“ Avete svolto un lavoro serio, vi ringrazio a nome del governo”, è stato il commento con il quale Ehud Olmert ha ringraziato i componenti la Commissione Winograd, incaricata di verificare la condotta del governo israeliano durante la guerra contro Hezbollah della scorsa estate. Eliyahu Winograd, giudice a riposo e capo della commissione, un’ora prima della conferenza stampa di presentazione dei risultati, si è recato personalmente da Olmert e dal ministro della difesa Amir Peretz per anticiparne le valutazioni. Se consideriamo che la commissione era di nomina governativa, non si può non elogiarne l’indipendenza con quale ha valutato i fatti. Il giudizio è molto critico nel confronti del governo, la leadership del Primo Ministro viene definita addirittura “ sconsiderata e passiva”. A dire il vero non è una novità. Già dopo le prime due settimane del conflitto appariva evidente che il governo guidato da Olmert non era in grado di mantenere quanto aveva promesso nei primi giorni di conflitto. Israele, dopo l’uscita dal Libano nel 2000, aveva concentrato la sua politica sugli aspetti sociali ed economici della società, non si stava preparando ad una guerra, la cui voce era quasi scomparsa dalle analisi politiche e militari, come capita alle democrazie che si occupano del benessere dei propri cittadini e non di attaccare gli stati vicini. Persino Dan Halutz, capo di stato maggiore, aveva sottostimato gli arsenali da guerra di Hezbollah, sicuro che le forze aeree sarebbero state sufficienti per bombardare le basi dalle quali partivano i razzi che colpivano il nord del paese. Un errore pagato con le dimissioni alla fine della guerra. Ma è anche vero che è stata l’intera società civile israeliana, dopo aver dato una prova straordinaria di compattezza e forza, se pensiamo che ha vissuto sotto attacco missilistico per un mese e mezzo, ad essersi messa in discussione a guerra finita. Esigere dalla propria classe politica un esame di coscienza per capire dove si è sbagliato, è una delle prove più alte per verificare se una società è democratica oppure no. Nessun processo sommario, nessuna defenestrazione, persino nessuna crisi politica immediata. Ad Olmert non è stato chiesto brutalmente di andarsene, né al governo Kadima di rassegnare le dimissioni, anche se l’opinione della gente era, ed è, fortemente negativa sul suo operato. Ma la commissione Winograd, il cui rapporto integrale si conoscerà solo il prossimo agosto, un verdetto l’ha già dato, confermando ciò che gli israeliani pensano dell’attuale governo. Sbaglia però chi crede che la non-vittoria contro Hezbollah sia rivelatrice di una società “ americanizzata” – come qualcuno ha scritto ieri – “senza più valori in cui credere, dedita ad uno sfrenato individualismo e all’arricchimento, dove un sistema corrotto di partiti non è più in grado di governare il paese”. In Israele succede quello che avviene in tutti i paesi democratici, dove i panni sporchi si lavano in pubblico, dove chi sbaglia non viene fucilato ma, subito o dopo poco, perde il posto e torna a casa. Certo i partiti litigano, le accuse di corruzione si sprecano, ma è la legge a prevalere, un processo sommario, anche a livello di pubblica opinione, è impensabile. Politici e militari, analisti ed esperti, stanno studiando per capire dove hanno sbagliato nel sottovalutare il nemico. La lezione servirà, perché Israele non può permettersi, mai, di dimenticare che il cammino verso la pace è ancora lungo e, se possibile, ancora più difficile.
Angelo Pezzana
da Libero del 1 maggio 2007