L'equivoco dell'occupazione 19/03/2007
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Ho letto sul vostro sito la lettera della signora Picciotto  - di cui allego copia qui sotto -  che condivido completamente e spero venga consegnata al Corriere , letta attentamente e pubblicata. Da parte mia volevo soltanto aggiungere che sarebbe ora che si sollecitassero i mezzi di informazione a  chiarire l’equivoco su cui giocano molti articoli sul Medio Oriente. Ciò che Hamas intende per “occupazione” da parte di Israele mi sembra volutamene lasciato nell’equivoco. Ora, se non si spiega che secondo Hamas Israele “occupa” per il solo fatto di essere presente in quella zona - e quindi per il solo fatto di esistere (non è una questione di spostare i confini di qualche chilometro, non c’è territorio restituito che potrebbe mai bastare, le richieste andrebbero avanti al rialzo all’infinito, come è successo finora, perché lo scopo è quello di annientare Israele) -  se non si spiega, cioè, che, secondo Hamas,  Israele occupa tutto il territorio che Hamas considera palestinese (e neanche, in realtà, palestinese, ma parte di un’entità molto più vasta e auspicabilmente indivisa e quindi libera non solo dagli israeliani, e dallo Stato ebraico ma anche dai palestinesi e dallo Stato palestinese – che altrimenti, se non esistesse un implicito veto arabo, sarebbe nato da tempo)  non si capisce né perché lo Stato ebraico non voglia riconoscere il neonato governo palestinese, né si capisce perché Abu Mazen e Hanye , insediandosi, abbiano auspicato due cose totalmente diverse.  Hanye non vuole che Israele continui ad esistere e non vuole che nasca uno Stato palestinese finché l’intera zona non sia stata resa Judenfrei. Ma in ogni caso Hanye è lì, venuto chissà da dove, per non consentire comunque la nascita di uno Stato palestinese. Abu Mazen lo sa perfettamente, ma non può chiedere ufficialmente aiuto per liberarsi di Hanye. E’ una situazione simmetrica a quella libanese in cui Hezbollah sta attentando alla fragile democrazia del Pese dei Cedri per conto di Iran e Siria che vogliono espandersi territorialmente, e Fuad Siniora, che lo sa, ritiene troppo pericoloso dichiarare al mondo come stanno le cose e chiedere aiuto (non vuole fare la fine di Rafik Hariri). Andrebbe fatto capire (so che i tentativi sono reiterati, ma mi pare che si debba insistere) a giornali per  certi versi seri come il Corriere della sera, che voler lasciare i lettori nell’equivoco non è un buon servizio all’informazione. Chi auspica aiuti economici ad Hanye si deve assumere la responsabilità di aiutare qualcuno che vuole la pura e semplice distruzione di Israele e la non-nascita di uno Stato palestinese.

lettera firmata

Dal sito di Informazionecorretta. com

 

e la lettera di Ester Picciotto a Sergio Romano, dalla quale traspare l'acume politico di Ugo Intini:

 

Sul Corriere di oggi, leggo che il responsabile agli esteri per il medioriente,  Intini, ha dichiarato che Israele ha tutto l'interesse a trattare con il nuovo governo palestinese. Naturalmente Intini non tiene conto del fatto che il nuovo governo ha espresso l'intenzione di non riconoscere esplicitamente il diritto all'esistenza dello stato israeliano, senza tener conto che detto stato esiste da ormai 60 anni.  Intini prosegue, affermando che le accuse di terrorismo rivolte a Hamas erano le stesse che anni fa venivano rivolte ad Al Fatah, aggiungendo poi che con Al Fatah si arrivò agli accordi di Camp David. Forse Intini non ricorda bene i fatti, dato che a Camp David si arrivò ad un accordo nel 1979 tra Egitto ed Israele e che Sadat pagò con la vita il desiderio di riconoscere e di fare la pace con gli antichi nemici. Il secondo Camp David non produsse alcun effetto positivo, anzi il suo fallimento fu il motivo per far scoppiare la seconda intifada, che ufficialmente fu attribuita alla passeggiata di Sharon sulla Spianata delle Moschee: come se una passeggiata concordata in anticipo potesse essere ritenuta così offensiva da scatenare 7 anni di rivolte. Intini pertanto non si ricorda bene la storia e questo, se mi permette, è molto grave. La non conoscenza porta solo a commettere errori e, se questo può essere un bene in certe occasioni (come quando Hitler non ricordandosi dell'esperienza di Napoleone in Russia, decise di attaccarla e fu sconfitto) può essere un male in altre.

 

Cordialmente

 

Ester Picciotto