Un ampio studio sull’informazione diffusa dall' Iran, fin dal 1979 quando gli ayatollah si erano impadroniti del Paese, dimostra che i leader iraniani sono motivati da diversi fattori. Quale sia la situazione o il contesto non importa: il fattore più importante, quello precede tutti gli altri, è quello che spinge gli ayatollah ad acquisire armi, da usare contro chiunque in futuro volesse sfidare la loro volontà di potenza.
L’egemonia regionale
I governanti iraniani considerano il loro Paese una potenza regionale, e faranno di tutto per rafforzare questa posizione. Ma non solo: si ritengono protagonisti sulla scena internazionale, per potenza militare, per la dimensione della loro nazione, l’audacia e la volontà di voler imporre la realizzazione delle loro aspirazioni. Ritengono che l’Iran non debba accontentarsi di essere "solo uno dei tanti Paesi", ma debba essere riconosciuto di diritto come il più importante della regione.
La vittoria sciita sui sunniti
I leader iraniani si sentono in dovere di governare sul mondo islamico perché sono i discendenti del quarto califfo, Ali Ibn Abi Talib, fondatore della Shiia. Gli sciiti, in tutto il mondo, odiano profondamente i sunniti, i seguaci di Mu’awiyah ben Abi Sufyan, colui che si ribellò contro Ali, e questo odio è stato alimentato per 1300 anni con persecuzioni, omicidi, torture e morte.
Gli sciiti ricordano in particolare, l’assassinio di Husayn ben Ali nella città di Karbala, nel sud dell'Iraq, nell’anno 680, perché non fu solo assassinato: la sua testa mozzata fu infatti portata a Damasco come prova che la missione era stata compiuta. Il Califfo omayyade Yazid ibn Muawiyah la espose per un mese, in modo che tutti i suoi avversari potessero vederla e tremare all’idea di cosa sarebbe potuto succedere a chi si fosse ribellato contro il suo potere.
Gli sciiti ricordano questo evento durante la cerimonia annuale del Tazya (consolazione), durante la quale si flagellano a sangue.
Il sogno degli ayatollah è quello di liberare la Mecca dalle mani dei sauditi sunniti, in modo da riportare la supremazia alla Casa di Ali. Questa è una delle fonti più profonde dell’odio che esiste tra gli iraniani e i sauditi.
Vendicarsi sugli arabi
I persiani non hanno mai dimenticato la rovina in cui gli arabi musulmani li avevano trascinati quando sbaragliarono l’impero persiano Sassanide nel VII secolo, né hanno dimenticato come gli eserciti islamici li avevano massacrati, né il modo in cui trattarono le mogli e le figlie dei persiani, vendendole al mercato degli schiavi, e come li avevano costretti a convertirsi tutti all'Islam.
Persiani, azari, beluci, curdi – i popoli dell’Iran - non hanno mai dimenticato nè perdonato ciò che gli arabi gli avevano fatto, e sono ancora in attesa di potersi vendicare. Odiano soprattutto i beduini della penisola arabica, da dove erano giunte le tribù arabe alla conquista del mondo sottomettendone le popolazioni. Oggi i sauditi vivono in quella penisola, ed è per questo che l’Arabia Saudita è vista come un Paese da conquistare, per permettere all'Iran, l’unica nazione legittima, di prendere il sopravvento.
Il ritorno dell'impero persiano al suo antico splendore
Il sogno dei Persiani è quello di un ritorno alle dimensioni dell’antico Impero, che regnò “dall’India all’Africa” - cioè, dal Subcontinente indiano all’Africa del Nord. Quest’aspirazione imperialista è stata espressa da Khomeini in un discorso pronunciato il 25 marzo 2006, parte del quale è apparso in una pubblicazione di un giornale di Hezbollah, quando ha scritto molto chiaramente: "La profondità strategica del popolo iraniano spazia sulla Palestina, l'Africa del Nord, il Medio Oriente, l'Asia centrale e il Subcontinente indiano. "
La dominazione dell’Occidente
L'Occidente è guidato da Gran Bretagna e America, le potenze mondiali moderne considerate ostili dagli iraniani. Il Regno Unito è una potenza che ha esercitato la maggiore influenza sui confini e sul regime dell'Iran dalla sua definizione iniziale negli anni '40. Anche gli americani hanno interferito più di una volta nella gestione interna del Paese e se c'è una cosa che gli iraniani aborriscono, é l’interferenza esterna negli affari nazionali.
