Fatti reali fatti virtuali 22/05/2007
Autore: Luciano Tas
 

Il film presentato quest’anno a Cannes e che vede tra gli interpreti due tra le più glamorous  star di Hollywood, Angelina Jolie e Brad Pitt, potrebbe avere, se avrà successo,  un grande impatto “civile” sulla società, ovunque il film avrà il  permesso di circolare. Già, perchè “A Mighty Heart”, (Un cuore forte) racconta la storia di quel giovane giornalista americano, Daniel Pearl, catturato da terroristi islamici nel 2002 in Pakistan e decapitato davanti ad una impietosa telecamera che riprendeva l’esecuzione. E autorizzare la circolazione del film nei paesi islamici, dove l’indulgenza nei confronti del terrorismo è piuttosto diffusa, non sembra costituire una  priorità.

Il “reato” di Daniel Pearl, che lasciava la moglie incinta, era solo quello di essere ebreo e, aggravante, statunitense. Proprio come era accaduto anni prima a un altro ebreo americano, Leon Klinghoffer, anziano e paraplegico, scaraventato in mare con tutta la carrozzella dalla nave dirottata in Mediterraneo da terroristi palestinesi, poi riusciti a sottrarsi  alla giustizia con la fattiva collaborazione del governo italiano del tempo.

Le due notizie avevano a suo tempo colpito l’opinione pubblica occidentale. E si capisce il perché: la motivazione del crimine, le modalità dell’esecuzione e, nel  caso di Pearl, la diffusione dell’immagine non potevano lasciare indifferenti, nemmeno, probabilmente, tra i simpatizzanti dei terroristi di casa nostra.

Ma l’effetto di queste notizie è durato poco e il pregiudizio non ha tardato a riprendere il sopravvento, anche perché un gran numero di persone, dopo ogni azione efferata dei terroristi mediorientali (un terrorismo che si è diffuso anche negli Stati Uniti e in Europa), ha  continuato a  credere che questa terribile epidemia sia incominciata e continui a manifestarsi dopo il rifiuto israeliano di venire incontro ai “diritti legittimi del popolo  palestinese” (ma ci sono forse “diritti illegittimi”?).

Morale: la colpa è d’Israele. Così come di fronte alla immane catastrofe che ha colpito il popolo ebraico nel XX secolo, dopo tutte le persecuzioni subite nel corso  dei secoli in Europa, “se gli ebrei sono stati tanto perseguitati qualche cosa avranno pure fatto per attirare tanta rovina su di loro”.

Insomma, prima gli ebrei, poi Israele. Qualcosa avranno pure fatto per avere tanti nemici, i cui metodi sono certo riprovevoli, ma insomma, pure gli ebrei (o gli israeliani)…

Ne consegue che se Klinghoffer è stato assassinato tanto brutalmente e Pearl trucidato davanti a compiaciute telecamere, bisogna vedere, occorre distinguere…

Non sono bastate spiegazioni, documentazioni, fatti storici, testimonianze dirette per indurre alla  riflessione i malati epigoni di Faurisson, per scuotere una pigra ignoranza sposata a facili e criminosi pregiudizi.

Non ha mai avuto luogo un tentativo di capire i fatti del Medio Oriente, di non indulgere a ideologismi, a ideologie consunte almeno da mezzo secolo e dove il pregiudizio ha la meglio sul giudizio e serve anche per giustificare o nascondere le viltà.

E tuttavia ciò che non hanno potuto fare milioni di parole dette o  scritte, qualche volta sono riusciti a ottenere alcuni film. Il film, questo straordinario strumento che fabbrica fiabe per gli adulti, può arrivare a produrre risultati eccezionali. Quando il film riesce a sommare ingegni e geni in un crogiolo che ne moltiplica ed esalta gli effetti, allora la sua azione penetra  in  profondità, riesce a “trasmettere” emozione e un implicito messaggio. Riesce a “far capire”.

Oggi non ci emozionano più i fatti, ma solo i suoi riflessi in una fuga di specchi che rappresentano i fatti ma non lo sono. I fatti veri sono meno accettabili ed è la loro riproposta virtuale che li rende più “digeribili”.

Le grandi emozioni, come i “grandi” fatti, diventano veri se diventano virtuali e quindi sopportabili.

“Schindler’s List” è un fatto virtuale, come “Il pianista”, come – poeticamente – “Train de vie”. O “Il dittatore”, o “Arrivederci  ragazzi”. E, per altri versi “Orizzonti di gloria”,  “La grande guerra”, “Tutti a casa”.

E “arrivano”, eccome.

Se a questi andrà ad aggiungersi “A Mighty Heart”, se sarà cioè un buon film, la sua realtà virtuale “arriverà” e agirà più in profondo di quanto avvenga per la realtà fattuale. Ed avrà conquistato una “Palma”  più importante di quella che assegna Cannes.
Luciano Tas