Abu Mazen attento, è la fine se ti accordi con gli islamici 18/12/2006
Autore: Angelo Pezzana
I prossimi giorni, forse già le prossime ore, ci diranno se Abu Mazen perderà la sua ultima occasione politica oppure riuscirà a scrollarsi di dosso la nefasta eredità di Arafat e acquisire le sembianze di un vero capo di stato. Tutto dipenderà se saprà respingere il ricatto di Hamas, la polpetta avvelenata del governo di unità nazionale Hamas-Fatah, talmente ben confezionata e presentata da risultare subito accolta con applausi da quella parte degli esperti occidentali che lavorano per accelerare l’avvento della sconfitta della democrazia e della libertà. Se Abu Mazen l’accettasse, il suo peso politico nella politica palestinese sarebbe uguale a zero, essendo le redini del comando salde nelle mani della maggioranza, cioè Hamas. Che, non a caso, respinge anche solo l’ipotesi di elezioni anticipate o di un referendum, definendoli colpo di stato, mentre la loro indizione rientra perfettamente tra i poteri di Abu Mazen. Hamas li vede con il fumo negli occhi, perché sa che quasi sicuramente i palestinesi non ripeterebbero più l’errore dello scorso gennaio, quando votarono in massa per il partito terrorista. E, come si è visto in questi giorni, Hamas è pronto alla guerra civile piuttosto che affrontare l’esame elettorale, che non dovrebbe temere se i palestinesi fossero dalla sua parte, come, mentendo, sostiene.  Come è giusto, Israele si astiene dall’intervenire, fossero anche solo dichiarazioni di merito. E’ un affare interno palestinese, sostiene il premier Olmert, il quale non bada minimamente a cosa pensano Massimo D’Alema e Bobo Craxi, due nostalgici del buon tempo che fu di Arafat, o di Prodi, del quale Assad di Siria la pensa così (intervista a Repubblica) : “ Il nostro rapporto è molto migliorato con Prodi al Governo, lo conosco da quando era presidente della Commissione europea ”. Non che Abu Mazen sia il massimo, Daniel Pipes ritiene che tra lui e Hamas le differenze siano minime, ma la scena non offre di meglio. Anzi, potremmo dire che di fronte al panorama post elezioni di medio termine americane, Abu Mazen è molto meglio di tanti politici Usa resuscitati dopo la vittoria dei democratici. Citiamo al primo posto il rapporto Baker-Hamilton. Se Bush lo seguisse – ma ha già affermato di avergli dato appena una scorsa – gli stati canaglia ne ricaverebbero enormi vantaggi. I due intelligentoni raccomandano infatti, tra le prime cose da fare per riportare l’ordine in Medio Oriente, l’apertura del dialogo con Siria e Iran, che è come dire affidare le probabilità di vittoria della democrazìa nelle mani di chi sta manovrando per distruggerla. Un rapporto giudicato negativamente anche dal governo iracheno, che non sa quali altre parole trovare per dire alle forze alleate, inglesi e americane per prime, di non andarsene, di restare, perché solo con la loro presenza, meglio se rafforzata, sarà possibile sconfiggere i terroristi. Bush è d’accordo, e con lui Blair, i quali seguono la loro politica incuranti dei consigli che Barbara Spinelli propone dalle colonne dalle Stampa, e insieme a lei larga parte dei nostri "pacifici" commentatori , ai quali interessa solo che i nemici della democrazia possano stare tranquilli e lavorino senza essere disturbati, per imporre i loro regimi tirannici ovunque sia possibile. Ci sono poi quelli che credono nella tregua, nelle pause della crisi, al rilancio del dialogo, pensate un po’, con Israele, come se Hamas, Hezbollah, Ahmadinejad non avessero dichiarato apertamente che lo Stato ebraico non ha alcuna legittimità e deve cessare di esistere. No, questi intellettuali-politici, che sono poi quelli che ci hanno portati con la loro irresponsabilità all’11 settembre, non sono ancora soddisfatti dei risultati ottenuti, adesso che stanno rimontando in cattedra, vogliono concludere l’opera. Blair sta per finire il suo mandato, Bush ha davanti a sé ancora due anni. Ce la mettano tutta, per favore, perché in Europa soffia, per ora, un brutto vento.

da Libero del 19 dicembre 2006