiederlo agli ucraini, agli estoni, magari anche ai polacchi (gli europei occidentali come noi sono troppo anestetizzati anche solo per rendersi conto che il problema li riguarda da vicino). La fratellanza musulmana, con cui Obama voleva mettersi d'accordo inizialmente, è stata complice di tutto il terrorismo mediorientale, un potente e aggressivo fattore di destabilizzazione, fino a quando il suo centro egiziano non è stato bloccato da Al Sisi. L'Iran, secondo partner di Obama, è all'offensiva per tutto il fronte fra il Libano e lo Yemen e non ha la minima intenzione di fermarsi, neanche durante la fase decisiva delle trattative sul suo programma nucleare.

Come finirà questo negoziato, lo vedremo. E' chiaro che l'Iran ha capito che, contrariamente alla logica strategica ed economica, chi ha disperato bisogno dell'accordo è Obama, non gli ayatollah; e che quindi intende estrarne il massimo di vantaggi, il che significa il massimo di pericoli per i sunniti e per Israele, i quali, come si è visto, non stanno a guardare.

Ma nel frattempo Obama non si accontenta di avvicinarsi all'obiettivo dell'accordo con l'Iran. Cerca anche di risolvere il conflitto fra Israele e Autorità Palestinese. Lo fa a modo suo, cioè alleandosi con i nemici e antagonizzando gli avversari. Ha cercato con tutte le forze e tutti i colpi bassi di eliminare Netanyahu senza riuscirci e ora si appresta a schierare decisamente gli Stati Uniti contro Israele all'Onu, rovesciando la politica americana in vigore da cinquant'anni di sostenere un'intesa fra le parti per cercare invece di fare approvare dal Consiglio di Sicurezza dell'Onu le linee di soluzione che ha cercato invano di proporre alle parti negli anni scorsi e in particolare la sovranità dell'autorità palestinese su tutto il territorio che Israele conquistò nel '67 dall'occupante abusivo (la Giordania) che l'aveva attaccato.

Il problema è che questa linea non va bene a Israele, perché gli impone dei confini indifendibili; non va bene neppure all'Autorità Palestinese che l'ha rifiutata in sostanza già due volte; perché potrebbe accettarla come vittoria tattica in attesa della “liberazione” completa della “Palestina”; ma non può farne lo stato definitivo della coesistenza con lo Stato ebraico. Non ci vuole di più per capire che l'iniziativa di Obama non porterà affatto alla pace, ma - se Israele resisterà - alla sua demonizzazione e isolamento (che probabilmente è il vero desiderio vendicativo di Obama) e se si piegherà fino ad accettare un compromesso, a nuove difficoltà, nuovo terrorismo e probabilmente a una nuova guerra a medio termine.

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Ugo Volli


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