Hannah Arendt L’umanità in tempi bui 19/06/2006
Autore: Giorgia Greco
L’umanità in tempi bui  - Hannah Arebdt
Raffaello Cortina Editore
a cura di Laura Boella


Un corpo a corpo intellettuale ingaggiato con un autore del passato per far
capire e per capire meglio se stessa. E l’affacciarsi in prima persona di
Hannah Arendt (1906-1975), con tutta la carica emotiva della propria
autobiografia, pur nella rigorosa distinzione di sempre tra sfera pubblica
e privata. Ecco il senso dell’intenso e bel volumetto “L’umanità in tempi
bui”, ovvero la prolusione tenuta dalla filosofa “ebrea e apolide” in
occasione del conferimento (nel 1959) del prestigioso premio Lessing, che
esce, per le cure di Laura Boella, nell’anno del centenario della sua
nascita.
Arendt è una pensatrice scomoda, non accademica ma neppure “sloganista” né,
tanto meno, accondiscendente. Una pensatrice allergica a fazioni e
ideologie e, in definitiva, alla stessa popolarità, che conobbe quasi suo
malgrado. Attraverso lo scrittore e drammaturgo settecentesco Gotthold
Ephraim Lessing e la sua idea di humanitas (eredità di una lunga tradizione
della civiltà europea), la studiosa si domanda come sia possibile rimanere
umani nell’età dei totalitarismi, della violenza ferina e della Shoah.
L’impolitica Arendt trova una risposta nelle parole dell’illuminista
Lessing e nella sua visione di amicizia, fatta di dialogo, piacere dello
stare insieme, condivisione dell’esperienza e, soprattutto, di
irrinunciabile libertà del soggetto individuale.
Nessuna utopia (tali sarebbero l’uguaglianza e la fraternità), dunque, nel
mondo “tragico” arendtiano percorso dalle figure dello sradicato, del
rifugiato e del perseguitato. Ma, laddove possibile, accoglienza e
ospitalità che fanno emergere le contraddizioni e i conflitti esistenti.
Come pure quelle emozioni e passioni intrise di realtà che, sole, possono
cercare di contrastare gli aridi assoluti del potere impersonale e inumano
che trovò il suo apice nei brechtiani “tempi bui”.

Massimiliano Panarari
“La Repubblica”