Intervista ad Amos Oz 28/05/2007
Autore: Giorgia Greco

Pubblichiamo un’intervista di Carlo Brambilla allo scrittore Amos Oz apparsa su La Repubblica di sabato 26 maggio intitolata “Il dizionario di Amos Oz”

 

 

Prime parole al posto di prime pietre al cantiere del nuovo Teatro Franco Parenti di Milano, che verrà inaugurato il 16 gennaio del 2008. Per dare anima al suo progetto di multi sala teatrale (tre spettacoli in contemporanea nella stessa serata, come accade al cinema) la direttrice artistica del teatro, la regista Andrée Ruth Shammah, ha chiamato grandi scrittori e intellettuali a deporre, simbolicamente, alcune parole fondanti, come semi culturali da far germogliare. Allo scrittore israeliano Amos Oz, che ha visitato il cantiere, abbiamo chiesto di raccontarci dieci parole del suo vocabolario personale, con le quali oggi sente il bisogno di fare i conti.

 

 

Cominciamo dal termine “fanatismo”, sentimento perverso della natura umana, contro il quale lei combatte da anni con tanta passione.

 

“Il fanatismo è un punto esclamativo. Il fanatico ha le risposte ancor prima di fare le domande. Nello stesso tempo il fanatico è un grande altruista, perché è interessato all’altra persona più che a sé stesso. Vuole salvarti l’anima e cambiarti la mente. Lo fa per il tuo bene. E se non ti può salvare ti ammazza. Sempre per il tuo bene.”

 

 

Quale può essere l’antidoto al fanatismo?

 

“L’umorismo. Non ho mai visto un fanatico con uno spiccato senso dell’umorismo. Se potessi mettere il senso dell’umorismo in capsule e far sì che l’intera popolazione possa assumere queste pillole, mi qualificherei per il premio Nobel per la Medicina invece che in quello per la Letteratura. Mia nonna diceva sempre: quando hai pianto così tanto che non ti restano più lacrime, quello è il momento di cominciare a ridere”.

 

 

Anche la parola “compromesso”, secondo lei è un vocabolo importante da recuperare, particolarmente buono per i tempi moderni.

 

“Certo. Il termine compromesso viene vissuto spesso dai giovani idealisti in senso negativo. Come se fosse qualcosa di disonesto, di vischioso. Nel mio vocabolario personale, invece, è un sinonimo di vita del mondo. Dove c’è vita ci dovrebbero essere dei compromessi. L’opposto del compromesso non è integrità o onestà, ma è fanatismo e morte. Credo nel compromesso a tutti i livelli, sociale, familiare, di coppia”.

 

 

E che dire dell’”amore”?

 

“L’amore è un minerale molto raro. Penso che un essere umano possa amare al massimo dieci persone, magari venti. Come puoi essere amato da dieci persone. Da venti se sei molto fortunato. Questi sono i limiti dell’amore. Non credo sia possibile che tutti si amino. Su questo ho un piccolo diverbio con Gesù. Gesù pensa che l’amore sia universale, io no. Oltre questi confini io credo nella giustizia, non nell’amore. Quanto alla pace, non deve essere mescolata con l’amore. La pace si fa tra nemici.”.

 

 

Se l’amore è un minerale raro, un’altra sostanza, l’”odio”, sembra invece essere molto comune.

 

“Sì. Non è possibile amare delle persone completamente estranee. Al contrario, invece, è molto facile odiare degli stranieri. La maggior parte dell’odio del mondo è odio verso gli stranieri. E’ un sentimento molto impersonale. Quando una relazione diventa personale è molto più difficile odiare. Dell’”invidia”, al contrario, io preferisco dare una lettura positiva. Può essere il carburante che fa girare il mondo. Se soffri per il successo di un altro cerchi di avere più successo di lui. Se Dio togliesse l’invidia dagli uomini il mondo si fermerebbe”.

 

 

Indichi lei un vocabolo del suo dizionario che le sta particolarmente a cuore.

 

“La parola “domanda”. Io vivo in un paese dove ci sono molte più domande che risposte. Non perché non abbiamo trovato le risposte a tutte le domande. Ma perché le domande sono inevitabilmente più delle risposte. Questo è vero nell’amore, nella politica, nell’arte, nella vita personale. E’ importante imparare a vivere con delle domande aperte”.

 

 

Che cos’è un “libro” per un grande scrittore come lei?

 

“Per me il libro è un oggetto sensuale. Non solo mi piace leggerli. Mi piace sentirli tra le mie dita, mi piace annusarli, portarli a letto”.

 

 

Non leggerebbe mai un e-book al computer?

 

“Sarebbe come fare l’amore con una donna di plastica. Io, neanche scrivo al computer. Scrivo a mano, con una penna, per ragioni sensuali”.

 

 

Lei ha cambiato il suo cognome originario, Klausner, in Oz, che in ebraico vuol dire forza e coraggio. Quanto è importante per lei la “forza”?

 

“Quando avevo 14 anni mi sono ribellato a mio padre e ho cambiato il mio nome in “forza”. Perché non ne avevo e ne avevo bisogno. Ora so che il potere, come la forza, possono essere droghe molto pericolose”.

 

 

Mettiamo anche la “nostalgia” in questo dizionario minimo?

 

“La nostalgia è un modo di possedere il passato. Tutti abbiamo bisogno di nostalgia, ma non dobbiamo esserne ossessionati. E’ un ingrediente della vita, non l’intero piatto”.

 

 

Cosa significa per lei “Israele”?

 

“La casa”.