Le democrazie devono difendersi dai traditori 29/04/2007
Autore: Angelo Pezzana

Tempi difficili per le democrazie. Gli stati dittatoriali possono incarcerare e torturare cittadini solo perchè dissentono dalla politica ufficiale del regime, il tutto  nell’ indifferenza delle organizzazioni umanitarie internazionali, attente esclusivamente a verificare che non vengano commessi abusi nei paesi democratici. Se succede altrove, la cosa non interessa. In cima agli stati “ sotto osservazione “, ci sono naturalmente Stati Uniti e Israele, in particolare quest’ultimo, che si ostina a non volersi suicidare, atto che risolverebbe, a detta di molti, il conflitto con il mondo arabo-palestinese. E che mantiene inalterato, malgrado le enormi difficoltà, il carattere democratico delle proprie istituzioni. Prendiamo il caso del deputato Azmi Bishara, che l’altro giorno si è dimesso dalla Knesset mentre si trovava in Egitto. L’ha fatto davanti al console israeliano al Cairo, dichiarando “ Io sono un figlio della Palestina, ma anche  della Grande Siria, ho sempre creduto che il mio essere deputato nel parlamento isrealiano non fosse una professione ma una missione”.  Bishara, arabo cristiano, era deputato del partito Balad, tre seggi, in una assemblea dove gli arabi hanno 14 seggi su 120, si era allontanato da Israele sentendo pesante sul collo il fiato dell’inchiesta che lo vedeva coivolto in una accusa di tradimento, di collusione con il nemico. Bishara è accusato infatti di avere ricevuto, durante la guerra contro Hezbollah in Libano la scorsa estate, una grossa somma di denaro da Nasrallah in cambio di informazioni di intelligence che la sua qualità di deputato gli consentiva di conoscere. Da qui la fuga, che lui definisce esilio, e le dimissioni. Accompagnate dall’accusa a Israele di essersi inventata una “caccia alle streghe”, una affermazione che rende sempre, perchè mobilita non solo la propria parte politica, ma arriva anche al cuore di quella sinistra che, anche in Israele, è come cieca di fronte ai problemi che la minoranza arabo-israeliana rappresenta. E’ una pia illusione pensare un milione duecentomila cittadini (circa il 20%), che hanno dimostrato più volte la loro adesione alle posizioni vicine al terrorismo, siano tutti un modello di lealtà. Le parole di Bishara al Cairo, ingenuamente, lo rivelano. La Grande Siria non è altro che la cancellazione di Israele, detta in altri termini. Così come lo stato binazionale, che in Italia trova fra i suoi tifosi pure Barbara Spinelli, è il raggiungimento dello stesso scopo, ma a tappe demografiche. Un’accusa grave, che però ha sortito quanto Bishara si proponeva. Su Ha’aretz (l’equivalente di Repubblica) è uscito un editoriale a firma del proprietario del giornale, Amos Shocken, uno degli editori più importanti del paese e che in genere non pubblica mai niente di suo, nel quale si chiede, anzi si augura, che l’inno nazionale Ha Tikva (la speranza) venga cambiato, perchè le parole che lo compongono non possono essere fatte proprie dalla minoranza araba.  Fra i cambiamenti che Shocken si propone, c’è dell’altro, che aiuta a capire come una democrazia possa ammalarsi e perire non solo a causa di un nemico esterno. Sempre nel suo editoriale, scrive “ Lo Stato d’Israele è nato malgrado le obiezioni degli Stati arabi......”, ecco fin dove arriva il politicamente corretto. Le guerre non vengono più chiamate con il loro nome, ma “ obiezioni”, esattamente come il tradimento di Bishara lo si può far passare per una caccia alle streghe. L’avevamo già scritto su queste colonne, e non una sola volta. Prima o poi Israele dovrà chiedere ai suoi cittadini arabi se intendono essere fedeli allo stato democratico nel quale vivono, la condizione minima per  rimanere tali. Se si sentono più siriani che israeliani, cambino paese, sono liberi di andarsene. Allearsi con il nemico che vuole distruggere la democrazia dello stato ebraico non è permesso. Non lo capisce la sinistra, ma questa è una specificità non solo israeliana.