(Traduzione di Angelo Pezzana)
Yair Lapid, Ytzhak Herzog, Tzipi Livni
Durante tutta la campagna elettorale, il Primo Ministro Netanyahu e il Likud hanno ricevuto molte critiche, tra le più recenti il rapporto del Controllore dello Stato sul “bottiglia-gate” e, più importane, quello dello stesso Controllore sulla crisi degli alloggi, che hanno contrassegnato i toni anti-Netanyahu. Ma nell’ultimo fine settimana Netanyahu è riuscito a risalire nei sondaggi grazie ai suoi interventi all’AIPAC e al Congresso Usa.
Il discorso di Netanyahu al Congresso ha creato un forte impatto negli Stati Uniti. Ha messo sotto giudizio l’Amministrazione Obama per quanto riguarda l’Iran nucleare. Che lo si voglia o no, l’effetto sugli elettori rimane poco chiaro. Grazie alla campagna elettorale, gli appelli dei partiti sono ora più netti e precisi. Il messaggio centrale del Likud è “o noi o loro”, uno slogan che evidenzia la scelta a primo ministro tra Netanyahu e Herzog/Livni. Alcune pubblicità del Likud mostrano l’immagine di Herzog che si sovrappone a quella di Livni, il che può voler dire che molti giudicano Herzog più popolare di Livni, che ha cambiato molte volte partito. Va ricordato che Livni succederà a Herzog quale primo ministro dopo due anni, sempre che l’ Unione Sionista vinca le elezioni.
Avigdor Lieberman, Benjamin Netanyahu
Infatti il messaggio centrale dell’ Unione Sionista è che Netanyahu ha fallito, per cui deve andarsene. Un tema cruciale è la scelta da parte dei leader di partito su chi dovrà essere nominato primo ministro dal Presidente Rivlin. Arieh Deri, leader di Shas, ha dichiarato che il suo partito sosterrà Netanyahu, anche se non esclude la possibilità di far parte di una colazione guidata da Herzog. Infatti Shas ha ripetuto che non entrerà in una coalizione con Yesh Atid di Yair Lapid. Lapid ha detto che non entrerà in un governo che abrogherà la legge sul servizio militare obbligatorio per gli ultra-ortodossi. Questo rende la coalizione guidata dall’ Unione Sionista ancora più difficile.
Proteste contro la politica di Netanyahu in piazza Rabin, a Tel Aviv
A tutto ciò si aggiunge il fatto che la Lista Araba Unita ha deciso non non far parte di qualsiasi governo. La loro portavoce Raja Zaatry ha detto che non farà parte di nessun governo “che opprime il suo popolo”, aggiungendo che, se sarà possibile, “dall’esterno, faranno tutto il possibile pere impedire a Netanyahu di formare un governo”.
Altro tema importante è l’accordo fra i partiti sulla destinazione dei cosiddetti voti non attribuiti, cioè quelli dati per esempio a liste che non hanno superato la soglia di sbarramento. Messi insieme potrebbero eleggere uno o due deputati aggiuntivi. All’inizio della campagna elettorale, l’ Unione Sionista e Meretz avevano fatto un accordo. Se venisse annullato Meretz potrebbe stipularlo con la Lista Araba Unita. Per esemio l’ Unione Sionista potrebbe stipularne uno con Yesh Atid, che non ha stretto accordi con nessuno. Ma la Lista Araba Unita ha respinto la proposta. L’unico risultato è che Yesh Atid, che si dichiara di centro, adesso viene accomunato alla sinistra.
Simbolo di Shas, il partito ebraico ortodosso sefardita
Oggi più che mai, il tema chiave della campagna è se Netanyahu rimarrà primo ministro. La cosa non è per niente chiara, anche perché Herzog e Livni si sono rifiutati di escludere esplicitamente la possibilità che l’ Unione Sionista possa far parte di un governo a guida Netanyahu. Moshe Khalon, leader di Kulanu, ha sistematicamente rifiutato di dire che sarà il candidato a primo ministro per il suo partito. Gli unici due partiti ad essere contro Netanyahu primo ministro sono la Lista Araba Unita e Meretz.
Yediot Aharonot, il secondo giornale per diffusione in Israele, e il suo website Ynet, hanno duramente attaccato Netanyahu durante la campagna elettorale. Adesso hanno pubblicato un documento, datato agosto 2013, nel quale si dice che Netanyahu fosse d’accordo nell’attribuire notevoli concessioni territoriali ai palestinesi. Ci sono state svariate smentite, una dall’ufficio del Primo Ministro, nella quale si diceva che: “il Primo Ministro Netanyahu ha detto chiaramente per anni che data l’attuale situazione mediorientale, ogni concessione territoriale sarebbe stata sequestrata dal fondamentalismo islamico,come è avvenuto a Gaza e nel Libano del sud".
Una grande manifestazione contro la rielezione di Netanyahu a primo ministro è stata organizzata il 7 marzo nella piazza Rabin di Tel Aviv, con la partecipazione di circa 35.000 persone. L’intervento principale è stato di Meir Dagan, già capo del Mossad, che da anni critica Netanyahu, il quale ha dichiarato che Israele sta affrontando la peggiore delle crisi a causa della leadership di Netanyahu. C’è stato anche un tentativo di far rivivere le proteste sociali del 2011, lungo il Boulevard Rothshild sono riapparse le tende, ma la partecipazione è stata bassa. Dopo alcuni giorni, è stata la municipalità di Tel Aviv a rimuoverle.
Nel frattempo i sondaggi indicano che il Likud si sta riavvicinando all’ Unione Sionista, alla quale vengono attribuiti 24 seggi. La divisione tra i due blocchi rimane più o meno la stessa. Likud, Bayit Yehudì e Israel Beitenu raggiungono i 40 seggi, ai quali se ne possono aggiungere tre se Yahad di Yishai supera lo sbarramento. I 19 seggi di Yesh Atid nella precedente Knesset andranno divisi con Kulanu di Moshe Kahalon, per un totale di 20 fra entrambi. Unione Sionista e Meretz arrivano a 30, con un aumento di 3. I due partiti ultra-ortodossi arrivano, insieme, a 18, mentre la Lista Araba Unita ne otterrebbe 12, uno in più di quando erano divisi.
Questo panorama spinge a chiederci quale è la natura di queste elezioni, visto il lieve cambiamento tra le coalizioni. Ci sono molti indecisi, anche un lieve passaggio di voti potrà cambiare il risultato finale delle prossime elezioni.
Manfred Gerstenfeld è stato presidente per 12 anni del Consiglio di Amministrazione del Jerusalem Center for Public Affairs. Collabora con Informazione Corretta.