Ricordi in macerie
Luis S. Krausz
Traduzione di Vincenzo Barca
Giuntina euro 15
Dopo aver assaporato le affascinanti atmosfere brasiliane nel romanzo di Ronaldo Wrobel, Traducendo Hannah, edito da Giuntina nel 2013 e selezionato nella terna finalista alla XIV edizione del premio letterario Adei Wizo, torniamo in Brasile con un libro originale e intenso di Luis S. Krausz, “Ricordi in macerie” in questi giorni nelle librerie. Due autori talentuosi, Wrobel e Krausz, sconosciuti al pubblico italiano che Giuntina ha il merito di aver scoperto e pubblicato come altri gioielli letterari della collana Diaspora.
E’ un vero scrigno di ricordi intrisi di nostalgia quello che ci regala l’autore che, nato a San Paolo da una famiglia ebraica fuggita da Vienna prima di rimanere vittima delle persecuzioni naziste, ripercorre in pagine poetiche pervase da una tenue ironia. Scandisce il racconto di questi frammenti di memoria una costante e inestinguibile nostalgia fra un mondo perduto di cui si rimpiange l’ordine, la meticolosità, la cultura e una realtà disarmonica, chiassosa, poco incline all’introspezione che accentua la solitudine dell’ebreo cacciato dalla sua heimat e riduce a dimensione angusta lo spazio riservato alla memoria.
I ricordi che l’autore salva dall’oblio si dispiegano in quindici capitoli dove accanto a poetiche descrizioni della città di San Paolo nelle quali ogni parola sembra scaturita da un accurato lavoro di cesello (“…i palazzi più alti sembrano indossare la nuvola di fuliggine e di particelle di zolfo come dive che, terminato il proprio numero, si avvolgono pudicamente in uno scialle di seta”), si incontrano oggetti e personaggi in un continuo rimando fra passato e presente.
E così il tappeto persiano comprato da un antiquario di Zurigo che l’autore porta ad aggiustare nella lontana rua Rio Fidalgo nel quartiere di Parelheiros da una “restauratrice di tappeti orientali che viveva lì nell’orgogliosa ristrettezza di una povertà ben nutrita”, le casse con i libri che i nonni hanno portato da Vienna all’epoca dell’emigrazione e la cartella con gli spartiti manoscritti trovata “nella muffa dell’abbandono” sono reminiscenze di un mondo ormai scomparso di cui è ancora struggente la nostalgia.
Per contro la modernità con il fumo dei camini delle bisteccherie, gli autobus sferraglianti, i sotterranei della città con gallerie mai lambite dal sole pare il preludio di una catastrofe “sempre più vicina che, tuttavia, non arrivava mai……” In questi frammenti di vita si innestano i ricordi del padre vero cultore di orologi di cui possedeva una collezione di pregio, dei bisnonni, orgogliosi dei loro libri e delle loro stoviglie, del nonno che aveva preso il nome del Kaiser Guglielmo per celebrare l’amicizia fra Austria e Germania, ma anche gli incontri scaturiti dall’arrivo di una busta azzurra dal Museo ebraico di Berlino che lo invitano a partecipare all’organizzazione di una mostra il cui tema è il destino degli ebrei tedeschi e austriaci fuggiti dall’Europa all’ascesa del nazismo.
Con il compito di raccogliere documenti e oggetti che possano “rappresentare l’aura dell’universo scomparso di quegli emigranti” l’autore incontra personaggi straordinari come il figlio di Ludwig Frank o la figlia di Frau Lisette Hopfen che non esita ad aprire cassetti e armadi della casa di Alto da Boa Vista e a mostrargli i vasi con le orchidee, una delle passioni della madre.
Nonostante la difficile convivenza nel medesimo quartiere con vecchi nazisti fuggiti in Brasile dopo la guerra, l’attrazione per la patria che avevano dovuto abbandonare si esprime anche nella partecipazione della famiglia Krausz alla visione delle diapositive che i nonni portano di ritorno dai loro viaggi in Europa: un evento vissuto con solennità, oltre che un’occasione festosa per ritrovarsi fra parenti. “L’Europa aveva espulso i miei nonni e ciò nonostante loro sembravano amarla molto più di prima. Il mondo di luce e di splendore che man mano inondava il grande schermo irradiandosi in ogni angolo del salone ermeticamente silenzioso era, ai nostri occhi, la materializzazione della perfezione divina ….”
Come tessere di un puzzle che compongono un mosaico finemente cesellato i ricordi di Luis Krausz danno vita ad un’opera di qualità dallo stile semplice, levigato che emoziona il lettore e lo rende partecipe dell’omaggio che l’autore rende ad un mondo irrimediabilmente perduto perché in ognuno di noi alberga sempre un pizzico di nostalgia per ciò che ci siamo lasciati alle spalle.
Giorgia Greco