Se l'Occidente cede è la fine
autocensura e richieste sempre più esigenti da parte degli islamisti distruggeranno la libertà di tutti
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Pagina: 5
Autore: Gerald Traufetter - Marcello Foa
Titolo: «L'Europa ha troppa paura di criticare l'Islam» - «Vogliono imporre la leSe l’Occidente cede per voi è la fine»gge islamica

Il corriere della Sera di mercoledì 8 febbraio 2006 riprende da Der Spiegel un'intervista di Gerald Traufetter ad Ayaan Hirsi Alì . Ecco il testo:

Ayaan Hirsi Alì, la parlamentare olandese di origine somala costretta a sparire dalla circolazione dopo l'assassinio del regista Theo Van Gogh, sostiene che se l'Europa non terrà testa agli estremisti nel caso delle vignette danesi, la cultura autocensoria nei confronti dell'Islam si diffonderà in tutta Europa. E allora, addio libertà d'espressione. Lei ha definito tiranno e pervertito il profeta Maometto. Van Gogh, regista del film «Submission» di cui lei è autrice, che critica l'Islam, è stato ammazzato da musulmani. Lei stessa è sotto la protezione della polizia. Come pensa si sentano ora i vignettisti danesi? «Immagino siano storditi. Da una parte, una vocina interiore li esorta a non svendere la loro libertà d'espressione. Dall'altra, sperimentano la sensazione sconvolgente di perdere la propria libertà personale. Non dimentichiamo che queste persone appartengono alla generazione del dopoguerra, che tutto quello che hanno provato sono pace e prosperità. E ora all'improvviso devono lottare per i loro diritti fondamentali». Come mai le proteste contro le vignette hanno raggiunto queste proporzioni? «La libertà d'espressione non esiste nei Paesi arabi dove sono state inscenate le dimostrazioni. Il motivo per cui tanta gente è scappata in Europa da quei Paesi è proprio per aver criticato la religione, il potere politico e la società. I regimi totalitari islamici stanno vivendo una profonda crisi. Si servono di atteggiamenti minacciosi nei confronti dell'Occidente e del successo ottenuto con queste minacce per intimidire quelle persone». È stato uno sbaglio chiedere scusa per quelle vignette? «Ancora una volta l'Occidente ha deciso di porgere prima una guancia, poi l'altra. Era già successo: nel 1980, la tv britannica Itv mandò in onda un documentario sulla lapidazione di una principessa saudita, accusata di adulterio. Riad intervenne e il governo britannico si scusò ufficialmente. Stessa reazione servile nel 1987, quando il comico olandese Rudi Carrell prese in giro l'ayatollah Khomeini alla tv tedesca. Poi c'è stato l'assassinio di Van Gogh, e adesso le vignette. Continuiamo a scusarci, e non ci accorgiamo di quanto si approfittino di noi. Nel frattempo, loro non mollano di un millimetro». Come dovrebbe rispondere l'Europa? «Dovrebbe esserci solidarietà. Le vignette dovrebbero essere esposte dappertutto. Dopotutto, gli arabi non possono boicottare le merci di tutti i Paesi, dipendono troppo dalle importazioni. E le ditte scandinave dovrebbero essere risarcite». Ma i musulmani, come ogni comunità religiosa, dovrebbero potersi difendere dalla diffamazione e dagli insulti. «È come dicevo, vogliamo offrire sempre l'altra guancia. Ma in Europa e altrove, ogni giorno, gli imam estremisti predicano odio nelle loro moschee. Definiscono inferiori gli ebrei e i cristiani, e noi diciamo che stanno solo esercitando la loro libertà d'espressione. Quando capiranno, gli europei, che gli islamici rivendicano diritti che poi non accordano a chi li critica? Dopo che l'Occidente si sarà prosternato, saranno lieti di affermare che Allah ha reso gli infedeli degli smidollati». A cosa porterà questa protesta di massa contro le vignette? «Potrebbe succedere quello che è già accaduto in Olanda, dove scrittori, giornalisti ed artisti si sono sentiti intimiditi dall'assassinio di Van Gogh. Hanno tutti paura di criticare l'Islam. E "Submission" non viene tuttora proiettato nelle sale». Molti hanno criticato il film come troppo radicale ed offensivo. «Criticare Van Gogh era legittimo. Ma quando qualcuno deve morire per la sua visione del mondo, la questione non è più se tale visione fosse giusta o no. E a questo punto dobbiamo lottare per i nostri diritti fondamentali. Altrimenti, stiamo solo sostenendo un assassino e ammettendo che c'erano buoni motivi per uccidere quella persona». Lei sta lavorando al seguito di «Submission», sarà ancora così intransigente? «Sì, certo. Vogliamo continuare il dibattito su quanto afferma il Corano riguardo l'assolutezza, l'infallibilità del Profeta e la morale sessuale. Nella prima parte, abbiamo ritratto una donna che parla al suo Dio, lamentando che nonostante abbia rispettato le regole e si sia sottomessa continui a subire abusi dallo zio. La seconda parte tratta del dilemma in cui la fede musulmana fa sprofondare quattro uomini diversi. Uno odia gli ebrei, il secondo è gay, il terzo un bon vivant, il quarto è un martire. Tutti loro si sentono abbandonati dal proprio dio e decidono di smettere di adorarlo». I recenti eventi renderanno più difficile la proiezione del film? «Le condizioni non potrebbero essere più ardue. Siamo costretti a produrre il film sotto anonimato totale. Tutti quelli coinvolti, dagli attori ai tecnici, saranno irriconoscibili. Ma siamo determinati a completare il progetto».

