La cabbalà. Breve introduzione Joseph Dan
traduzione di Fabrizio Lelli
Cortina Editore Euro 15
Se la tradizione – e in particolare quella ebraica – è un mare magnum in
cui si è guidati più dalla libertà che dalle regole dell’orientamento, la
qabbalah non sfugge certo a questa metafora. Tanto più che, come dice
giustamente Joseph Dan in apertura al suo La cabbalà . Breve introduzione,
è una parola che in Israele si incontra molto comunemente: quando si entra
in un albergo, quando si riceve un conto qualsiasi. Qabbalah o cabbalà
infatti significa soltanto “cosa ricevuta”, “ricevimento” (anche degli
ospiti, o dei professori a scuola…). E’ soprattutto e prima ancora che una
dottrina mistica, il nome della tradizione. Un oceano, per l’appunto, in
cui “non c’è niente che non possa essere confermato sulla base di una
citazione…Un mio amico che insegnava cabbalà ne ha addirittura tratto una
citazione per confortare l’affermazione che non è possibile studiare la
cabbalà senza fumare la pipa e chiedeva ai suoi studenti di fare
altrettanto in classe”….
Paradossi come questi a parte, la cabbalà è un vasto insieme di dottrina e
ricerca, di cosmologia e azzardo teologico, che accompagna il popolo
d’Israele lungo quasi tutta la sua storia. Joseph Dan, fra i più insigni
prosecutori della tradizione di studi avviata in Israele da Gershom
Scholem, non disdegna in questo testo divulgativo (compatibilmente con
l’ardua materia) il confronto con le varie e fuorvianti accezioni che la
parola ha assunto in passato e più che mai oggigiorno. Come si sa,
infatti,
la cabbalà è molto trendy.
Con essa si cimentano divi di Hollywood e star del pop.
Dan ci spiega che questo approccio ha ben poco a che vedere con la
tradizione vera e propria. Ma offre anche un utile viatico alla cabbalà
degli umanisti cristiani. Descrive con parole molto chiare il fascino
misterioso della creazione secondo la dottrina luriana (quella dei
cabalisti di Safed,nella regione di Tiberiade), fondata su un assurdo
teologico,eppure perfettamente coerente: “la concezione più innovativa del
sistema luriano è l’imperfezione dell’inizio. L’esistenza non prende avvio
da un Creatore perfetto che dà vita a un Universo perfetto; l’esistenza
dell’Universo è, invece, il risultato di un difetto o di una crisi
all’interno dell’infinità divina”.
Il lettore è condotto poi fra le pagine dello Zohar, la summa cabalistica,
lungo i gradini delle sefirot, le emanazioni divine dalla femminile
desinenza, nel turbolento contesto del movimento sabbatiano ma anche nei
circoli chasidici contemporanei, fra gli ebrei ultraortodossi e
nerovestiti
per i quali la ricerca del senso mistico è il traguardo più elevato cui
l’individuo, con le sue innumerevoli imperfezioni, può arrivare, in attesa
che giunga il Messia.
Elena Loewnthal
La Stampa