Israele costretto a combattere il terrorismo islamista 12/08/2006
Autore: Angelo Pezzana
Come avevamo scritto l’altro giorno su queste colonne  Ehud Olmert aveva poche ore per decidere. Quanto è successo nella giornata di ieri l’ha convinto che non c’era altra scelta che spingere le forze di terra sempre più avanti verso il fiume Litani nel sud del Libano.  Anche se era già stata votata dal gabinetto di governo quel via gli deve essere costato fatica e dolore. Il via a Tzahal significherà la morte di molti soldati che si troveranno esposti ad una lotta corpo a corpo con le milizie terroriste, sarà inevitabile. Scovare  i nascondigli, i bunker, i tunnel costruiti da Hezbollah esporrà i giovani soldati d’Israele al pericolo più grave, la perdita della vita per difendere la sopravvivenza del proprio paese. Olmert era ben cosciente di questo rischio, ha sperato fino all’ultimo che il testo preparato dal consiglio di sicurezza dell’Onu gli desse la possibilità di uscire da questa guerra con onore anche se non con la vittoria. Non è andata così, potrà ancora succedere nelle prossime ore, ma ora Olmert non aveva altra scelta. Un sondaggio di Ha’aretz pubblicato ieri gli ha confermato che gli israeliani hanno un’opinione negativa sull’andamento della guerra. Il 30% ritiene che Israele stia perdendo, il 43% che non perde ma non vince,quindi un parere sostanzialmente negativo, mentre solo il 20% ha risposto che Israele sta vincendo. Un campanello d’allarme, confermato dalle analisi che sono uscite sui giornali in questi due giorni che giudicano l’attuale situazione politica più grave di quella che lo Stato ebraico affrontò durante la guerra del Kippur. Giornali di sinistra, come Ha’aretz, da sempre portaparola contro i “guerrafondai” della destra, oggi mettono in discussione la politica del governo (di centro sinistra !) arrivando a chiedere le dimissioni di Olmert, come ha fatto Ari Shavit, che dall’inizio della guerra sta richiamando l’opinione pubblica israeliana al ritorno dei valori sionisti che hanno fondato questo paese. Che questa posizione venga espressa sul giornale della sinistra spiega quali sentimenti esprimono oggi gli israeliani. Chi ha un figlio in prima linea evita di dire Libano, dice con un groppo in gola, sì, mio figlio è “ là “, dove quel là è pronunciato quasi sottovoce. Perchè là c’è e ci sarà sempre di più l’inferno, un posto dove il fascismo islamico, come giustamente l’ha definito Bush, sta attaccando un paese democratico e amante della pace che da sessan’anni è costretto a sacrificare i suoi giovani per difendere la propria esistenza. Dal ’48 ad oggi sono morti 25.000 soldati per difendere Israele dalla barbarie che vorrebbe distruggerlo. E in Europa, in Italia, a Israele, un paese sotto attacco, viene  consigliata una reazione “proporzionata” , mentre più di 100 missili cadono ogni giorno da un mese lanciati da quel Nasrallah sul quale non leggiamo giudizi particolarmente severi. Un milione di israeliani hanno lasciato le loro case o vivono nel terrore di essere colpiti da un missile, ogni giorno le Tv ci mostrano i volti degli israeliani ammazzati da Hezbollah, le foreste del nord bruciano mandando in fumo milioni di alberi che questi arroganti israeliani hanno piantato in cento anni invece di dedicarsi ad ammazzare i propri vicini. E quando hanno dovuto farlo è stato solo per non essere fatti fuori prima. Interessa questo, presidente Prodi ? che ne dice ministro degli esteri D’Alema ? Avete mai riflettuto entrambi che Israele è oggi in prima linea di fronte all’attacco mondiale del terrorismo islamico, ma che nessun paese occidentale può sentirsi al sicuro ? “ L’Italia non era nel mirino del piano contro gli aerei in partenza da Londra verso gli Usa “, l’abbiamo letto sui giornali e non importa quale esponente del governo l’ha detto. Ma in che mondo vivete ?   Non vi vergognate ad essere equivicini ?

da Libero del 12 agosto 2006