Lo scenario mediorientale descritto su queste colonne da Giorgio Israel, Giuliano Ferrara, e poi da Carlo Panella, è altamente condivisibile, ma lo si deve analizzare con realismo, altrimenti rischiamo di raccontarci quello che vorremmo veder accadere, evitando di guardare in faccia le cose come sono. Certo, hanno ragioni da vendere quando raccontano la storia – inesistente- del cosidetto popolo palestinese. Mai che sia esistito un loro Stato, non sono nemmeno mai stati un vero popolo ma soltanto una popolazione stanziata un po’ ovunque nella zona, sopratutto a Gaza, l’antica terra dei filistei, gente nomade di origine egea, quindi nemmeno semitica. Una terra che perse il nome di Israele dopo che l’impero romano ne distrusse financo il nome , sostituendolo con quello di Palestina. Quelli che oggi chiamiamo “popolo palestinese”, non hanno mai avuto neppure un legame religioso di qualche importanza con quel terrirtorio. Mentre Gerusalemme è nominata nella Bibbia 656 volte, il Corano non la nomina nemmeno una, mentre gli ebrei, quando pregano, guardano verso Gerusalemme, i musulmani si voltano verso Mecca e Medina, in più Gerusalemme è stata per 3ooo anni capitale del popolo ebraico e mai un solo giorno, in tutta la sua storia, di un qualsivoglia – mai esistito- stato arabo. I musulmani vanno in pellegrinaggio alla Mecca, non certo a Gerusalemme, non solo in tempi recenti, ma mai nella loro storia, dal 600 d.c. in poi. Infine Gerusalemme ha sempre avuto una maggioranza ebraica, nel 1838, per esempio, gli abitanti erano 14.ooo, dei quali 6ooo ebrei, 5ooo musulmani e 3ooo cristiani. Nel 1948, alla proclamazione dello Stato, gli ebrei erano 100.ooo e gli arabi 36.ooo. Questo per dire basta anche alla retorica della città “sacra” a più religioni, dove la fede viene usata per delegittimare la sovranità di Israele sulla sua capitale, invece di riconoscere che il rispetto delle diverse religioni c’è stato solo a partire dalla rinascita dello Stato ebraico. Ma veniamo alla soluzione proposta sul Foglio nei giorni scorsi, riassunta brevemente in Cisgiordania alla Giordania e Gaza all’Egitto. Niente sarebbe più logico e risolutivo. La Giordania ha in più una popolazione che è palestinese per il 75%, mentre Gaza, sotto sovranità egiziana, non sarebbe che una naturale estensione del confine . Un ragionamento che filerebbe liscio, una soluzione che vedrebbe concordi buona parte degli organismi internazionali, se applicassero criteri ragionevoli. Ma c’è di mezzo Israele. Già, perchè quello che vale per tutti gli Stati, non vale per Israele, l’unico Stato al mondo che, a sessant’anni dalla sua proclamazione dall’Assemblea delle Nazioni Unite, non vede riconosciuto nemmeno il suo diritto ad avere confini sicuri e Gerusalemme considerata quale sua capitale. I governi degli Stati occidentali, negli ultimi quarant’anni non hanno fatto altro che alimentare, in funzione anti-Israele, tutte le utopie, le ideologie, diciamo pure tutte le manipolazioni della storia, purchè si sviluppasse, accanto allo Stato ebraico, la minaccia di un altro Stato, che potesse, prima o poi, rappresentare un fattore di destabilizzazione di Israele. Hanno accettato quale leader quell’ Arafat che è stata la rovina più grande per il suo popolo, ne hanno condiviso l’ideologia terrorista accettandola come se fosse portatrice di “ liberazione “, hanno di fatto ratificato un diritto dei palestinesi ad avere uno Stato, quando una richiesta simile, se non ci fosse stato di mezzo Israele, non sarebbe mai neppure stata presa in considerazione. Su questa montagna di falsità storiche, e sull’invenzione di un popolo in cerca di uno Stato, si è costruita la “ questione mediorientale “. Giusta quindi l’analisi sul Foglio, ma di difficile realizzazione. Per due motivi. Primo, perchè l’occidente, salvo gli Stati uniti, è ancora troppo impregnato di antisemitismo per valutare serenamente e onestamente qualunque problema che includa gli ebrei o Israele. Non entro ovviamente in una valutazione che riguardi gli Stati arabi o musulmani, oggi più o meno contaminati dal fascismo islamico, alla guida oggi dell’antisemitismo più scatenato. Secondo, quelli che dovrebbero essere gli interlocutori del progetto, hanno già risposto di no da almeno quattro decenni. L’Egitto, di fronte all’offerta di Israele nel ’67 di riprendersi Gaza, oppose un rifiuto totale. Lo stesso la Giordania, che non solo rispose negativamente al progetto federativo di uno Stato palestinese-giordano che riunisse l’attuale regno con la Cisgiordania, ma ebbe sempre nei confronti delle richieste dei palestinesi una mano che definire dura è un eufemismo. Ne uccise più re Hussein con Settembre Nero che Israele nella sua lotta contro il terrorismo. Ecco il dramma nel quale si trova Israele, costretto dalla sua natura di Stato democratico a comportarsi conseguentemente, avendo di fronte scelte che purtroppo anche gli occidentali si rifiutano di comprendere. E proposte che vorremmo poter considerare possibili, pur sapendo che così non è.