E' il governo Prodi ad essere sceso in piazza. Ma non lo dice 19/1/2006
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 ROMA «La manifestazione di Roma ha il valore di un gesto da irresponsabili, per non dire da criminali. Quella di Milano è un assurdo storico. Io contesto soprattutto quella di Milano, dei cosiddetti "moderati". Perché simbolo di una sinistra confusa, che scende in piazza contro Israele per ritrovare alleati e unità, come storicamente è abituata a fare. In questo momento bisognava andare in piazza per difendere Israele, che ora, come non mai dal '48, è minacciato di distruzione». È un giudizio duro, sorretto da un'analisi precisa, quello che esprime Fiamma Nirenstein sulle manifestazioni che ieri si sono svolte nella Capitale e a Milano. La Nirenstein, nota scrittrice ed editorialista da Gerusalemme, si trova in Israele, da dove segue con attenzione quanto sta avvenendo in Italia proprio in questi giorni. E commenta la politica estera del governo Prodi, a cominciare dal rapporto con l'Iran: proprio due giorni fa ha il presidente Ahmadinejad ha scritto al premier per annunciare il proprio «impegno di Teheran per il dialogo». Il premier Prodi e il ministro degli Esteri D'Alema hanno creato una "via preferenziale" diplomatica con l'Iran, con il governo palestinese di Hamas, con Hezbollah. «Nel momento in cui si crea una equivalenza morale per cui si considera interlocutore chiunque faccia comodo, a prescindere da ciò che dice, pensa e pratica, e si considera alla pari un dittatore antisemita che nega l'Olocausto e che promette di distruggere con la bomba atomica Israele, alla fine ci si ritroverà minacciati pesantemente da coloro a cui ha voluto porgere la mano. Innanzitutto dentro l'anima». Perché proprio l'anima? «È una corruzione della nostra stessa psiche occidentale, perché alla fine non capiamo più chi siamo noi, qual è la nostra storia. Poi minacciati concretamente. I missili Shiaab 2 e 3 che proprio in questi giorni Teheran ha testato possono raggiungere le capitali occidentali con molta facilità. Stringe patti militari con la Siria, il che dimostra che poi, per le cose serie, l'Iran si sceglie gli interlocutori che gli convengono di più, come appunto la Siria e la Corea del Nord. Gli iraniani, ricordiamolo ancora una volta, finanziano gran parte del terrorismo internazionale, fatto certificato da quintali di documenti». E intanto il presidente iraniano minaccia apertamente Israele. «Ahmadinejad minaccia Israele tutti i giorni, con parole che qualsiasi persona di buon senso dovrebbe analizzare attentamente e tenere presente per agire di conseguenza. E poi ci sono le minacce concrete di tutto lo schieramento integralista islamico formato da Hezbollah, da Hamas e dai loro sostenitori siriani, anche se non sono integralisti islamici. Un fronte che ha larghi appoggi anche in Occidente». In particolare, come giudica la politica estera di D'Alema? «Quando Massimo D'Alema ha criticato pesantemente Israele per la guerra del Libano o per la risposta militare agli ultimi attacchi al suo territorio, ha fatto ripensare all'antico clichè degli "ebrei assetati di sangue", uno dei capisaldi dell'antisemitismo. Qui non si tratta semplicemente di rivolgere delle critiche agli israeliani». Torniamo alle due manifestazioni proPalestina. Lo sa che hanno trascinato, e anche bruciato, in piazza a Roma, manichini che rappresentavano soldati israeliani, italiani e americani? «Gli eroi di chi fa questo si chiamano Osama Bin Laden, Saddam Hussein, Nasrallah, ossia personaggi che amano la morte più della vita, che usano la scelta cosciente di colpire i civili come arma privilegiata, e che osano dire che agiscono in nome di Dio». Perché la sinistra organizza manifestazioni che poi diventano anti-israeliane? «Quando la sinistra, storicamente, ha avuto delle difficoltà, non ha trovato unità, ha scelto sempre un terreno "sicuro" per riscattare i suoi dubbi o i suoi sbandamenti, per cercare nuove alleanze e sostegni. Ora con i cattolici terzomondisti ora con la sinistra estrema, ora con i pacifisti: si scende in piazza contro Israele. I dissidi interni, i disaccordi fondamentali con gli alleati, si sono sanati con un accordo sulle questioni internazionali, in particola- re su quella mediorientale. E sono nate distorsioni ideologico-semantiche». Parliamo di parole sbagliate? «Sì, perché la parola "terrorista" si è trasformata in "combattente per la libertà", l'espressione "difendere un tiranno" è diventato "difendere giustizia e libertà dei popoli". Se la sinistra vuole essere coerente con se stessa, con le proprie radici ideologiche, storiche, culturale, deve completamente rivedere la sua visione della questione mediorientale, a partire dal "gran rifiuto" arabo e persiano dell'esistenza di Israele, il rifiuto dell'integralismo islamico rispetto all'esistenza stessa di Israele. È difficile creare due Stati e due popoli in queste condizioni». Si torna sempre a questo punto: il riconoscimento di Israele. «Qualche giorno fa su Haaretz, quotidiano israeliano di sinistra, è comparsa un'intervista ad alcuni leader di Hamas, i quali, senza reticenze, sostengono che i missili Kassam lanciati da Gaza su Israele e i suoi civili saranno sempre più potenti. E quando il giornalista chiede perché Hamas rifiuta di riconoscere Israele, tranquillamente rispondono: "Perché Israele è destinato a sparire, Israele è solo un episodio nella Storia e noi lo chiuderemo"».

da Libero del 19/11/2006