La Rai, un servizio politico, non pubblico 28/12/2006
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Per alcuni anni ho collaborato alle trasmissioni culturali di RadioTre, quand'ero poco più di un ragazzino. Erano i tempi in cui in via Asiago lavorava un Cecchi Paone ancora in fasce etc etc. Questo per dire che conosco abbastanza da vicino quella struttura, che pure resta di un certo spessore culturale, anche se il liberalismo è ammesso solo a una distanza di qualche chilometro (diciamo fuori Prati, che è il quartiere dove ha sede la Radio)...

La connotazione politica del "servizio pubblico" è uno dei disastri di questo paese. Il secondo -sempre relativamente all'informazione- è che i grandi industriali sono proprietari di grandi testate giornalistiche, il che in America non succede (qui tutti avranno pensato a Berlusconi ma non a De Benedetti, e questo è un altro problema ancora...).

Ma andiamo al punto: mentre ci approssimiamo all'anno nuovo, l'informazione è sempre umiliata dagli stessi errori/orrori.
Le sinistre piangono per la condanna a morte di Saddam Hussein (cosa che non vorrei nemmeno io), ma sono gli stessi che hanno pianto meno di un decimo per la decapitazione di Pearl e di altri innocenti. Ora l'intera Europa si straccia le vesti, ma è la stessa Europa che non ha fatto nulla per scalzare il dittatore e salvare le sue vittime. Anzi.
Per giunta le sinistre continuano a mostrare tutto il loro antisemitismo politicamente corretto. Nemmeno tanto corretto.

Il lessico mette a nudo la realtà.
Si
prenda ad esempio questa notizia, com'è stata riferita da
GR3 di stamattina:
Israele rompe la tregua delle armi".
Questo il titolo, che già diceva tutto.
Quando è iniziato il servizio sull'argomento, il titolo si era già sedimentato nell'opinione pubblica. In effetti la tregua era stata distrutta dal lancio di razzi Qassam su Sderot, che hanno colpito case e ferito due ragazzi, uno molto gravemente.
I giornalisti del GR3 però hanno usato l'espressione "Ferito ragazzo ebraico". L'aggettivo dal sen sfuggito prende a schiaffi chi l'ha usato. Non va più bene nemmeno la parola "ebreo". La connotazione "israeliano" i "progressisti" la usano il meno possibile, forse perché allude all'esistenza di uno stato la cui esistenza è negata dai loro amici in kefiah.

Certo "ebraico" ricorda troppo da vicino gli
articoli di Scalfari e Bocca nel 1942, ed è, pur nel suo piccolo, inaccettabile. Magari sul TG avrebbero meglio spiegato l'aggettivo accompagnandolo con una stella gialla?

 

Shalom,

 

Paolo della Sala