Il problema più importante
Cartoline da Eurabia, di Ugo Volli
a destra: Non ti dispiace se continuiamo a lavorare mentre parli...
Cari amici,
potete starne sicuri, delle cose veramente importanti che succedono fuori dallo stretto circuito della “politique politicienne” del villaggetto di Montecitorio e da ciò che la influenza, la nostra stampa, se può, tace.
Per esempio nessuno vi ha raccontato che mercoledì scorso la televisione israeliana ha mostrato alcune immagini riprese dal satellite israeliano Eros 2 (“Eros” non c'entra in questo caso con l'Amore, ma sta per Earth Ressources Observation Satellite).
Vi si vede, in un sito vicino a Teheran, l'immagine di un missile, la cui lunghezza è stimata in 27 metri (come una casa di 10 piani), che può raggiungere “obiettivi ben al di là dell'Europa”, il che è un eufemismo per dire che può arrivare negli USA, naturalmente portando un carico nucleare (http://www.timesofisrael.com/israeli-tv-shows-iranian-missile-that-can-reach-far-beyond-europe/ ).
Non è una notizia da poco. Rinvia oggi, tratta domani, rompi dopodomani, ricuci il giorno dopo, fai una riunione qui, dai una rassicurazione lì, l'Iran sta armandosi quasi indisturbato. E' assai vicino a ottenere la bomba atomica, nel senso che ne sta sperimentando i vari pezzi, si è procurato da tempo i materiali, ha arricchito l'uranio al grado di purezza necessario facendo il gioco delle tre carte. E ha i mezzi per spedire le sue armi su tutto il Medio Oriente, ma anche su tutta l'Europa e anche su New York, a quanto pare. Il che significa che possiede (o presto possiederà un certo deterrente anche nei confronti dell'America. Che certo di atomiche ne ha molte di più e potrebbe ridurre l'Iran all'età della pietra.
Ma quando per esempio gli ayatollah facessero guerra a Israele, quale presidente americano si sentirebbe di rischiare anche col 10 per cento delle probabilità una bomba su New York? Chi si fiderebbe della razionalità di un regime fanatico come quello iraniano, per fermarlo con la minaccia di rappresaglie?
La responsabilità di questo stato di cose è della sola potenza che poteva fermare facilmente l'armamento iraniano, l'America.
In particolare dell'Amministrazione Obama, che decise di rinunciare al ruolo mediorientale degli Usa appoggiandosi su due partner assolutamente sbagliati, la Fratellanza Musulmana, madre di tutti i terrorismi sunniti, e l'Iran, padre di tutti i terrorismi sciiti. Come se il governo italiano decidesse che per tenere in ordine il Meridione bisognasse cedere il potere ufficialmente alla Mafia e alla Camorra.
La Fratellanza Musulmana per fortuna è stata sbaragliata nel suo baricentro egiziano dal generale Al Sissi e ha perso molto potere, col suo braccio “palestinese” chiamato Hamas, nonostante l'appoggio di Obama e di un bel pezzo di quelli che contano in Europa.
Con l'Iran sono in corso da anni trattative per “normalizzare i rapporti”, nonostante lo sforzo ininterrotto del paese per ottenere l'armamento nucleare.
Le trattative sono fallite due volte per l'intransigenza iraniana nel rifiutare qualunque serio impegno a chiudere le vie tecnologiche verso la bomba atomica; ma adesso stanno ripartendo. Nel frattempo però l'Iran ha esteso il suo impero, approfittando a Est dell'abbandono americano dell'Afganistan, a Ovest impadronendosi col consenso di Obama di mezzo Iraq ed entrando in Siria fino ai confini con Israele, come si è visto di recente, avendo già piede in Libano e in Sudan e cercando di conquistare Yemen e Bahrein.
Se guardate una carta geografica, vedrete due tentacoli, uno a nord e uno a sud dei paesi arabi (e in mezzo a loro anche di Israele). E' uno stato di cose che preoccupa moltissimo gli stati del golfo e l'Egitto, tanto da aver indotto una sorta di tregua operativa con Israele. Ma Obama, in sostanza, incoraggia l'Iran a diventare potenza egemone della reguone, anche se non ha per nulla rinunciato al suo odio violento per l'America, Israele, e l'Occidente.
