Zahal, Kadima
Autore: Deborah Fait
"Zahal, Kadima"
Queste parole  hanno dato inizio ai festeggiamenti per il 59 mo compleanno di Israele, le dice ogni anno, da ben 25 , un vecchio soldato che, a Gerusalemme sul Monte Herzl, apre e chiude le cerimonie di Yom Azmaut, ogni anno piu' vecchio e piu' simpatico.
Ogni anno, alla fine dei festeggiamenti, si piazza davanti al Presidente della Knesset e gli annuncia sorridendo " La cerimonia di Yom Haazmaut e' finita, Signore". Quest'anno ha detto "Signora' perche' il presidente della Knesset e facente funzioni del Presidente dello Stato e' Dalia Itzik.  
Ogni anno il Presidente di turno lo abbraccia con affetto perche' il vecchio soldato e' un'istituzione in Israele, uno di famiglia, Yom Azmauth e' lui colla sua divisa caki e il basco rosso in testa, il viso di nonno burbero sempre pronto al sorriso.
Il giorno prima Israele aveva stretto in un abbraccio doloroso  i suoi 22.305 caduti in guerra e per terrorismo, li aveva commemorati tutti davanti al Kotel , a Gerusalemme, e le sirene, ancora una volta dopo Yom HaShoa',  avevano suonato  per due minuti avvolgendo tutto Israele nello strazio.
Ventiduemilatrecentocinque morti per l'odio, per il rifiuto arabo di accettare accanto ai loro 21 stati, dislocati in un enorme territorio, uno stato piccolissimo, minuscolo, non arabo e non islamico. Uno stato che  gli avrebbe portato solo benefici e progresso. Non lo hanno voluto e da quel giorno tentano di eliminarlo.
Uno stato ebraico, l'unico che gli ebrei abbiano, 20.000 kmq soltanto, un fazzoletto di terra che dava fastidio al mondo arcaico degli arabi e, prima ancora che le Nazioni Unite votassero per la sua nascita, gia' avevano incominciato a fargli la guerra.
Nel 1948 c'e' stata l'invasione seguita da altre guerre e da mezzo secolo di terrorismo.
Per questa stupidita' araba, per questa ignoranza, intransigenza, per il loro odio antisemita sono morti 22.305 israeliani, bambini, neonati, vecchi, adolescenti, famiglie intere decimate e distrutte e tanti troppi soldati giovanissimi, quasi bambini anch'essi.
Nelle sirene c'e'  lo strazio delle madri che quando aprono la porta di casa e si trovano davanti due soldati, urlano disperate "NOOOOOO" . Sanno prima di sapere e il cuore si spezza.
C'e'  la nostalgia di bambini rimasti senza mamma, bruciata in un autobus, c'e la disperazione di tutto un popolo. Le sirene suonano la morte che accompagna sempre il popolo ebraico, morte data  senza nessun altro motivo che l'odio e la stupidita'.
" Non ne avete abbastanza del sangue che avete versato?"
Con queste parole Dalia Itzik, nel suo discorso, si rivolge agli arabi.
"Non ne avete abbastanza? "
"Noi siamo minacciati e attaccati da guerre da vicino e da lontano, dal lontano Iran, alla Siria fino all'Autorita' Palestinese , praticamente fuori dalla porta di casa. Sono tutti la' a dire che vogliono distruggere Israele...assetati di sangue...."
Poi ancora si rivolge ai palestinesi:
"Perche' non sostituite i katiusha e i qassam con computer e con l'educazione all'amore e al rispetto. Il sorriso di un ragazzo e' il futuro non la guerra..."
 
Alla fine del suo discorso,  ha acceso il braciere, ancora  fuoco, il fuoco della vita, il fuoco della gioia dopo quello della morte e dell'incubo del giorno precedente, la Giornata del Ricordo dei Caduti.
Ma noi li abbiamo presi quei 22.305 Fiori di Israele, li abbiamo messi nei nostri cuori , abbiamo asciugato le lacrime e li abbiamo portati alla festa del Giorno dell'Indipendenza per ricordare insieme a loro che noi ci siamo, che non li dimentichiamo,  che Israele c'e.
Dodici  israeliani, tutti cittadini di Gerusalemme perche' quest'anno si celebra anche la riunificazione della Capitale, hanno acceso altrettanti bracieri in onore delle dodici tribu' .
Accendendo i fuochi hanno detto a voce altissima "Le tif'eret Medinat Israel" per lo splendore di Israele.
Chi e' abituato alle parate della Festa della Repubblica in Italia deve sapere  che qui da noi e' tutta un'altra cosa, la nostra e' una festa di famiglia, i ballerini hanno vestiti semplici, sembrano fatti in casa da una vecchia zia, i cantanti, soldatine e soldatini, sono tutti in divisa caki, senza gradi, tutti uguali, tutti della stessa famiglia, tutti ragazzi felici che cantano e ballano, anche male, e che ridono felici.
Sono belli, giovani. Non vanno a tempo? Non importa, e' una festa, la nostra festa, e' la festa di Israele.
Una festa semplice, povera rispetto alle parate faraoniche cui siamo abituati in Europa, casalinga, una vera festa israeliana, fuori dai canoni dell'eleganza, del militarismo, dell' etichetta  ma vissuta col cuore, con amore e tanta commozione.
Poi arrivano i battaglioni con le bandiere e il pubblico e' in piedi che applaude , qualcuno chiama l'amico o il fratello, forse la figlia che sta marciando e marciano anche maluccio, non sono abituati alle parate ma fanno tanta  tenerezza.
Quello che sanno fare bene e' difendere Israele.
Alla fine sono arrivati sulle loro carrozzelle i soldati disabili, feriti in guerra  e hanno ballato anche loro le danze israeliane , sorridendo e sudando, accompagnati da giovani scatenati, tutti vestiti di bianco e azzurro,  che li facevano girare e li riprendevano e gli si sedevano sulle ginocchia.
Una famiglia di innamorati di questo Paese cosi' piccolo, cosi' coraggioso e cosi' odiato.
 Poi e' arrivato il nonno soldato, ha detto "Zahal Kadima", sono ritornate le bandiere di tutti i battaglioni e lui alla fine, tra gli applausi e le risate del pubblico entusiasta, in uno sventolio bianco azzurro, e' andato davati alla Presidente:
" La Festa di Yom Azmaut e' finita, Signora".
L'anno prossimo saranno 60.
Piangeremo ancora , temiamo che il numero dei caduti aumentera', vivremo altri incubi ma alla fine saremo tutti la'  e ci sara' anche lui, il nonno soldato  che, sotto gli occhi affettuosi e divertiti di tutti, arrivera' da solo, a passo di marcia, sul grande piazzale davanti al mausoleo di Herzl e dira' come ogni anno:
"Zahal, Kadima!".
 
Deborah Fait