Alberto Cavaglion Notizie su Argon. Gli antenati di Primo Levi da Francesco Petrarca a Cesare Lombroso 28/11/2006
Autore: Giorgia Greco
Notizie su Argon. Gli antenati di Primo Levi da
Francesco Petrarca a Cesare Lombroso.        Alberto Cavaglion
Casa Editrice:       Instar Libri, Torino                Euro 12,00

Il tono autobiografico non deve trarre in inganno. I colori di questa
epopea minore sono infatti largamente immaginari e i personaggi trasformati
con stupore quasi infantile. “Zia Abigaille, che da sposa era entrata in
Saluzzo a cavallo di una mula bianca, risalendo da Carmagnola il Po
gelato”, oppure “l’Ingegnè, noto a tutti i salumai perché verificava con il
regolo logaritmico la moltiplica del conto del prosciutto”, e ancora “la
Strassacoeur”, figura di agghindata, minuscola  ammaliatrice. Il microcosmo
ebraico piemontese, schizzato da Primo Levi nel breve racconto Argon,
colpisce innanzitutto per il tono sorridente e per un’ironia nient’affatto
autocelebrativa.
In una piega della narrazione, Levi si concede una profonda seppur rapida
dichiarazione di poetica: “L’uomo è centauro, groviglio di carne e di
mente….Il popolo ebreo ha vissuto a lungo e dolorosamente questo conflitto,
e ne ha tratto, accanto alla sua saggezza, il suo riso, che infatti manca
nella Bibbia e nei Profeti”. E’ come se lo scrittore, celebrato per la
scabra testimonianza di “Se questo è un uomo”, avesse voluto misurarsi con
un diverso registro espressivo,andando in cerca delle proprie radici nel
paesaggio contadino e piccolo borghese di un Piemonte ancora intimamente
pre-moderno.
Naturale allora la scelta di lasciar scorrere questi “ricordi” in gran
parte attraverso il filtro del giudeo-piemontese, zona d’incontro tra
vecchissime parole ebraiche e i suoni del dialetto locale. Come se si
trattasse di un yiddish in scala ridotta, Levi fruga nel gergo ebraico per
riportare alla luce soprannomi, modi di dire e, attraverso di questi,
frammenti di una visione del mondo.
Così Argon è popolato di barba e magne, ovvero di zii e zie, più che gradi
di parentela veri e propri connotati di autorevolezza degli anziani della
comunità. “savi patriarchi tabaccosi e domestiche regine della casa”, li
definisce Levi, che dai loro nomignoli srotola storie fulminee d’infedeltà,
gelosie, improvvise ricchezze e lente decadenze.
In un affettuoso omaggio a Levi, Alberto Cavaglion ha voluto offrire una
guida essenziale per chi fosse interessato a visitare Argon, paese che
ormai non esiste più nella realtà, o forse è nascosto tra le memorie, i
motti di spirito e le antiche usanze di una minoranza tenace. Accanto a una
breve storia degli ebrei in Piemonte, e dei loro legami con la Provenzale
la più lontana Spagna, Cavaglion divaga tra affioramenti di lessico
dialettale e ritratti di ebrei anomali.
Sono figurine da accostare a quelle evocate da Levi, che spesso completano
l’inventario di quotidiani paradossi, raccolti da una diaspora che del
paradosso non si fidava affatto.
Si ha modo così d’incontrare un Sansone Valobra da Fossano, inventore di
fiammiferi, o un Samuele Levi, egittologo ebreo torinese di fama
internazionale, che escogita un sistema segreto di geroglifici per
nascondere le proprie avventure di Casanova del ghetto.Ma anche i
protagonisti ebrei del Risorgimento piemontese e i socialisti come Gustavo
Sacerdoti, giornalista del movimento operaio, sfilano per le strade
fittizie di Argon.
Il principio che ispira questo Baedeker del giudaismo sabaudo quello stesso
già enunciato da Levi in un ennesimo guizzo di ironia, e cioè l’espressione
bahalòm, “in sogno”. Nella parlata giudeo-piemontese era questo un piccolo
segno d’intesa, per far capire al partner, senza che gli altri se ne
accorgessero, che tutto quanto era stato detto valeva esattamente come il
suo contrario, come se si fosse trattato del mondo rovesciato dei sogni.ma
poiché niente è più serio dei sogni, eccoci pronti a partire per Argon,
bahalòm.


Giulio Busi
Il Sole 24 Ore