E anche se il suo modo di governare è sempre terrificante: nelle prime due settimane di gennaio ci sono state 15 impiccagioni (http://www.lastampa.it/2015/01/13/blogs/caffe-mondo/iran-ventuno-impiccagioni-in-una-settimana-9tWR9nG6nHZUBhpK5kDwKN/pagina.html ) Essere donna o avversario politico o minoranza religiosa da quelle parti continua ad essere pericolosissimo.
Ma Obama non ha neppure approfittato della guerra del petrolio che l'Arabia Saudita ha portato contro l'Iran abbassando le sue rendite con il crollo delle tariffe; le trattative fra Kerry e Zarif, ministro degli esteri del regime, sono riprese e c'è una netta opposizione dell'amministrazione americana, anzi una dichiarata minaccia di veto contro la decisione del congresso di imporre nuove sanzioni a Teheran. E' in questo quadro, come spiega Caroline Glick in questo bell'articolo (http://www.jpost.com/Opinion/Column-one-Iran-Obama-Boehner-and-Netanyahu-388671 ) che si può capire un'altra vicenda importante di cui i giornali italiani hanno parlato poco: l'invito del Congresso americano a Netanyahu perché faccia un disorso alle camere riunite, il che avverrà il prossimo 8 marzo.
E' un onore raro, che a Netanyahu capita per la terza volta (solo Churchill aveva ottenuto una simile considerazione), ma che ha fatto imbestialire l'amministrazione Obama che per l'occasione si è comportata veramente come una banda mafiosa, minacciando vendette (http://www.timesofisrael.com/it-will-be-hard-to-trust-netanyahu-after-latest-bust-up-us-officials-reportedly-say ) e descrivendo l'invito di Netanyahu come “uno sputo in faccia” (http://www.timesofisrael.com/netanyahu-spat-in-our-face-white-house-officials-say /) . Obama ha avnzato bizzarre scuse: non sarebbe “protocollo” per un leader straniero accettare un invito del genere senza il suo consenso (ma il parlamento è un organo sovrano che lui sta cercando di spossessare della sua competenza in politica internazionale, facendo accordi con Cuba e l'Iran contro la sua volontà http://www.jpost.com/Israel-News/Politics-And-Diplomacy/Analysis-The-Netanyahu-speech-flap-Republicans-are-people-too-388683 ); che non è abitudine della presidenza americana parlare con i leader sotto elezioni (ma non è vero, lo fece per esempio anche Clinton con Peres).
Dunque Obama e Kerry non incontreranno Netanyahu quando verrà a Washington. In parte le ragioni per questa accoglienza gelida sono le stesse che si sono viste due settimane fa a Parigi: antisemitismo sotto forma di antisraelismo, insofferenza per l'indipendenza di Netanyahu, col conseguente tentativo di favorire i più docili suoi avversari elettorali, voglia di mostrare al mondo che America ed Europa stanno dalla parte dei “palestinesi” (anche se ricevono in cambio solo odio e violenza). Ma vi è di più. Netanyahu è il solo leader che è capace di contrapporsi al piano strategico americano di appeasement con l'islamismo. Israele conosce benissimo la regione in cui si trova, è in grado di valutare molto meglio degli incompetenti del Dipartimento di Stato e dell'Amministrazione Obama le conseguenze dei cedimenti americani, anche perché sarà proprio Israele a soffrirne. Inoltre Netanyahu è un grandissimo politico, ha preziose conoscenze nell'establishment americano, è in grado di farsi capire, apprezzare e applaudire nel Congresso e nel paese.
Insomma, la reazione scomposta di Obama all'invito di Netanyahu è soprattutto frutto di paura, del timore di subire un'altra sconfitta politica dopo la perdita delle elezioni e della maggioranza al Congresso e tutti i rovesci della sua politica internazionale. Insomma Netanyahu non va al Congresso solo in difesa di Israele - che è naturalmente il suo primo e ben legittimo interesse- Netanyahu parlerà all'America per l'America, contro la catastrofica politica di un presidente che in un posto con una costituzione meno monarchica sarebbe già stato rovesciato per evidente incapacità, se non per alto tradimento.
Ugo Volli