Shlomo Ben Ami Palestina. La Storia incompiuta 15/02/2007
Autore: Giorgia Greco

Palestina. La Storia incompiuta            Shlomo Ben Ami

Corbaccio    Euro 26

 

 

 

Intervista di Alain Elkann a Shlomo Ben Ami

 

 

 

Ambasciatore Ben-Ami, l’editore Corbaccio ha pubblicato in Italia il suo saggio sulla Palestina e sulla sua “storia incompiuta” . Un argomento sempre al centro della cronaca purtroppo.

Il saggio offre una visione del conflitto arabo-israeliano, nel tentativo di raccontarne la storia dal 1936 fino a oggi.

 

E oggi a che punto siamo?

 

Penso che ci sia una grande opportunità, ma nutro dubbi sulle possibilità che nasca una nuova leadership volonterosa in campo palestinese

 

Perché parla di opportunità?

 

Oggi, a quindici anni dalla conferenza di Madrid, tutti sanno che cosa significa “terra” e “pace”: gli israeliani non capivano bene che dovevano restituire la terra agli arabi, gli arabi che dovevano perseguire la pace. Vi è poi la ragione provata che non può esservi soluzione militare per i nostri problemi, dal conflitto fra Israele e il Libano a quello iracheno. Infine, teniamo conto del forte richiamo alla pace da parte dei moderati arabi.

 

E’ una possibilità veramente concreta?

 

E’ una finestra di opportunità che si sta aprendo, dobbiamo sfruttarla prima che il fondamentalismo diventi la forza dominante nella regione, fomentato dall’Iran e da altri paesi Arabi.

 

Qual è lo scenario più verosimile?

 

Non sono un profeta. Se fossi al potere, saprei cosa fare. Mi limito a riportare una analisi dei fatti e ripeto: le condizioni ci sono, ma manca la leadership

 

Non è un fatto irrilevante.

Sì, è vero. Basti considerare il fallimento dei tentativi di elevare un governo di unità nazionale in sei mesi.

 

Divisioni esistono anche in Israele.

Il quadro politico è frammentato. Olmert è debolissimo, più di quanto lo sia Bush negli Stati Uniti. Condoleeza Rice è venuta a Gerusalemme, ha incontrato vari ministri e ognuno le ha prospettato un piano di pace diverso. Penso che Israele, invece di negoziare con i palestinesi, dovrebbe negoziare con i siriani. C’è una soluzione realistica per tutti i problemi e se non si trova una strada con i palestinesi, bisogna cercarne un’altra. Questa novità potrebbe avere riflessi sull’atteggiamento dell’Iran, dei palestinesi, di Hezbollah.

 

E se questa strada fallisse?

 

Sarà sempre più forte l’alleanza tra Siria e Iran. L’Iran diventerà sempre più forte e proseguirà il suo cammino verso lo status di potenza nucleare.

 

Ma gli arabi moderati di cui parlava sono abbastanza forti per imporre il loro punto di vista?

Nel 2002 si incontrarono a Beirut per organizzare la pace, ma queste negoziazioni sono rimaste sulla carta. Bisogna aprire il negoziato partendo dal piano di pace saudita formulato allora e dai parametri stabiliti da Bill Clinton. Questi due piani di pace potrebbero essere la piattaforma di partenza. Fino a oggi non è successo: penso che i regimi arabi non abbiano la forza di sostenere questi piani per via della paura che suscitano gli estremisti e l’Iran

 

Secondo lei l’Europa prende abbastanza sul serio la minaccia iraniana?

 

Forse sì. Ne ho parlato con il capo della diplomazia, Javier Solana, si capisce che vi è grande preoccupazione per l’eventualità di un Iran nucleare, una preoccupazione condivisa da tutti, anche dai cinesi, per esempio. Se l’Iran diventerà una forza atomica anche altre potenze regionali reclameranno lo status e si aprirà la strada al nucleare egiziano, saudita, giapponese. Dobbiamo evitare che si inneschi una proliferazione nucleare senza controllo.

 

 

 

Alain Elkan

 

Lo Specchio

 

La Stampa