Joseph Dan La cabbalà. Breve introduzione 25/01/2007
Autore: Giorgia Greco
 La cabbalà. Breve introduzione         Joseph Dan
 traduzione di Fabrizio Lelli
 Cortina Editore                              Euro 15


 Se la tradizione – e in particolare quella ebraica – è un mare magnum in
 cui si è guidati più dalla libertà che dalle regole dell’orientamento, la
 qabbalah non sfugge certo a questa metafora. Tanto più che, come dice
 giustamente Joseph Dan in apertura al suo La cabbalà . Breve introduzione,
 è una parola che in Israele si incontra molto comunemente: quando si entra
 in un albergo, quando si riceve un conto qualsiasi. Qabbalah o cabbalà
 infatti significa soltanto “cosa ricevuta”, “ricevimento” (anche degli
 ospiti, o dei professori a scuola…). E’ soprattutto e prima ancora che una
 dottrina mistica, il nome della tradizione. Un oceano, per l’appunto, in
 cui “non c’è niente che non possa essere confermato sulla base di una
 citazione…Un mio amico che insegnava cabbalà ne ha addirittura tratto una
 citazione per confortare l’affermazione che non è possibile studiare la
cabbalà senza fumare la pipa e chiedeva ai suoi studenti di fare
 altrettanto in classe”….
Paradossi come questi a parte, la cabbalà è un vasto insieme di dottrina e
 ricerca, di cosmologia e azzardo teologico, che accompagna il popolo
 d’Israele lungo quasi tutta la sua storia. Joseph Dan, fra i più insigni
 prosecutori della tradizione di studi avviata in Israele da Gershom
 Scholem, non disdegna in questo testo divulgativo (compatibilmente con
 l’ardua materia) il confronto con le varie e fuorvianti accezioni che la
 parola ha assunto in passato e più che mai oggigiorno. Come si sa, 
infatti,
 la cabbalà è molto trendy.
 Con essa si cimentano divi di Hollywood e star del pop.
 Dan ci spiega che questo approccio ha ben poco a che vedere con la
 tradizione vera e propria. Ma offre anche un utile viatico alla cabbalà
 degli umanisti cristiani. Descrive con parole molto chiare il fascino
 misterioso della creazione secondo la dottrina luriana (quella dei
 cabalisti di Safed,nella regione di Tiberiade), fondata su un assurdo
 teologico,eppure perfettamente coerente: “la concezione più innovativa del
 sistema luriano è l’imperfezione dell’inizio. L’esistenza non prende avvio
 da un Creatore perfetto che dà vita a un Universo perfetto; l’esistenza
 dell’Universo è, invece, il risultato di un difetto o di una crisi
 all’interno dell’infinità divina”.
 Il lettore è condotto poi fra le pagine dello Zohar, la summa cabalistica,
 lungo i gradini delle sefirot, le emanazioni divine dalla femminile
desinenza, nel turbolento contesto del movimento sabbatiano ma anche nei
 circoli chasidici contemporanei, fra gli ebrei ultraortodossi e 
nerovestiti
 per i quali la ricerca del senso mistico è il traguardo più elevato cui
 l’individuo, con le sue innumerevoli imperfezioni, può arrivare, in attesa
 che giunga il Messia.

 Elena Loewnthal
 La Stampa