Angelo Pezzana
Muath Kaseassbeh bruciato vivo dallo Stato islamico
La brutale esecuzione di Muath Kaseasbeh, il pilota giordano catturato dallo Stato Islamico e bruciato vivo dentro a una gabbia, ha seguito un rituale che vale la pena commentare per come la stampa occidentale l’ha vissuto e raccontato.
I “ cannibali dello Stato Islamico “, come li ha definiti Abdullah, il re della Giordania, hanno seguito ancora una volta, se possibile migliorandola, la tecnica di terrorizzare l’opinione pubblica occidentale. Giornali e Tv – con l’eccezione di qualche sito internet – sono caduti, coscienti, nella trappola, nel decidere di non riprenderne nessuna immagine. Mostrare integralmente quei terribili minuti in cui la vittima veniva cosparsa di benzina in attesa di essere poi bruciata viva, il momento in cui il suo corpo prende fuoco, quel viso distrutto da dolore, quel divenire poco a poco un mucchio di cenere e ossa, è stato cancellato da tutti gli schermi. “ Se l’avessimo mostrato, avremmo fatto il gioco dei terroristi, è questo che volevano, terrorizzarci, ma noi non ci siamo cascati, abbiamo rispedito al mittente la provocazione”, è stata più o meno questa la giustificazione data per spiegare perché invece di pubblicare l’immagine tremenda di quel corpo divorato dalle fiamme, quasi tutti media hanno preferito riprendere una foto di Muath Kaseasbeh da vivo, sorridente, con la sua divisa di pilota, convinti così facendo di mandare a monte l’intera operazione mediatica dei terroristi. Secondo questa logica, sarebbe stato eliminato il panico in chi vedeva quelle immagini, lasciando il posto a pacate valutazioni su come reagire, quale risposta dare non generata dalla paura, quindi non violenta, ma ragionata. Così sarebbe stato smontato l’obiettivo che i cannibali dello Stato Islamico si erano dati.
La verità è invece l’opposto. I nostri mezzi di informazione, dai giornali ai Tg, sono quotidianamente una rassegna di crimini, mostrati fin nei particolari, omicidi seriali, madri o padri che uccidono i propri figli, donne ammazzate per gelosia, sono davanti ai nostri occhi, creando – loro sì – una assuefazione che non turba più nessuna coscienza, generano ancora orrore, ma si cambia canale o si volta pagina, l’ultimo cosa alla quale pensiamo è come può ancora reagire una società civile di fronte a tanta violenza. Ma almeno conosciamo quello che accade, sappiamo quello che avviene intorno a noi, la famiglia sempre più sovente non è quella che vive dentro al Mulino Bianco, come vorrebbe farci credere una certa pubblicità. Per quanto sia difficile da accettare, sappiamo quello che succede.
I crimini dello Stato Islamico non li ‘vediamo’, a mala pena sappiamo chi li commette, anche se il vero nome degli assassini è mascherato sotto sigle che al comune mortale non dicono nulla. Le più comuni so Isis e Is. Che non vogliono dire nient’altro che le iniziali di Stato Islamico, ma vuoi mettere, non contengono la parola ‘islam’, così nessuno si offende, poco importa se poi nessuno capisce. E se i crimini che commettono sono mostruosi, noi non li facciamo vedere, con il risultato che l’opinione pubblica occidentale non si rende conto del pericolo vero che il progetto del Califato mondiale rappresenta. Che sarà mai, con tutti i morti ammazzati di cui veniamo a conoscenza ogni giorno,uno, dieci, cento in più cosa cambia ? L’importante è rimanere tranquilli, non cambiare canale, sfogliare serenamente il giornale, senza “lasciarci imporre il terrore” che sicuramente proveremmo nel vedere con i nostri occhi che cosa significano davvero quelle sigle così neutre. Una, Isis, ricorda persino il nome di un fiore. Cosa vogliamo di più ? Se poi un giorno, neanche tanto lontano, ci sveglieremo in una società islamizzata, pazienza, l’avremo attesa senza ricorrere a misure serie di difesa, ci saremmo comportati da cittadini rispettosi verso tutte le religioni, anche quella che impone agli infedeli la conversione o la morte e l la fine delle nostre società democratiche. I nostri assassini non li abbiamo voluti riconoscere, invece di chiamarli con il loro nome, li abbiamo definiti pazzi, tecno-trogloditi, barbari, estremisti, persino cannibali, ma la storia ci insegna che di canaglie simili è sempre stato pieno il mondo, quindi non facciamo il loro gioco, mostriamo i loro crimini il meno possibile. Stiamo tranquilli.
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