Il GIORNALE pubblica un intervista di Marcello Foa ad Hamadi Redissi, docente di Scienze politiche all'università di Tunisi. Ecco il testo:

«Sono molto preoccupato. La protesta del mondo islamico contro le caricature lascerà tracce durature sia nelle relazioni internazionali, sia nel confronto tra le culture». È inusuale che Hamadi Redissi sia così cupo. Docente di Scienze politiche all’Università di Tunisi, è un intellettuale che non ha mai risparmiato critiche, talvolta durissime, nei confronti dell’Islam e dei fondamentalisti, ma che ha sempre mantenuto una visione fiduciosa del futuro dei Paesi musulmani; perlomeno una speranza. Professor Redissi, perché oggi è tanto inquieto? «Perché sono meravigliato dall’ampiezza della reazione islamica. Non sono solo gli imamoltranizisti e qualche migliaio di persone per strada a protestare contro le vignette, ma anche governi e istituzioni islamiche, che fomentano l’indignazione ». Un caso montato? «Sì. Le vignette sono state pubblicate il 25 settembre, e da allora alcuni imam danesi si sono prodigati per suscitare la protesta dei musulmani, compiendo viaggi nei Paesi islamici e avvalendosi di Internet. Io non credo che le proteste violente siano state pianificate da un “grande vecchio”, ma, da musulmano, ho l’impressione che ci sia qualcuno che verifica quel che viene scritto sull’Islam ovunque nel mondo, e arbitrariamente riesce a creare un caso, anche a distanza di mesi». Che conseguenze ci saranno sulla libertà religiosa? «Molto serie, soprattutto ,musulmani sia vietato offendere Profeta è in fondo comprensibile, main questo caso si cerca di estendere questa proibizione anche a voi. È questa la differenza tra il caso Rushdie e quello delle vignette: Salman Rushdie, lo scrittore condannato a morte dagli iraniani per apostasia, è un musulmano,ma il giornale danese che ha pubblicato le caricature no. È come se stessero tentando di imporre una Shaaria (la legge islamica, ndr) al mondo». E l’Occidente che cosa deve fare? «Non dovete rinunciare alla libertà religiosa e di critica. Se cedete è finita: qualunque pretesa diventerà plausibile. Non ci sarà più alcun limite». Insomma, lei teme una spaccatura ancora più marcata tra Islam e Occidente... «Sì. L’immagine dell’Islam che si propaga nel mondo in questi giorni non fa che rafforzare la diffidenza e il rancore. È come se ci fossero due mondi: quello islamico continua a non capire che cosa significhi la libertà religiosa, e questo nonostante la tv e i film americani ed europei, che sono visti anche qui, ce lo illustrino ogni giorno. Pretendono che un governo, quello danese, censuri ungiornale, come si fa nei Paesi musulmani. Non capiscono che i quotidiani europei scrivono quel che pensano, non quel che il governo comanda loro» Questo equivale a uno scontro di civiltà? «No, perché non si può ridurre l’Islam a questo. Oggi in realtà c’è un confronto tra una realtà islamica dove sono marcate le tendenze oscurantiste e la parte più progredita del mondo, che invece ha superato questa fase grazie all’Illuminismo. È questa la chiave di lettura più appropriata». Quando finiranno le proteste violente? «Credo tra non molto, perché i governi e i leader religiosi cominciano a essere spaventati dalle pulsioni che loro stessi hanno incoraggiato, o che perlomeno hanno tollerato. I governi hanno affrontato questa crisi in modo diverso: alcuni, comel’Arabia Saudita, hanno dato fuoco alle polveri; altri hanno manipolato le folle con fini politici; la maggior parte ha cavalcato l’onda. Ma ora i regimi temono di perdere il controllo della situazione e tenderanno perlomeno a mettere a freno le folle. Loro sanno come fare. Le violenze cesseranno, non i danni provocati da questa vicenda». Perché si stenta a udire la voce dell’Islam moderato? «Perché l’Islam moderato è rappresentato da ricercatori e intellettuali che non hanno la possibilità di influire sull’opinione pubblica araba, che invece è condizionata dagli imam e dai governi. Il peso dell’ignoranza è enorme, incide molto di più qui che in Occidente».

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