Chi si ricorda dei soldati israeliani rapiti da Hezbollah? 13/12/2006
Autore: Angelo Pezzana

Ci sono due giovani rapiti dal terrorismo che insanguina il Medio oriente che però hanno la sfortuna di non essere le due Simone e neppure Giuliana Sgrena, le tre signore i cui nomi sono stati stampati a forza nei nostri cervelli da stampa e Tv durante tutte le fasi del loro rapimento. I nomi dei nostri due protagonisti dicono quindi molto poco al pubblico italiano, anche se sono stati rapiti da Hezbollah, una delle tante sigle del terrorismo islamico, che può permettersi di agire nel quasi totale disinteresse dei media occidentali. Si chiamano Ehud Goldwasser e Eldad Regev i due giovani soldati israeliani rapiti dalle milizie di Nasrallah il 12 luglio scorso e che non sono stati ancora liberati, due nomi e cognomi israeliani, e tanto basta per fregarsene del loro destino. Quando Piero Gilardi, uno degli artisti italiani più noti, dipinge un quadro con il premier israeliano Olmert, ricoperto di spruzzi di sangue, con un grembiule da macellaio mentre squarta con un coltello bambini palestinesi (donato ad un centro sociale torinese), non possiamo più stupirci di nulla. Non ci meravigliamo che alla Croce rossa internazionale sia stato impedire di verificare le  condizioni di Regev e Goldwasser, come pure imporrebbe la convenzione di Ginevra , e, ancora più grave, che la stessa Croce rossa abbia accettato il rifiuto senza opporre la benchè minima resistenza. Non ci meravigliamo che Amnesty International, così solerte nel preparare rapporti sulle violazioni dei diritti umani nei paesi democratici (dove è possibile controllare,verificare, denunciare senza correre alcun pericolo) tenga un profilo bassissimo quando crimini ben maggiori avvengono negli Stati musulmani. La protesta diventa allora pigolìo, come è successo a Irene Kahn, segretaria generale dell'organizzazione che si definisce umanitaria, quando si è recata in Libano e a Beirut ha incontrato lo scorso martedì il ministro hezbollah  Muhammad Fneish. Tutto quello che si è sentita dire era che mai la Croce rossa avrebbe avuto il permesso di verificare le condizioni di Regev e Goldwasser. La signora Kahn ha incassato quanto le è stato detto e si è persino fatta megafono delle loro dichiarazioni. " Vogliamo fare pressioni su Israele perchè rilasci i nostri prigionieri", le hanno detto, e lei puntualmente ha riferito. Che Regev e Goldwasser siano poi ancora vivi è tutto da dimostrare. Mentre venivano catturati  sono stati feriti, è quanto appurato dal corpo investigativo di Zahal accorso sul luogo del rapimento, dove molto sangue è stato trovato accanto alla loro autoblindo. GIovedì,In una intervista sul secondo canale della Tv israeliana, gli stessi medici hanno dichiarato che, dall'esame del sangue di uno dei due giovani (non è stato detto quale) si poteva dedurre che sarebbe morto di lì a poco, se non fosse stato trasportato immediatamente in ospedale. Cosa della quale dubitiamo, conoscendo quale idea di rispetto per la vita di un nemico ferito ci sia da quelle parti.  Dubitare della loro sorte è dunque legittimo. Anche se il governo israeliano , attraverso dichiarazioni nelle quali viene offerto, in cambio del rilascio dei due giovani, un consistente numero di prigionieri palestinesi,continua a fare pressioni su Abu Mazen, un presidente che parla senza però agire. La disperazione delle famiglie, per i nostri media, non è una notizia, dal momento che non suscita interesse. La crudeltà e l'odio di Nasrallah sono affari suoi personali, non entrano a far parte delle dotte analisi dei nostri esperti di cose mediorientali. Per i quali l’unico problema è Israele, che faccia più concessioni, che diamine, liberi i prigionieri (colpevoli di crimini, non rapiti), accetti di sparire come stato indipendente, questi si che verrebbero giudicati atti di buona volontà.

da Libero del 13 dicembre 2006