Gianni Vattimo, in qualità di nemico dichiarato dello Stato di Israele, non si smentisce e in un suo recente editoriale su "La Stampa" afferma di avere in mente una frase che attribuisce a George Steiner, secondo cui «il danno più grave che ci ha fatto lo sterminio nazista degli ebrei è stato la nascita dello Stato di Israele». Chiunque abbia proferito simile conclusione, non si rende evidentemente conto della sua enormità: a volerne spremere il sugo, ci si dispiace di più che alcune delle vittime di Adolf Hitler siano riuscite miracolosamente a sottrarsi dalle mani dei carnefici e abbiano contribuito alla costituzione di Israele, piuttosto che dei massacri di milioni di persone ad opera del nazionalsocialismo. In altre parole, l’aspetto peggiore dell’hitlerismo non fu rappresentato da Auschwitz, Mauthausen, Bergen Belsen, Sobibor, Treblinka, Majdanek, Dachau e Buchenwald, bensì… dalla fondazione dello Stato di Israele!!! Meglio sarebbe dunque stato (o meno peggio, se preferite), per i brillanti pensatori come Vattimo, se l’imbianchino austriaco fosse riuscito a portare a compimento la sua “soluzione finale”; perlomeno la questione ebraica si sarebbe conclusa sessanta anni fa ed oggi non esisterebbe il cruccio circa come estirpare il “tumore” (per dirla con Ahmadinejad) dello Stato ebraico. I capi di Hamas si occuperebbero di raccogliere le margherite, Nasrallah dei cruciverba e la pace in medio oriente regnerebbe sovrana. E bravo Vattimo!
Se volessi condividere simili farneticazioni, dovrei conseguentemente dire che la seconda guerra mondiale non scoppiò per colpa del Terzo Reich, bensì per l’incontinenza di céchi, polacchi, austriaci ed in genere di tutti quei popoli che aspiravano all’indipendenza e che non vollero rassegnarsi a rimanere schiavi dei tedeschi. La sfrontatezza dei benpensanti come Vattimo si misura con l’incoerenza della tesi per cui l’aspirazione ad una patria dei palestinesi sarebbe una cosa sacrosanta, mentre l’analoga aspirazione degli ebrei sarebbe una iattura per l’umanità oltre che la conseguenza maggiormente perniciosa delle persecuzioni naziste. Né a Vattimo passa minimamente per la testa di riflettere sull’altra incoerenza dei benpensanti del suo calibro, ossia che non si possono accreditare le tesi di Hamas, Hezbollah ed Ahmadinejad senza riabilitare in toto Adolf Hitler ed il suo feroce antisemitismo. Da notare poi come Vattimo ritorni a un’idea tipica del benpensante di estrema sinistra, allorché osserva «(quella della persecuzione degli ebrei è) una storia di amore e di tenebra - un vastissimo affresco dei valori della cultura ebraica, che commuove e fa pensare, e mette in crisi le mie convinzioni politiche antiisraeliane. Ma se rifletto, mi appare chiaro che la ricchezza di quella cultura che Oz esprime si è costruita nella diaspora, nella lunga storia della dispersione delle tribù d’Israele nel mondo dei gentili, che le hanno perseguitate e offese tanto a lungo. Comunque è da quella diaspora che viene la ricchezza culturale e intellettuale di Israele. Quella che tanti di noi ammirano e amano. Ma non mi commuove affatto la cultura dell’Israele di oggi». Come osserva molto acutamente Fiamma Nirenstein, gli ebrei commuovono i Vattimo solo quando passano per le ciminiere dei camini o forniscono la materia per fabbricare il sapone o finiscono davanti al plotone di esecuzione (sempreché dei nazisti, ben inteso!); unicamente l’ebreo che soffre ed è perseguitato emana ricchezza culturale ed intellettuale. Viceversa, gli ebrei che si ribellano e desiderano una vita degna di una società civile, senza più ghetti né sopraffazioni, né “soluzioni finali”, né terroristi islamici, sono indegni della stima dei Vattimo. Dice bene la Signora Deborah Fait quando afferma di non volere, come ebrea perseguitata, nessuna solidarietà da gente simile, che merita unicamente disprezzo.