Gli iraniani chiamano l’Occidente “Istikbar” – letteralmente quelli pieni di orgoglio immeritato - e la citazione di Khomeini "Oh Istikbar", viene interpretata: “Questo è il nostro messaggio al mondo Istikbar, deve sapere che il popolo iraniano è unito e forte. I giovani e vecchi di questa grande e potente nazione islamica e le generazioni che si sono susseguite, che vivono al centro degli eventi e che è stata resa più forte dall’esperienza, sono coloro che portano la bandiera a protezione l'Islam. Le nostre bandiere sventolano, un miliardo e mezzo di musulmani di tutto il mondo alza gli occhi verso di esse, questa è la profondità strategica della nostra nazione e il suo potere rivoluzionario nelle terre islamiche della regione ... ".
La colpa peggiore di tutte, per gli ayatollah, è che il veleno culturale dell’eretico Occidente è riuscito a infiltrarsi nella società islamica – portando il permissivismo, il materialismo, la parità dei diritti, la laicità, la democrazia – per distruggere morale e valori, il regime e l’economia, per neutralizzarne la volontà di combattere l’Occidente.
Le società occidentali sono accusate perché la maggior parte dei giovani iraniani vorrebbe emigrare negli Stati Uniti o in Europa, se solo potessero. L'odio nei confronti degli ebrei
La tradizione sciita riserva un posto speciale per gli ebrei. Gli ebrei erano una piccola minoranza tra i sunniti, e questo fece sì che fossero più vicini alla parte sciita. Alcuni sciiti considerano gli ebrei come ‘'Najes’- ritualmente impuri - un fatto che si evidenzia al mercato. Quando un ebreo va per acquistare prodotti alimentari, non gli è consentito di scegliere, ma deve lasciare al commerciante decidere per lui quali merci può acquistare. Ovviamente gli viene data della merce di scarto che nessuno avrebbe acquistato.
Oggi gli ebrei e lo Stato di Israele sono il "piccolo Satana" agli occhi degli ayatollah, mentre gli Stati Uniti sono il "grande Satana".
Gli ebrei non hanno diritto a una terra, e questo rende lo Stato di Israele illegittimo e votato alla scomparsa. Gli ebrei non hanno il diritto di sfidare i musulmani, meno che mai ucciderli, neanche per autodifesa. Per questo tutti gli ebrei in Israele sono meritevoli di morte.
Gerusalemme, che non ha assolutamente alcuna rilevanza nella tradizione sciita, è stata fatta propria dagli ayatollah per mostrare al mondo islamico che non sono meno anti-sionisti dei sunniti.
Hezbollah usa lo stesso linguaggio. Questa è l’origine dell'odio bruciante dei governanti iraniani nei confronti d’Israele. Faranno tutto il possibile per distruggere lo Stato ebraico, e sanno che molte delle nazioni del mondo non verseranno una lacrima se Israele scompare, la distruzione di Israele non pregiudicherà la loro posizione internazionale.
Uno dei leader iraniani ha già definito Israele un “Paese da colpire con una bomba”, perché un’atomica su Tel Aviv è sufficiente a distruggere l’intero Stato. Noi, e il mondo
Dobbiamo prenderli sul serio, ricordando che non abbiamo prestato attenzione agli avvertimenti degli anni '30. Il Primo Ministro di Israele deve ricordare i pericoli in ogni momento possibile, per svegliare il mondo e i suoi leader di fronte alla catastrofe iraniana che si presenta per Israele e per il mondo intero.
Mordechai Kedar è lettore di arabo e islam all' Università di Bar Ilan a Tel Aviv. Nella stessa università è direttore del Centro Sudi (in formazione) su Medio Oriente e Islam. E' studioso di ideologia, politica e movimenti islamici dei paesi arabi, Siria in particolare, e analista dei media arabi