Elisa Carandina Ogni casa ha bisogno di un balcone Rina Frank 22/01/2007
Autore: Giorgia Greco

Ogni casa ha bisogno di un balcone Rina Frank

Cairo Editore Euro 15

Traduzione Elisa Carandina

In Israele ha venduto più di centomila copie e in Italia sta scalando le classifiche dei libri più venduti.

L’autobiografia romanzata di Rina Frank, scrittrice israeliana nata nel 1951 a Wadi Salib, un quartiere di Haifa, si snoda su due piani narrativi: l’infanzia dell’autrice raccontata in prima persona e l’età adulta in terza persona, l’una caratterizzata dalla povertà, l’altra pervasa da drammatiche vicende familiari.

Sullo sfondo si delineano le vicende del suo tormentato paese ritratto con un orgoglio patriottico che è anche il filo conduttore di questo libro straordinario.

"La vigilia del giorno dell’Indipendenza – scrive Rina Frank –saliamo al Hadar per vedere tutti i ragazzi dei movimenti giovanili ballare la hora, con un grande orgoglio nel cuore per aver ottenuto un paese solo per noi, malgrado i nostri acerrimi oppositori e tutti i nemici che ci circondavano".

"Ogni casa ha bisogno di un balcone" è dunque un libro in bilico fra romanzo di formazione, saga familiare e affresco storico e narra le vicende di una famiglia di ebrei romeni trasferitisi a Haifa negli anni 50 in un monolocale con balcone, filtrate dagli occhi infantili e ingenui della protagonista.

E il balcone diventa la metafora di una vita caratterizzata dalla solidarietà, ma è anche l’occasione per "chiacchierare con i dirimpettai", per mostrarsi, per mescolare le lingue, per conoscere le aspirazioni e le necessità degli altri.

"Stare seduti in balcone era come stare in poltrona a guardare la televisione. Il balcone era la nostra televisione in diretta e per di più con attori reali, vivi. La reality TV fu inventata in Via Stanton".

E a proposito delle angustie quotidiane che accompagneranno l’infanzia di Rina e della saggia sorella Yosepha, alla quale guarderà sempre con ammirazione e un pizzico di invidia, la protagonista si sofferma con tono ironico e lieve sulla estrema povertà della loro esistenza: il giovedì in un’unica tinozza di acqua prima si lava Rina poi la sorella e la madre, quindi la medesima acqua si riutilizza per il bucato e infine per lavare i pavimenti.

E ancora condividiamo la gioia della piccola Rina quando riceve dai cugini della mamma, Sami e Fima, abiti usati provenienti da lontani parenti americani: "Si sa che chi ha parenti in America è fortunato".

Non importa se quelle gonne, pullover, camicette non sono proprio della misura giusta perché "con la gioia nel cuore che segue giornate del genere tornavamo a casa felici per i vestiti di terza mano che avevamo avuto…..noi che riciclavamo noi stessi, i nostri abiti e persino la nostra acqua avremmo potuto arricchirci solo di questo".

Nel piano narrativo dedicato alla vita adulta, Rina incontra un ebreo facoltoso di Barcellona, si sposa e i primi tempi del suo matrimonio trascorrono in un’atmosfera dorata fatta di lussi e ricchezze alle quali Rina non è abituata, si sente disorientata e telefonando alla sorella le dirà: " La verità è che mi si stringe un po’ il cuore a pensare che una notte in quell’albergo costa come lo stipendio di un mese di papà".

Ma la tragedia è in agguato.

Tornata in Israele per far nascere la figlia, Rina partorirà Noa, una bimba affetta da una grave malattia del sangue, costringendola a mettere in discussione le proprie scelte di vita e il proprio matrimonio.

Una scrittura immediata dove l’umorismo è una nota costante, una sottile ironia unita ad un tono lieve che pervade la narrazione anche nei momenti più dolorosi del racconto, ci regalano un romanzo di forte impatto emotivo.

E’ uno di quei libri che non vedi l’ora di finire per poterlo raccontare, consigliare a qualche amico che sappia commuoversi,divertirsi e riflettere.

Un libro indimenticabile.

Giorgia Greco